Higuain, il fenomeno ansia e sapone

Il Pipita è stato uno dei più grandi attaccanti della sua epoca, poteva essere il più grande, ecco perché non lo è diventato

TORINO - Le lacrime di Gonzalo Higuain alla fine dell'ultima partita della sua carriera chiosano in modo commovente il percorso del Pipita, un fenomeno di tecnica e fragilità. È stato uno dei più grandi attaccanti dell'ultimo ventennio, aveva le potenzialità per essere il più grande. La tecnica di un numero dieci racchiusa nel fisico di un centravanti di sfondamento, con i suoi piedi poteva dipingere delicati assist o sfondare le mani del portiere avversario, la sua visione di gioco gli consentiva di infilare corridoi introvabili per gli altri o entrare in area come un blindato: aveva tutto quello che di solito si trova in due o tre attaccanti. Il perché non sia diventato il più grande, ma solo uno dei grandi della sua epoca è da cercare nelle traballanti fondamenta psicologiche dell'uomo che non sono riuscite a reggere adeguatamente il peso del campione.

Classe e fragilità

Higuain è sempre stato fragile. Al Real Madrid soffriva la concorrenza di Cristiano Ronaldo, nella sua travolgente fase di ascesa, e poi di Karim Benzema, che invece con CR7 ha saputo trovare una quadra e senza CR7 ha spiccato il volo per la gloria consacrata dal Pallone d'Oro. A Napoli il Pipita ha trovato una dimensione meno stressante, ma poco gratificante per la sua dimensione calcistica, così ha colto al volto l'occasione di tornare nel giro delle grandi d'Europa con la Juventus. E in bianconero ha brillato e sofferto in egual misura, ha mostrato il suo immenso talento e il suo lato debole.

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Affamato di fiducia

Un suo dirigente lo spiegava benissimo: «Quando le cose vanno bene, il Pipa è gasato, gioca alla grande, mette in difficoltà qualsiasi difesa. Quando le cose vanno male, il Pipa si innervosisce, si deprime, si spaventa, si eclissa in partita. È una questione di fiducia, per lui è come la benzina per una macchina, senza non va avanti. L'allenatore, i compagni e i dirigenti devono fargliela sentire in continuazione, per tenerlo su». E alla Juventus è andata spesso così: i compagni gli hanno sempre voluto bene e Allegri lo ha gestito con consapevolezza. Quando è arrivato Ronaldo, però, sono iniziati i problemi grandi. Il passaggio al Milan e al Chelsea (sei mesi da una parte e sei dall'altra) hanno ulteriormente sballottato il Pipita, che al ritorno in bianconero è riuscito ancora a segnare gol importanti e belli, come quasi sempre sono stati i suoi gol, ma avvitandosi intorno alle sue incertezze alle prime difficoltà.

L'uomo e il campione

Chi afferma che Higuain abbia vinto poco forse dovrebbe farsi un giro sulla pagina Wikipedia a lui dedicata e contare i 6 campionati vinti (3 con il Real e 3 con la Juve) e le 4 Coppe Nazionali, oltre all'Europa League con il Chelsea e una finale Mondiale persa con la maglia dell'Argentina. Chi afferma che Higuain abbia vinto meno di quanto potesse vincere, compreso un Pallone d'Oro, non va troppo lontano dalla verità. Ma se dentro ogni campione c'è sempre un essere umano, Higuain è stato un essere umano con dentro un campione.

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TORINO - Le lacrime di Gonzalo Higuain alla fine dell'ultima partita della sua carriera chiosano in modo commovente il percorso del Pipita, un fenomeno di tecnica e fragilità. È stato uno dei più grandi attaccanti dell'ultimo ventennio, aveva le potenzialità per essere il più grande. La tecnica di un numero dieci racchiusa nel fisico di un centravanti di sfondamento, con i suoi piedi poteva dipingere delicati assist o sfondare le mani del portiere avversario, la sua visione di gioco gli consentiva di infilare corridoi introvabili per gli altri o entrare in area come un blindato: aveva tutto quello che di solito si trova in due o tre attaccanti. Il perché non sia diventato il più grande, ma solo uno dei grandi della sua epoca è da cercare nelle traballanti fondamenta psicologiche dell'uomo che non sono riuscite a reggere adeguatamente il peso del campione.

Classe e fragilità

Higuain è sempre stato fragile. Al Real Madrid soffriva la concorrenza di Cristiano Ronaldo, nella sua travolgente fase di ascesa, e poi di Karim Benzema, che invece con CR7 ha saputo trovare una quadra e senza CR7 ha spiccato il volo per la gloria consacrata dal Pallone d'Oro. A Napoli il Pipita ha trovato una dimensione meno stressante, ma poco gratificante per la sua dimensione calcistica, così ha colto al volto l'occasione di tornare nel giro delle grandi d'Europa con la Juventus. E in bianconero ha brillato e sofferto in egual misura, ha mostrato il suo immenso talento e il suo lato debole.

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