TORINO - «Fallimento no, nel calcio ci sono anche le sconfitte, ci sono anche queste serate, questa dev'essere un'opportunità da domani, quando rientreremo. Doveva esserci un percorso di crescita, quando ci sono le difficoltà ci allunghiamo come squadra». Massimiliano Allegri ha detto così dopo l'eliminazione della Juventus dalla Champions League con una giornata di anticipo e dopo aver subito un soverchiante dominio del Benfica per la maggioranza della partita. E tecnicamente ha ragione.
Fallimento o no?
I fallimenti si decretano alla fine della stagione, quando tutti gli obiettivi sono stati mancati, facendo registrare aggravanti quali la svalutazione della rosa e figuracce che hanno danneggiato l'immagine del club. Nonostante un'eliminazione così precoce e umiliante (quattro sconfitte su cinque, compresa quella contro gli israeliani del Maccabi Haifa) è effettivamente presto per decretare il fallimento della Juventus di Allegri. Tuttavia ci sono tutte le premesse perché a maggio si verifichi un fallimento economico e sportivo pesantissimo per la Juventus. Senza una radicale sterzata che, in questo momento è difficile da immaginare, la stagione bianconera è destinata al totale naufragio. Esistono le sconfitte, è vero, ma tante sconfitte messe insieme provocano proprio il fallimento che Allegri adesso rifiuta. Per tre ragioni.