Ed è arrivata la vittoria con la Juve.
«Un po’ mi è anche dispiaciuto perché loro erano arrabbiatissimi e in un periodo un po’ così, ma solo un po’ perché ormai ero un giocatore del Monza e, quando sei in una squadra, devi dare il massimo per vincere contro chiunque. Anche contro i tuoi ex compagni».
Col senno di poi, vista l’esplosione di Miretti e Fagioli, si è un po’ pentito di aver lasciato Torino?
«Ovviamente tutti vorrebbero giocare nella Juve e sarebbe piaciuto anche a me, non lo nego. Però, se devo dire la verità, dico di no. Perché la scelta fatta fa parte di un percorso di crescita che ho iniziato dall’anno scorso quando ero in prestito al Genoa e credo che a ventuno anni sia più importante giocare con continuità e fare esperienza. E qui a Monza ho trovato Berlusconi e Galliani, un centro sportivo bellissimo, una società di alto livello e si ragiona come una grande squadra anche se siamo appena saliti in A».
Tra l’altro un giovane non è che può restare in una grande squadra sperando che chi è davanti si infortuni...
«Appunto, quello è il problema. È chiaro che nelle gerarchie parti sotto e, o ti metti l’anima in pace facendo il massimo in allenamento e, se poi hai fortuna, giochi. Oppure - come ho fatto io - vai a giocare un anno e poi torni con un’esperienza in più».
Come si riconquista la Juve?
«Lavorando a testa bassa e facendo il massimo per il Monza. La Juve è una conseguenza: prima bisogna lavorare bene e giocare bene. Qui al Monza il livello è alto e quindi si impara sicuramente».
C’erano altre squadre che la volevano?
«Questo lo sa il mio procuratore, ma io ho detto a lui: “Se devo andare via dalla Juve, ci vado solo per il Monza”. Se non fossi venuto qui, sarei rimasto a Torino».