Allegri lo sente?
«Ogni tanto sì. E lui chiama anche Galliani. Lo ha fatto pure dopo Empoli...».
Perché in Italia faticano tanto i giovani?
«Semplice, perché c’è paura che commettano errori. Invece vanno lasciati liberi di sbagliare. Normale che un ragazzo, se viene lanciato in certi contesti, commetta errori. E, per la paura di compromettere un risultato, qui da noi si tende a puntare sui giocatori più esperti».
Sull’argomento esistono due linee di pensiero: c’è chi sostiene che un giovane impara di più giocando e chi allenandosi con i grandi giocatori. Qual è la sua idea?
«Dai campioni si impara tantissimo e l’ho provato sulla mia pelle stando alla Juve, però è ancora più importante fare le proprie esperienze. Perché un conto sono le partitelle in allenamento, un altro sono le partite vere. E per quanto tu possa giocare con o contro grandi campioni, in partita ci sono situazioni diverse, momenti che devi imparare a gestire, emozioni che vanno controllate: tutte cose che ti fanno crescere».
Il giocatore che più l’ha impressionata?
«Di Maria: per la velocità con cui fa le giocate e poi perché tecnicamente è proprio di un altro livello. Poi a me piace molto Locatelli che gioca nel mio ruolo. A Genova ho giocato con Pandev, qui ci sono Pessina, Sensi, Pablo Mari: se prendi qualcosa da ciascuno, migliori sicuramente».
Ecco, lei dove deve ancora migliorare?
«Sicuramente devo mettere su un po’ di muscoli, poi devo migliorare nella fase di non possesso, mentre in quella di possesso non devo pensare a voler sempre la palla ma a muovermi bene sul campo. E poi devo iniziare a fare qualche gol, visto che sono ancora a zero, meno di così è impossibile...».
Se è diventato un giocatore professionista, a chi deve dire grazie?
«A Paolo, mio papà, perché mi ha portato ovunque e ha visto tutte le mie partite, anche se facevo un torneo giovanile in Repubblica Ceca. E devo dire grazie pure a Francesco “Ciccio” Bega il procuratore che mi ha portato a Genova e mi ha sempre seguito».