Plusvalenze Juventus, la metafora del divieto di sosta per capire la vicenda

L'ironica ricostruzione dell'avvocato Mario Martinelli per spiegare quanto sta succedendo al club bianconero: dalla penalizzazione al clima mediatico
Plusvalenze Juventus, la metafora del divieto di sosta per capire la vicenda© Marco Canoniero

L’anno scorso un vigile voleva fare una multa a me e altri condomini dicendo che avevamo posteggiato in divieto di sosta. Noi abbiamo osservato che in quel punto non c’erano cartelli di divieto. Siamo andati dal giudice di pace che ha accolto il nostro ricorso riconoscendo che non c’era alcun divieto. Il vigile ha fatto appello ma anche in secondo grado il giudice gli ha dato torto, seppure cambiando motivazione: forse il divieto c’era ma il vigile non lo aveva provato. Pensavo che la cosa fosse finita. Ma in seguito il poliziotto del mio quartiere, che ha detto pubblicamente di odiarmi, ha passato al vigile alcuni miei whatsapp in cui io dicevo ai miei amici: qui non c’è mai posteggio, spesso mi tocca lasciare l’auto in divieto di sosta. Così il vigile ha chiesto la revocazione della sentenza alla corte d’appello che stavolta gli ha dato ragione perché con quei whatsapp il divieto di sosta risultava provato. Ma non solo: siccome io stesso ho detto ai miei amici che la lascio spesso in divieto di sosta, mi ha accusato di essere un delinquente seriale e invece di infliggermi la multa per divieto di sosta mi ha sequestrato l’auto. Agli altri condomini invece è andata bene: per loro la sentenza di assoluzione è stata confermata perché nessun poliziotto di quartiere aveva trasmesso i loro whatsapp e quindi non c’erano le prove del divieto di sosta, sebbene avessero lasciato l’auto nello stesso punto della mia.

In attesa del mio ricorso

Trovo la sentenza ingiusta e il sequestro dell’auto mi procura un grave danno economico, perciò farò ricorso in Cassazione. Nel frattempo la vicenda ha fatto clamore: il capo dei vigili, che aveva sempre tollerato per altri automobilisti violazioni ben più gravi, in un’intervista richiama ad un rigido rispetto delle regole (e io sarei pure d’accordo, infatti se ci fosse stato il cartello del divieto non avrei posteggiato l’auto lì) e dice che sarebbe triste se il mio ricorso si basasse su vizi di forma anziché sul merito della questione (e anche qui sarei d’accordo, se non fosse che la Cassazione giudica soltanto su questioni di forma e non entra nel merito). Poi ci si è messo pure un giudice della Cassazione (parente della Presidente del collegio a cui sarà affidato il mio ricorso) che in un’intervista ha detto che la sentenza d’appello è ben motivata e difficilmente il mio ricorso potrà essere accolto. Infine, i miei amici hanno trovato che altri giudici della Cassazione hanno pubblicato sui social dei post contro di me, dicendomene di tutti i colori. La cosa più strana è che la maggior parte dei media è accanita contro di me. Mi accusano di essere un delinquente della peggior specie. C’è persino chi dice che il sequestro dell’auto non basta e che dovrebbero sbattermi in galera. Quei pochi che hanno preso le mie difese vengono sbeffeggiati e i miei amici che hanno divulgato i video in cui il poliziotto dice di odiarmi sono stati a loro volta accusati di voler creare un clima di odio. Sono seriamente preoccupato di ciò che potrà accadermi.

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