Dunque lei ha fiducia nella Juve a prescindere dagli attacchi che sta vivendo?
«Io sono certo che questo è solo un momento. Quello che la Juve ha fatto negli ultimi 10-15 anni è qualcosa di straordinario, solido e concreto. Questo è solo un momento. E poi per me non è una questione di soldi o status. A me ciò che interessa è lavorare in un posto dove mi trovo bene. Io sento che devo ripagare tutto quello che ho avuto, sarebbe troppo facile andare via e cercare un’altra soluzione. Quattro anni fa quando sono arrivato qui non ero nel miglior momento di forma e la Juve mi ha dato questa grande opportunità dandomi fiducia».
Si diventa leader per ciò che si fa e ciò che si è. Com’era Danilo da giovane, quanto era diverso rispetto ad ora?
«Io sono il figlio più grande di quattro fratelli maschi. Ho iniziato a prendermi cura dei miei fratellini quando avevo 6/7 anni e i miei genitori mi hanno dato subito responsabilità. E poi a scuola o quando giocavo da bambino ne ho sempre avuta qualcuna in più. A 22 anni ero capitano del Porto e questo non mi ha fatto bene perché ho dovuto convivere con pressioni che forse era meglio gestire a una età diversa».
Cosa l’ha aiutata di più a maturare: leggere, incontrare persone ricche di valori o cos’altro?
«Io sono uno che guarda tutto ciò che mi succede intorno. I miei fallimenti sono quelli che mi hanno aiutato di più. Quando vinci e tutti ti fanno i complimenti, non guardi molto dentro di te. Quando sbagli e sei sconfitto, invece, in quei momenti ti guardi dentro, fai le giuste riflessioni. Solo facendo così sono riuscito ad vivere subito una rinascita e migliorare. In quei casi mi dico: “Danilo, cosa stai facendo? Dove stai sbagliando?”. Ricordo quando sono arrivato al Porto a 19 anni come il più pagato della storia del club ma nel primo anno non riuscivo a giocare come nel Santos o in Nazionale. Un po’ di fischi e contestazioni: e allora mi sono detto: “Ora guardo cosa fanno i migliori giocatori del Porto: Hulk, Moutinho e Martinez”. E così nell’ora e mezza prima di iniziare l’allenamento al centro sportivo ho iniziato anche io a fare fisioterapia, massaggi, visite specialistiche e poi ho cambiato atteggiamento nell’allenamento: i risultati sono arrivati».
E’ attirato dalla psicologia. L’altro giorno ha postato una copertina di un libro di Freud. Dove nasce questa passione?
«Nel mio secondo anno al Real Madrid ho vissuto momenti non facili. Ho fatto due autogol nel giro di tre settimane e non è stato bello perché in quel club tutto viene amplificato. Volevo andare via ma poi ho conosciuto un mental coach: sono andato la prima volta senza crederci molto ma dalla prima sessione ho capito che era utile e così è nata la mia passione su come ragiona la mente».