Padovano esclusivo: Juve, Vlahovic è il futuro. E serve il tridente

L'attaccant e"Con il Nantes tutti i margini per passare il turno di Europa League. Dusan e Di Maria, guizzi singoli importanti, conosco quanto possa essere fastidiosa la pubalgia"
Padovano esclusivo: Juve, Vlahovic è il futuro. E serve il tridente

Vedi il giallo e il verde della maglietta del Nantes, e la mente – se sei tifoso della Juventus, condizione però non indispensabile – corre subito alla semifinale della Champions League 1995/1996. La netta affermazione al Delle Alpi con le reti di Vialli e Jugovic, la sconfitta indolore alla Beaujoire al ritorno, il pass staccato per l’ultimo atto poi vinto dagli uomini di Lippi contro l’Ajax. Istantanee ancora nitide, a maggior ragione, nella testa di chi aveva vissuto da protagonista quella cavalcata europea. Come nel caso di Michele Padovano, la cui firma sul trionfo bianconero – dal gol decisivo nei quarti contro il Real Madrid al rigore trasformato nella lotteria conclusiva all’Olimpico di fronte a Van der Sar – è rimasta scolpita nella pietra. «Quell’occasione contro il Nantes, per di più con la finale in programma a Roma, proprio non potevamo lasciarcela sfuggire: la loro era un’ottima squadra, che l’anno prima aveva vinto il campionato ed era arrivata ai quarti in Coppa Uefa, ma noi avevamo una straordinaria consapevolezza della nostra forza – ricorda l’attaccante torinese, che oggi ha 56 anni –. Non ci intimoriva niente e nessuno, soprattutto dopo aver eliminato gli spagnoli di Hierro, Redondo e Raul nel turno precedente».

Michele Padovano, partiamo proprio da qui: quanta distanza c’è tra quella Juventus e l’attuale in termini di autostima?
«Noi allora sapevamo di essere forti e di essere tosti, fin dalla sfida d’andata avevamo messo in chiaro il nostro valore. Al momento, invece, temo che la sensazione nello spogliatoio bianconero sia differente. Il periodo vissuto dalla squadra è delicato, ora secondo me vanno risolti innanzitutto i problemi extra-campo: quelli incidono in maniera importante sul campo, anche senza volerlo e anche nella testa dei big. E anche in Coppa, purtroppo, perché lo stato d’animo complessivo resta sempre quello. Lo dimostra l’epilogo della gara l’andata: i bianconeri per valori sarebbero nettamente superiori, però...».

Alla luce dei 90’ già andati in scena allo Stadium, quale potrà essere la chiave di volta della sfida in Francia?
«Credo che la Juventus, in questo momento, debba affidarsi innanzitutto al guizzo dei singoli, a maggior ragione ora che ha pienamente recuperato Vlahovic e Di Maria. Ci sono tutti i margini per andare là e imporsi, naturalmente: se la società riesce a trasferire nei giocatori la propria forma mentis, che ben conosco, allora il passaggio del turno arriverà. Ma in primo luogo attraverso le principali stelle della rosa, perché finora a livello di gioco non si è visto molto e anche nelle vittorie si è troppo spesso sofferto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

A proposito, la sfida d’andata ha riportato tra i temi d’attualità la diatriba che coinvolge chi stima Allegri e chi invece lo critica: lei da che parte sta?
«Da nessuna, perché per emettere giudizi bisognerebbe vivere lo spogliatoio dall’interno. E perché nel gruppo è stata comunque innescata una bella reazione dopo la mazzata del -15. Poi, per carità, a me piace soprattutto vedere le squadre esprimersi al massimo del proprio potenziale...»

Visto che ai tempi di Lippi era piuttosto in voga: per esaltarsi questa Juventus ha bisogno del tanto invocato tridente?
«Sicuramente sì, per imporsi nel gioco e per vincere le partite bisogna avere un atteggiamento propositivo e offensivo. Anche se questo comporta una grande dispersione di energie e impone agli attaccanti di essere i primi difensori in fase di non possesso».

Da attaccante ad attaccante: come valuta il primo anno solare in bianconero di Vlahovic?
«La fiducia e i gol, nella testa di una punta, sono fondamentali, al pari della condizione fisica. Il serbo è stato sfortunato a incappare nella pubalgia: anch’io l’ho avuta da giovane e sono rimasto fermo a lungo. Ma Dusan è un talento eccezionale e ha ancora margini di miglioramento davanti a sé: la Juventus è stata perfetta nel puntare su di lui un anno fa e dovrebbe farlo anche per il futuro: lo inserisco tra i migliori interpreti del ruolo in circolazione».

L’ha impressionata, invece, la semplicità con cui Di Maria ha risolto gli ultimi grattacapi della squadra?
«L’argentino nelle ultime gare sta facendo vedere che straordinario giocatore sia stato in passato, anche se personalmente sono abituato a pensare alla Juventus come a un club che punta sui migliori giovani del panorama, non su Cristiano Ronaldo o Di Maria a fine corsa. Non costruirei il domani del club su di lui, insomma, anche se in questo momento è prezioso».

In definitiva, dove vede i bianconeri a fine stagione?
«Questa Juventus si salverà se saprà arrivare fino in fondo all’Europa League, in modo da garantirsi comunque l’accesso alla prossima Champions. In campionato, invece, non può fare altro rispetto a quello che già sta facendo tra tante difficoltà: cercare di vincere tutte le partite e vedere cosa accade strada facendo».

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Vedi il giallo e il verde della maglietta del Nantes, e la mente – se sei tifoso della Juventus, condizione però non indispensabile – corre subito alla semifinale della Champions League 1995/1996. La netta affermazione al Delle Alpi con le reti di Vialli e Jugovic, la sconfitta indolore alla Beaujoire al ritorno, il pass staccato per l’ultimo atto poi vinto dagli uomini di Lippi contro l’Ajax. Istantanee ancora nitide, a maggior ragione, nella testa di chi aveva vissuto da protagonista quella cavalcata europea. Come nel caso di Michele Padovano, la cui firma sul trionfo bianconero – dal gol decisivo nei quarti contro il Real Madrid al rigore trasformato nella lotteria conclusiva all’Olimpico di fronte a Van der Sar – è rimasta scolpita nella pietra. «Quell’occasione contro il Nantes, per di più con la finale in programma a Roma, proprio non potevamo lasciarcela sfuggire: la loro era un’ottima squadra, che l’anno prima aveva vinto il campionato ed era arrivata ai quarti in Coppa Uefa, ma noi avevamo una straordinaria consapevolezza della nostra forza – ricorda l’attaccante torinese, che oggi ha 56 anni –. Non ci intimoriva niente e nessuno, soprattutto dopo aver eliminato gli spagnoli di Hierro, Redondo e Raul nel turno precedente».

Michele Padovano, partiamo proprio da qui: quanta distanza c’è tra quella Juventus e l’attuale in termini di autostima?
«Noi allora sapevamo di essere forti e di essere tosti, fin dalla sfida d’andata avevamo messo in chiaro il nostro valore. Al momento, invece, temo che la sensazione nello spogliatoio bianconero sia differente. Il periodo vissuto dalla squadra è delicato, ora secondo me vanno risolti innanzitutto i problemi extra-campo: quelli incidono in maniera importante sul campo, anche senza volerlo e anche nella testa dei big. E anche in Coppa, purtroppo, perché lo stato d’animo complessivo resta sempre quello. Lo dimostra l’epilogo della gara l’andata: i bianconeri per valori sarebbero nettamente superiori, però...».

Alla luce dei 90’ già andati in scena allo Stadium, quale potrà essere la chiave di volta della sfida in Francia?
«Credo che la Juventus, in questo momento, debba affidarsi innanzitutto al guizzo dei singoli, a maggior ragione ora che ha pienamente recuperato Vlahovic e Di Maria. Ci sono tutti i margini per andare là e imporsi, naturalmente: se la società riesce a trasferire nei giocatori la propria forma mentis, che ben conosco, allora il passaggio del turno arriverà. Ma in primo luogo attraverso le principali stelle della rosa, perché finora a livello di gioco non si è visto molto e anche nelle vittorie si è troppo spesso sofferto».

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