Sogniamo un derby normale. Scusate l’ossimoro, un derby non può essere normale per definizione, ma per la tossicità del clima in cui arriva Inter-Juventus, semifinale di ritorno di Coppa Italia, sogniamo una partita normale. Magari bella (ma non chiediamo troppo che sono pur sempre Inter e Juventus), possibilmente entusiasmante, visto che vale tanto per tutte e due le squadre, però alla fine va bene tutto, purché sia “normale”. Niente errori arbitrali, niente razzismo, niente violenza in campo, niente risse dopo, niente sospetti, niente caciara. Incrociamo le dita, perché in gioco non c’è solo la finale di Coppa Italia contro la vincente di Fiorentina-Cremonese, ma un pezzo di calcio italiano. La speranza è che, questa sera, le quattro spettacolari mura umane di San Siro sigillino Inter e Juventus da quello che sta succedendo fuori, che inizia a essere un po’ nauseante, perché c’è un limite al veleno che può essere messo in circolo, c’è un confine alla sopportazione che la passione di un tifoso può reggere. Perché un tifoso della Juventus, per esempio, deve credere nel sistema del calcio italiano e nella sua giustizia se intorno a sé vede solo ed esclusivamente disparità di giudizio?
Plusvalenze e razzismo dimenticato
La Juventus è l’unica squadra che sta pagando (o pagherà) per la questione plusvalenze. Il che ha un aspetto grottesco (le plusvalenze fittizie si fanno in due) e un aspetto ridicolo (perché non tutti, ma proprio tutti, sanno che sono due o tre le società professionistiche italiane che non si sono macchiate di quella roba lì, alcune anche in modo più sistematico della Juventus, le cui “plusvalenze fittizie” pesano per il 3,6% sul fatturato). Ci si è, molto giustamente, occupati in modo assai attento del vile razzismo nei confronti di Lukaku, a causa del quale ci sono oltre 170 persone che non vedranno uno stadio per un po’ (evviva!). Ma molti altri casi di razzismo, del tutto analoghi, vengono ignorati dai media e dagli ispettori federali, il cui udito varia di stadio in stadio, di tifoseria in tifoseria. Pare, infatti, che Singo e Karamoh non siano neri come Lukaku o forse non hanno subito quegli schifosi atti di razzismo nella partita giusta e con la maglia giusta addosso. L’elenco delle vittime del razzismo dimenticate dai referti e ignorate dalle indagini della Procura Federale sarebbe lungo, il timore è che possa allungarsi ancora, lasciando altra disparità di giudizio a dividere il mondo del calcio.