La Juve, le parole di Giorgetti e la giustizia sportiva sotto processo

L'intervento del ministro dell'Economia ha fatto discutere per il passaggio sul "sequestro dello stadio" ma il ragionamento è molto più serio e ha a che fare con concetti come autonomia e terzietà

La storia del «sequestro dello stadio» che ha invaso siti e social può risultare un po’ fuorviante, perché il ragionamento del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è molto più serio della boutade che ha finito per dare il titolo. Giorgetti è, infatti, il secondo ministro della Repubblica che, in pochi giorni, sostiene che la giustizia sportiva così com’è non può funzionare (l’altro era stato quello dello Sport Abodi). "Siamo arrivati al punto che i tifosi tifano per questo o quel giudice sportivo. Siamo arrivati a livelli parossistici del sistema. Serve uno sforzo collettivo per ripristinare un po’ di correttezza nei comportamenti e nei commenti. Come battuta, in termini prettamente economici, se la Juventus ha fatto un falso in bilancio perché gli devo togliere i punti? Se io ragionassi come Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza gli sequestro lo stadio, visto che è l’unica squadra che ha fatto lo stadio di proprietà gli creo un danno economico su quello. Va ripensato un po’ tutto, sennò diventa un casino".

La giustizia sportiva, l'autonomia, il caso Juve e le storture

Il caso Juventus, con tutte le sue storture, sta facendo emergere le incongruenze di una giustizia che - per esempio - non riesce a spiegare in modo coerente e comprensibile come una violazione amministrativa debba essere punita a livello sportivo, non avendo inciso sui risultati. Ma Giorgetti va otre e spiega "È evidente che il sistema concepito negli Anni 60 o 70 non può funzionare. La terzietà c’è ma non è possibile che gli organi di giustizia sportiva vengano nominati dal vincitore delle elezioni federali. E poi ci sono consiglieri di Stato, avvocati dello Stato che sono impegnati in processi sportivi, ma ognuno deve fare il suo mestiere". Lo sport e la giustizia sportiva hanno sempre reclamato e difeso energicamente la loro autonomia. Il problema è se l’autonomia, sacrosanta, diventa invece un esercizio di potere senza alcuna logica giurisprudenziale e che calpesta le basi del diritto (e della nostra Costituzione), perché questo significa non solo violare i diritti di chi viene accusato, ma anche mettere a rischio quell’autonomia tanto reclamata e difesa. È meglio che mediti, la giustizia sportiva, perché due ministri lo stanno già facendo.

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