Se non puoi vincere, almeno non perdere: uno sport che prevede il pareggio è quasi sempre una metafora più efficace per spiegare la vita, molto spesso intrappolata nelle sfumature intermedie che separano la vittoria dalla sconfitta. La Juventus oggi patteggerà con la giustizia sportiva e chiuderà definitivamente la vicenda giudiziaria che - come dice Allegri - ne ha impallinato la stagione. Salvo altri colpi di scena (occhio, perché non ne sono mancati, in quelle aule, da gennaio in poi), non prenderà altri punti di penalizzazione, ma solo una multa: una sentenza che, in teoria, si sposa meglio con la logica giuridica che dovrebbe punire le infrazioni amministrative senza inficiare il lavoro e i sacrifici di chi va in campo e non trae vantaggio alcuno dai pasticci contabili.
La strategia Juve e la posizione della dirigenza
Una sentenza che, probabilmente, è figlia di un discorso più generale che include anche la penalizzazione, apparsa eccessiva a molti, sulle plusvalenze. Se si tirano le somme, si ottengono risultati diversi a seconda dei punti di vista: è una riduzione del danno al minimo oppure un’onta che non si doveva accettare, combattendo fino alla fine, con il rischio di finire molto peggio, ma con le armi in mano. Ogni posizione è lecita, ogni opinione comprensibile, perché il realismo politico dei dirigenti della Juventus non cura il senso di ingiustizia percepito dal popolo bianconero. Non è, effettivamente, il massimo scendere a patti con chi ha istruito processi calpestando non pochi diritti (nel caso del procedimento sulle plusvalenze) e con chi ha punito perché voleva e doveva colpire, non in base a una reale valutazione della gravità dei comportamenti e delle eventuali violazioni. D’altronde, gli ultimi sei mesi hanno impartito alla Juventus e ai suoi tifosi una lezione durissima e molto chiara: sfidare il sistema non è una buona idea se non si ha la certezza di abbatterlo. Se rimane in piedi, il sistema ti punisce duramente.