Superlega, il piano Arabia Saudita con Juve e Barcellona: la Uefa trema

Sauditi pigliatutto: la candidatura al Mondiale 2030 ha trasformato il Paese in un competitor molto più temibile di quanto, fino a poco tempo fa, ci si sarebbe immaginato

Tutto è cominciato con Cristiano Ronaldo: «Credo che sia necessario migliorare piccoli aspetti. Ma sono felice qui e la mia intenzione è quella di continuare a giocare in Arabia. Secondo me, se continuano così tra cinque anni il campionato saudita può diventare uno dei cinque tornei più importanti al mondo». Non c'è dubbio che il punto di vista di CR7 è parziale e tende ad avallare la propria decisione personale di trasferirsi, lo scorso inverno, a Riad. Tuttavia, sottovalutare il tentativo saudita di diventare uno dei poli più importanti del calcio planetario è, quantomeno, ingenuo. E già, perché quanto successo nel mondo del golf, una bolla decisamente più conservatrice e moderata del calcio, dimostra come l'Arabia Saudita abbia dimostrato di essere in grado di modificare e ridisegnare a proprio piacimento gli equilibri preesistenti, convincendo alcuni dei più grandi interpreti di uno degli sport più antichi del mondo ad abbandonare il circuito internazionale PGA, quello che i giovani golfisti hanno sempre sognato di dominare, appannaggio della Super Golf League che abbatte a colpi di montepremi milionari il romanticismo dei vecchi tornei.

Arabia Saudita, il calcio e il Mondiale 2030

Un fenomeno che nel mondo del pallone hanno preferito sottovalutare, pensando che una rivoluzione del genere non potesse essere declinata su un campo di calcio. E, invece, non è così. La candidatura al Mondiale del 2030 ha trasformato l’Arabia Saudita in un competitor molto più temibile di quanto, fino a poco tempo fa, ci si sarebbe immaginato. E già, perché a Riad, prima che altrove, hanno capito che in futuro il pianeta avrà sempre meno bisogno del petrolio saudita. Ed è per questa ragione che sulla scia di quanto successo in Qatar, si è deciso di concentrare i propri sforzi sul fenomeno più importante del pianeta. Sullo sport in grado di condizionare gli umori dei tifosi dalla terra del fuoco allo stretto di Bering, dall’Alaska all’Oceania. A differenza di Doha, però, Riad non è interessata a migliorare la propria immagine agli occhi del mondo occidentale. L’obiettivo è quello di creare qualcosa di duraturo.

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Saudi Champions, Superlega e Juve

Ed è per questa ragione che il “no” di Lionel Messi è stato incassato come un uppercut in pieno mento perché potrebbe indurre altri campioni a prendere la stessa strada. La reazione saudita, però, è stata immediata. Non a caso a Riad hanno pensato bene di cogliere al balzo il fallimento della Superlega cavalcando l’insoddisfazione dei top team del vecchio continente che credono che il merito conti fino a un certo punto. La cosiddetta Saudi Champions, per il momento, non è null’altro che una minaccia, più o meno velata, rivolta nei confronti della Uefa che non ne ha voluto sapere di ascoltare le ragioni di alcuni dei club più importanti del vecchio continente che avevano e hanno come obiettivo principale quello di riformare il calcio europeo. Un progetto che in condizioni normali sarebbe destinato a morire in tempi brevi, ma che potrebbe acquisire forza nel caso in cui Juventus e Barcellona dovessero, per i propri guai giudiziari, essere escluse dalle competizioni europee. Se così fosse, l’effetto domino potrebbe essere devastante.

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Tutto è cominciato con Cristiano Ronaldo: «Credo che sia necessario migliorare piccoli aspetti. Ma sono felice qui e la mia intenzione è quella di continuare a giocare in Arabia. Secondo me, se continuano così tra cinque anni il campionato saudita può diventare uno dei cinque tornei più importanti al mondo». Non c'è dubbio che il punto di vista di CR7 è parziale e tende ad avallare la propria decisione personale di trasferirsi, lo scorso inverno, a Riad. Tuttavia, sottovalutare il tentativo saudita di diventare uno dei poli più importanti del calcio planetario è, quantomeno, ingenuo. E già, perché quanto successo nel mondo del golf, una bolla decisamente più conservatrice e moderata del calcio, dimostra come l'Arabia Saudita abbia dimostrato di essere in grado di modificare e ridisegnare a proprio piacimento gli equilibri preesistenti, convincendo alcuni dei più grandi interpreti di uno degli sport più antichi del mondo ad abbandonare il circuito internazionale PGA, quello che i giovani golfisti hanno sempre sognato di dominare, appannaggio della Super Golf League che abbatte a colpi di montepremi milionari il romanticismo dei vecchi tornei.

Arabia Saudita, il calcio e il Mondiale 2030

Un fenomeno che nel mondo del pallone hanno preferito sottovalutare, pensando che una rivoluzione del genere non potesse essere declinata su un campo di calcio. E, invece, non è così. La candidatura al Mondiale del 2030 ha trasformato l’Arabia Saudita in un competitor molto più temibile di quanto, fino a poco tempo fa, ci si sarebbe immaginato. E già, perché a Riad, prima che altrove, hanno capito che in futuro il pianeta avrà sempre meno bisogno del petrolio saudita. Ed è per questa ragione che sulla scia di quanto successo in Qatar, si è deciso di concentrare i propri sforzi sul fenomeno più importante del pianeta. Sullo sport in grado di condizionare gli umori dei tifosi dalla terra del fuoco allo stretto di Bering, dall’Alaska all’Oceania. A differenza di Doha, però, Riad non è interessata a migliorare la propria immagine agli occhi del mondo occidentale. L’obiettivo è quello di creare qualcosa di duraturo.

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