In 100 anni di Agnelli una sola filosofia Juve

Il 24 luglio 1923 Edoardo compra il club per una proprietà che lunedì vivrà un giorno storico
In 100 anni di Agnelli una sola filosofia Juve

È un ricamo del destino che la Juventus celebri il centenario della proprietà Agnelli negli Stati Uniti. Il senatore Giovanni, fondatore della Fiat, fu sempre ispirato dagli Usa, dove aveva spedito il figlio Edoardo, primo Agnelli a essere presidente della Juventus, e poi suo nipote Gianni, che degli Usa si innamorò perdutamente (così come gli Usa si innamorarono di lui). La Juventus degli Agnelli nasce il 24 luglio del 1923, in un Consiglio d'Amministrazione nel quale Edoardo esordisce spiegando che «interpreterà il ruolo di presidente in modo tutt'altro che onorifico» e chiude con il motto di famiglia: «Una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio».

Terrà fede alla promessa, cercando sempre, in modo quasi ossessivo, di migliorare la Juventus, come squadra e come società, trasformandola in una delle formazioni più forti d'Europa regalando l'ossatura all'Italia campione del mondo del 1934. E proprio la filosofia delle fabbriche fordiste è l'elemento determinante nel successo juventino: la potente razionalizzazione e la disciplina organizzativa, che Edoardo immette nel codice genetico del club, rimangono il tratto caratteristico della società Juventus nel corso dei successivi cento anni, così come l'ambizione alla crescita e la smaniosa aspirazione alla vittoria.

Cento anni di Agnelli significano fondamentalmente questo, per la Juventus, avere un lunghissimo filo conduttore che le ha consentito di non smarrire la strada verso il successo anche nei momenti di crisi e la sicurezza che ogni tempesta sarebbe, in qualche modo, passata. Ovvio, anche i soldi, tanti, immessi nelle casse del club, ma quelli li hanno garantiti anche gli altri grandi industriali che sono stati proprietari di squadre di calcio, ma sono andati e venuti, mettendo nel club solo quelli.

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Juventus, 100 anni dopo

Cento anni dopo Edoardo Agnelli, la Juventus è reduce da un ciclo di nove scudetti che ha quasi duplicato il suo di cinque, proprio in nome di una razionalizzazione aziendale operata da Andrea nel 2010 e della stessa ambizione al progresso, salendo sempre un gradino più su. I due cicli si sono interrotti bruscamente: il primo per la prematura e drammatica scomparsa di Edoardo nell'incidente aereo del luglio 1935; il secondo per le inchieste che hanno voluto colpire, fra l'altro, anche il proposito di cambiare il sistema calcio di Andrea, in questo assai simile sia allo stesso Edoardo (che fu determinante per traghettare il calcio italiano dal pionierismo al professionismo) e al padre Umberto (che si industriò, anche da presidente della Figc, per perfezionare la macchina del nostro pallone).

Ma l'atmosfera depressa che circonda il pianeta Juventus nelle ultime due stagioni, tra qualche anno, verrà ricordata come una delle parentesi grigie fra un ciclo e l'altro: questo dice la storia bianconera, dove le rinascite sono tante e coincidono quasi sempre con un nuovo slancio impresso dalla famiglia. E questo slancio deve essere il punto cruciale di ogni celebrazione dei cento anni della Juventus degli Agnelli, che hanno sempre sentito la responsabilità verso il grande popolo nato e cresciuto in modo esponenziale nel corso del loro secolo. La razionalizzazione e la disciplina organizzativa devono nuovamente diventare le linee guida nella società e nella squadra: in sede e in campo ci si deve ricordare di cosa è la Juventus, di cosa rappresenta per milioni di persone e, soprattutto, cosa significhi per la famiglia.

L'impero degli Agnelli dal 1923, quando significativamente nasceva anche la fabbrica del Lingotto, a oggi si è ingigantito: l'universo Exor è costituito di pianeti industriali e galassie finanziarie, nei quali la Juventus è una piccolissima stella, se si misura il fatturato, ma la più luminosa di tutte per l'impatto emotivo e mediatico.Viene da chiedersi se, nel 2023, ha ancora senso che una famiglia sia la proprietaria di un club, nell'era dei fondi d'investimento americani e dei fondi sovrani arabi. La risposta non è facile e la possono dare solo i diretti interessati, ma la strada può solo essere quella delle idee per contrastare lo strapotere dei soldi.

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Un nuovo sistema

Un'idea per un nuovo sistema per il calcio europeo, non chiamiamolo Superlega perché a qualcuno viene l'orticaria, ma senza una riforma profonda il calcio del continente verrà fagocitato da Premier League e arabi. Un’idea per un nuovo sistema per il reclutamento dei talenti che non può solo passare dai soldi investiti nel calciomercato (e qui la Juventus è avanti con il progetto - assai fordista, peraltro - della seconda squadra). Un’idea per un nuovo sistema di narrazione del calcio in un mondo globalizzato e, soprattutto, iperconnesso, nel quale le nuove generazioni faticano a specchiarsi in uno sport che continua ad affascinarli, ma non cambia nulla dalla fine dell’Ottocento.

La Juventus degli Agnelli può avere un ruolo importante in questi cambiamenti oppure cambiare essa stessa e diventare qualcosa di diverso. Siamo a un momento cruciale della storia del club e della famiglia che l’ha scritta per cento anni su centoventisei. Lo sanno anche le generazioni di tifosi che hanno amato e continuano ad amare i personaggi della famiglia, che hanno infiammato la loro fantasia, a partire da Gianni Agnelli, icona della juventinità, ricorrente anche nei discorsi di chi non lo ha conosciuto, ma ne ha solo sentito parlare.

E qui troviamo una certezza: ci troviamo a celebrare un anniversario che non ha eguali nello sport, nessuna squadra di nessuna disciplina può vantare cento anni di proprietà della stessa famiglia, con quattro generazioni che si sono passate il testimone. Questo rende unica la Juventus nel panorama mondiale.

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È un ricamo del destino che la Juventus celebri il centenario della proprietà Agnelli negli Stati Uniti. Il senatore Giovanni, fondatore della Fiat, fu sempre ispirato dagli Usa, dove aveva spedito il figlio Edoardo, primo Agnelli a essere presidente della Juventus, e poi suo nipote Gianni, che degli Usa si innamorò perdutamente (così come gli Usa si innamorarono di lui). La Juventus degli Agnelli nasce il 24 luglio del 1923, in un Consiglio d'Amministrazione nel quale Edoardo esordisce spiegando che «interpreterà il ruolo di presidente in modo tutt'altro che onorifico» e chiude con il motto di famiglia: «Una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio».

Terrà fede alla promessa, cercando sempre, in modo quasi ossessivo, di migliorare la Juventus, come squadra e come società, trasformandola in una delle formazioni più forti d'Europa regalando l'ossatura all'Italia campione del mondo del 1934. E proprio la filosofia delle fabbriche fordiste è l'elemento determinante nel successo juventino: la potente razionalizzazione e la disciplina organizzativa, che Edoardo immette nel codice genetico del club, rimangono il tratto caratteristico della società Juventus nel corso dei successivi cento anni, così come l'ambizione alla crescita e la smaniosa aspirazione alla vittoria.

Cento anni di Agnelli significano fondamentalmente questo, per la Juventus, avere un lunghissimo filo conduttore che le ha consentito di non smarrire la strada verso il successo anche nei momenti di crisi e la sicurezza che ogni tempesta sarebbe, in qualche modo, passata. Ovvio, anche i soldi, tanti, immessi nelle casse del club, ma quelli li hanno garantiti anche gli altri grandi industriali che sono stati proprietari di squadre di calcio, ma sono andati e venuti, mettendo nel club solo quelli.

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