Uefa-Juve: accordo realista. Ma il problema del club è un altro

Difficile stabilire se sia una sentenza buona o cattiva per la Juve, perché è politica non diritto. E il nocciolo della questione per i bianconeri è la mancanza di peso nelle istituzioni
Uefa-Juve: accordo realista. Ma il problema del club è un altro© Juventus FC via Getty Images

È una buona o una cattiva notizia l'ultimo patteggiamento della Juventus? La domanda non ha risposta perché, in questi casi, non esistono accordi buoni o cattivi, esistono solo gli accordi. Questo lo è, con mille sfaccettature e una sola certezza: poteva andare molto peggio. Perché il problema è sempre lo stesso: non esiste una logica di diritto nella giustizia sportiva, anche internazionale; non esiste un codice con il quale inquadrare le violazioni e stabilire una sanzione attraverso dei tabellari stabiliti a prescindere.

Giustizia sportiva soggettiva

La giustizia sportiva non è oggettiva, ma soggettiva e politica. Non c'è indipendenza del potere giudiziario (per quanto venga spesso sbandierata), la storia, compresa quella recentissima, lo dimostra: la giustizia è uno strumento in mano al potere esecutivo del calcio, che può essere magnanimo e severissimo a seconda delle circostanze, dei protagonisti, delle convenienze. Tutto è interpretabile. Quindi, saltare la Conference, beccarsi 10 milioni di multa (peraltro molto diluiti nel tempo, solo 2 quelli da pagare subito) e avere paletti piuttosto stretti per i prossimi tre anni è un accordo che penalizza la Juventus (per esempio mette a rischio la partecipazione al mondiale per club del 2025), ma è una carezza rispetto all'esclusione dalle coppe per, diciamo, tre stagioni, che sarebbe stato esiziale per il club. Potevano farlo? Certo che sì!

La Juventus si è vista appioppare 10 punti di penalizzazione in Serie A per le cosiddette "plusvalenze fittizie", una violazione "virtuale" visto che non esiste una norma e sfidiamo un giurista a leggere le motivazioni e poi spiegare in modo logico e giuridicamente coerente il perché di 10 punti e non 2 o 50. Ah, e poi è stata "perdonata" per la manovra stipendi che, a detta degli accusanti, era «una roba molto più grave» (salvo poi essere in difficoltà a spiegare i margini legali di una questione davvero molto tecnica).

La Uefa con la sentenza di ieri ha cancellato tutto il precedente "settlement agreement" quello, in teoria violato, e ne ha ridisegnato uno nuovo, ha cambiato le sanzioni previste e ne ha inventate di nuove. Allo stesso modo, poteva decidere che la gravità di quelle violazioni era tale da escludere la Juventus anche l'anno prossimo dalla Champions (assestando una mazzata economica che avrebbe compromesso seriamente il rilancio tecnico del club). Non c'è logica, non c'è diritto, c'è la politica, che in definitiva è sempre una questione di potere.

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Il punto di riflessione

E la Juventus questo potere non ce l'ha. Questo è il punto sul quale i tifosi e il club devono riflettere, non ragionare se gli accordi con l'Uefa e la Figc sono buoni o cattivi, ma ragionare perché sono dovuti arrivare a quegli accordi che, ricordiamolo, si basano tutti su un'inchiesta condotta da una Procura (quella di Torino) che abbiamo scoperto non aveva la competenza per indagare; che non ha prodotto ancora un'udienza preliminare (ma solo udienze preliminari di quella preliminare); che quando è stata giudicata da un giudice non ne è uscita indenne (vedi il gip che ha bocciato tutte le misure cautelari richieste). Dunque perché la Juventus si è vista costretta a scendere a patti invece di combattere per quella che, continua a sostenere, essere stata una condotta legale. Perché pesa poco a livello politico, perché le istituzioni l'hanno vista - soprattutto dopo la questione Superlega - quasi come una pericolosa controparte, per quanto indispensabile ad alimentare il sistema (esempio stupido: nella candidatura all'Europeo 2032 l'unico stadio a norma è quello di proprietà della Juventus).

In questi concitati giorni di assegnazione dei prossimi diritti televisivi opera, per la Lega Serie A, una commissione nella quale non c'è un uomo della Juventus (ma in compenso c'è la Lazio, il Napoli, l'Inter e perfino Bologna e Udinese). Dunque, il club che produce, da solo, il 30% dell'audience televisiva non è nella commissione diritti tv. Curioso, vero?

Il potere di Lotito

E nel frattempo, in queste settimane, assistiamo - quasi ammirati da un simile talento - al debordante esercizio di potere Claudio Lotito che continua a piazzare suoi uomini nei gangli del potere sportivo, che prova a fabbricare una legge dello Stato da cui può trarre vantaggio (salvo poi vederla bocciate dal viceministro dell'Economia), che instancabile porta avanti il suo lavoro di lobbying e pressione sulla e dentro la Figc. Ecco, ora che è tutto davvero finito, che la nuova Juventus può girare pagina e da ieri non deve più pensare a nessun procedimento con nessuna giustizia sportiva, forse non è il caso di vivisezionare i patteggiamenti, quanto di aprire un ragionamento: quanto conta la Juventus "per" il calcio e quanto conta la Juventus "nel" calcio? La disparità clamorosa fra le due quote è il vero problema.

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È una buona o una cattiva notizia l'ultimo patteggiamento della Juventus? La domanda non ha risposta perché, in questi casi, non esistono accordi buoni o cattivi, esistono solo gli accordi. Questo lo è, con mille sfaccettature e una sola certezza: poteva andare molto peggio. Perché il problema è sempre lo stesso: non esiste una logica di diritto nella giustizia sportiva, anche internazionale; non esiste un codice con il quale inquadrare le violazioni e stabilire una sanzione attraverso dei tabellari stabiliti a prescindere.

Giustizia sportiva soggettiva

La giustizia sportiva non è oggettiva, ma soggettiva e politica. Non c'è indipendenza del potere giudiziario (per quanto venga spesso sbandierata), la storia, compresa quella recentissima, lo dimostra: la giustizia è uno strumento in mano al potere esecutivo del calcio, che può essere magnanimo e severissimo a seconda delle circostanze, dei protagonisti, delle convenienze. Tutto è interpretabile. Quindi, saltare la Conference, beccarsi 10 milioni di multa (peraltro molto diluiti nel tempo, solo 2 quelli da pagare subito) e avere paletti piuttosto stretti per i prossimi tre anni è un accordo che penalizza la Juventus (per esempio mette a rischio la partecipazione al mondiale per club del 2025), ma è una carezza rispetto all'esclusione dalle coppe per, diciamo, tre stagioni, che sarebbe stato esiziale per il club. Potevano farlo? Certo che sì!

La Juventus si è vista appioppare 10 punti di penalizzazione in Serie A per le cosiddette "plusvalenze fittizie", una violazione "virtuale" visto che non esiste una norma e sfidiamo un giurista a leggere le motivazioni e poi spiegare in modo logico e giuridicamente coerente il perché di 10 punti e non 2 o 50. Ah, e poi è stata "perdonata" per la manovra stipendi che, a detta degli accusanti, era «una roba molto più grave» (salvo poi essere in difficoltà a spiegare i margini legali di una questione davvero molto tecnica).

La Uefa con la sentenza di ieri ha cancellato tutto il precedente "settlement agreement" quello, in teoria violato, e ne ha ridisegnato uno nuovo, ha cambiato le sanzioni previste e ne ha inventate di nuove. Allo stesso modo, poteva decidere che la gravità di quelle violazioni era tale da escludere la Juventus anche l'anno prossimo dalla Champions (assestando una mazzata economica che avrebbe compromesso seriamente il rilancio tecnico del club). Non c'è logica, non c'è diritto, c'è la politica, che in definitiva è sempre una questione di potere.

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