Kaio Jorge esclusivo: "Grazie Juve, sono rinato. Voglio restare"

Intervista al brasiliano: "Le reti allo Stadium mi hanno ridato felicità, ho lottato per tornare a questi livelli"
Kaio Jorge esclusivo: "Grazie Juve, sono rinato. Voglio restare"© LAPRESSE
Ritrovare il sorriso dopo aver visto l’inferno: non è esagerato, parlando di Kaio Jorge. E lui, che attraverso la fede non ha mollato mai, nemmeno quando la paura di vedere finire prematuramente la carriera avrebbe potuto sopraffarlo, ha parole di amore per la Juventus: i tifosi lo hanno ammirato in azione allo Stadium, a 531 giorni dall’infortunio, e hanno capito che, lasciatosi alle spalle il calvario per la rottura del tendine rotuleo, il brasiliano può pian piano tornare a sognare e far sognare. 

Kaio, i tre gol e quel pomeriggio allo Stadium cosa hanno significato? 
«Un momento davvero felice della mia vita, perché sono stato male e ho avuto paura di non riuscire a tornare a certi livelli. Ci ho messo voglia, determinazione, tanto lavoro e sono tornato. Quindi sono contento di quel giorno allo Stadium: è un punto di partenza». 
 
Tornando indietro a un anno e mezzo fa, da quel terribile infortunio, quali sono le sue riflessioni a calvario finito? 
«Prima avevo una paura incredibile di farmi male al ginocchio. Sapevo che si trattava di un problema serio e che sarebbe stato difficile tornare in perfetta forma: quando è successo ho immaginato un sacco di cose brutte. E avevo paura che il ginocchio non si sarebbe più ripreso. Invece grazie a Dio adesso sto bene e ora voglio cambiare la storia e rifarmi con gli interessi». 
 
Un sorriso 531 giorni dopo l’infortunio: è un Kaio diverso, più maturo? 
«Dopo quello che ho passato, rispondo: sì, certo. Mi sento diverso, più maturo, più deciso in quello che voglio fare. Questa situazione, l’intervento e la riabilitazione, mi hanno aiutato a ragionare in maniera diversa, anche nella vita di tutti i giorni, non solo nel calcio». 

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 In che modo? 
«Affronto tutto con un altro spirito, sono cambiato: prendo le decisioni giuste e ho dato il giusto valore alle cose. Sono rimasto tanto tempo fuori e quando ero fuori non vedevo l’ora di giocare, di stare con i miei compagni e andare ad allenarsi da solo era una sofferenza: poi ho capito che invece dovevo cambiare atteggiamento e ogni allenamento è diventato importante, dovevo dare tutto e non pensare al resto». 
 
Ecco, quanto è stato difficile non poter aiutare la squadra in una stagione con così tante difficoltà? 
«È stato frustrante e difficile: tutti i giorni venivo qui alla Continassa a fare trattamenti e allenamenti specifici da solo e vedevo i miei compagni. Ero triste, ma dentro di me sapevo che sarei tornato: questo mi ha motivato a dare tutto per recuperare. Quando perdi qualcosa che può sembrare scontato, come allenarsi in gruppo, ti rendi conto di quanto sia importante e di quanto ti possa mancare». 
 
Ha detto: la parola arrendersi non fa parte del mio vocabolario. E lo ha dimostrato. Ma ci sono stati momenti bui? 
«A otto, nove mesi dall’infortunio ho iniziato ad avere un po’ di fretta di tornare, quindi ho avuto un po’ di infiammazioni. E questa situazione mi aveva lasciato tanta preoccupazione: non vedevo l’ora di accelerare, non avevo abbastanza pazienza, quindi succedeva sempre qualcosina, qualche dolorino e mi spaventavo un po’». 

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Ha parlato con Chiesa, che pure ha avuto un lungo percorso di riabilitazione? 
«Ho parlato con tanti calciatori che si sono dovuti sottoporre a interventi e tutti mi hanno rassicurato, mi hanno dato consigli e un appoggio concreto. L’infortunio di Fede è stato un po’ diverso dal mio, ma mi ha aiutato molto a non perdere la fiducia. Lui, Danilo e altri miei compagni mi sono stati vicino. Non posso nominarli tutti, perché sarebbe un elenco lungo, staremmo qui fino a domani... E poi magari rischio di dimenticare qualcuno e non sarebbe giusto». 

Ci sono tanti brasiliani nella Juve... 
«Danilo, Alex, Bremer, mi hanno dato una mano. E anche Bonucci, che con me è stato fantastico. Ho un ottimo rapporto anche con Rabiot e con Pogba che è davvero divertentissimo, abbiamo un ottimo feeling». 

Lei è stato per certi periodi in Brasile a lavorare da solo, con un preparatore personale. 
«Il mio fisioterapista e lo staff della Juventus erano in contatto costante: il lavoro era programmato e coordinato per raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, seguendo un percorso preciso. Sono molto attento anche all’alimentazione: mi attengo a una dieta che ho cominciato quando ero infortunato e la sto proseguendo. Così mi sento più leggero, mi sento meglio, anche questo aspetto è importante per il recupero». 

 
Ha sempre avvertito l’affetto dei tifosi o si è sentito “dimenticato”? 
«No, no: ho sempre sentito l’affetto dei tifosi bianconeri, davvero tanto, soprattutto nel periodo più duro. Non posso che dire loro: grazie». 

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Allegri di lei ha detto: “Kaio ha movenze del grande giocatore e sono convinto che avrà una grande carriera davanti a sé”. 
«Lo ringrazio tanto per queste belle parole: da lui ho imparato moltissimo, nei 5 mesi di allenamenti prima dell’infortunio ho acquisito sempre qualcosa, nei movimenti, nel posizionamento. Lui è bravissimo, come allenatore e come persona. Mi aiuta veramente molto». 

 
Da quale compagno di reparto ha “rubato” qualche segreto nel lavoro quotidiano? 
«Quando sono arrivato a Torino c’era Cristiano Ronaldo: io sono il suo fan numero uno e lui lo sa. Giocare con lui è stato grandioso, ho imparato tanto, mi ha trasmesso delle idee e mi ha dato tanti consigli». 
 
Quindi se deve citare un modello a cui ispirarsi, risponde CR7? 
«Beh sì. Ma tutti nella Juve mi hanno dato tanto. Tornando a Cristiano, anche come persona lui è super». 

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Il suo obiettivo è imporsi ai massimi livelli nella Juve? 
«È il mio sogno di quando ero bambino. Ho sempre voluto giocare in una grande squadra in Europa. Racconto questo aneddoto: quando si cominciava a parlare di Juve per me, ma prima che la trattativa fosse conclusa, ho iniziato a studiare l’italiano, volevo farmi trovare pronto. Il mio procuratore mi diceva: “Ma guarda che è presto, siamo ancora all’inizio”. Però io avevo deciso: sapevo che sarei andato alla Juve e volevo partire subito conoscendo la lingua». 
 
Si parla della possibilità per lei di un prestito, magari a Frosinone, per avere spazio e giocare: è la soluzione migliore? 
«Io vorrei giocare qui, nella Juve. Ma questo non dipende solo da me: devo parlare con la dirigenza e il mister per capire cosa sarebbe meglio per me, se andare in prestito per giocare un po’ di più o rimanere per imparare ancora. Devo ancora aspettare». 
 
Quanto conta la famiglia? 
«Mia mamma è qui con me ed è stato importantissima durante il percorso di riabilitazione, nei momenti più duri. Mio papà è rimasto in Brasile, però ci sentiamo tutti i giorni. Famiglia e fede in Dio mi hanno aiutato tanto». 
 
I suoi tatuaggi che storia raccontano? 
«Ne ho appena fatto uno, giovedì, dopo i gol allo Stadium: un angelo protettore...»

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Ritrovare il sorriso dopo aver visto l’inferno: non è esagerato, parlando di Kaio Jorge. E lui, che attraverso la fede non ha mollato mai, nemmeno quando la paura di vedere finire prematuramente la carriera avrebbe potuto sopraffarlo, ha parole di amore per la Juventus: i tifosi lo hanno ammirato in azione allo Stadium, a 531 giorni dall’infortunio, e hanno capito che, lasciatosi alle spalle il calvario per la rottura del tendine rotuleo, il brasiliano può pian piano tornare a sognare e far sognare. 

Kaio, i tre gol e quel pomeriggio allo Stadium cosa hanno significato? 
«Un momento davvero felice della mia vita, perché sono stato male e ho avuto paura di non riuscire a tornare a certi livelli. Ci ho messo voglia, determinazione, tanto lavoro e sono tornato. Quindi sono contento di quel giorno allo Stadium: è un punto di partenza». 
 
Tornando indietro a un anno e mezzo fa, da quel terribile infortunio, quali sono le sue riflessioni a calvario finito? 
«Prima avevo una paura incredibile di farmi male al ginocchio. Sapevo che si trattava di un problema serio e che sarebbe stato difficile tornare in perfetta forma: quando è successo ho immaginato un sacco di cose brutte. E avevo paura che il ginocchio non si sarebbe più ripreso. Invece grazie a Dio adesso sto bene e ora voglio cambiare la storia e rifarmi con gli interessi». 
 
Un sorriso 531 giorni dopo l’infortunio: è un Kaio diverso, più maturo? 
«Dopo quello che ho passato, rispondo: sì, certo. Mi sento diverso, più maturo, più deciso in quello che voglio fare. Questa situazione, l’intervento e la riabilitazione, mi hanno aiutato a ragionare in maniera diversa, anche nella vita di tutti i giorni, non solo nel calcio». 

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