Bodini: "Da interista sfegatato a juventino. Rifarei tutto, ho vinto molto"

L’eterno dodicesimo, prima di Zoff e poi di Tacconi: "Da ragazzino ero un patito nerazzurro, ma dieci anni di Juve ti cambiano la vita. Non ho rimpianti"
Bodini: "Da interista sfegatato a juventino. Rifarei tutto, ho vinto molto"© AG ALDO LIVERANI SASAG ALDO LIVE

La Juventus è un bagaglio infinito, tra le tante etichette sopra quel bagaglio c’è anche quella di Luciano Bodini. Il 12. Il resiliente. L’uomo che ha atteso per dieci anni che arrivasse il suo grande momento in bianconero, con pazienza, educazione, rispetto. Sliding doors che avrebbero potuto girare per tre volte dalla parte giusta, la sua.

E che invece portarono nella hall della gloria sempre l’altro portiere. Prima Zoff poi Tacconi. Due persone a cui è rimasto profondamente legato e ai quali tramite Tuttosport manda un fortissimo in bocca al lupo. «Dino lo sento sempre a Natale. Una telefonata, quattro chiacchiere. Anche lui negli ultimi anni ha avuto qualche acciacco. Sono certo che non mollerà, come quando era in campo. Stefano sono felice di averlo rivisto fuori dal letto d’ospedale, nelle foto di questi giorni che anche voi avete pubblicato. Gli ho mandato un sms con scritto “dai che ce la fai”. Non ero certo felice quando giocava al mio posto, ma non porto alcun rancore e di fronte alla salute tutto passa in secondo piano».

Quando lei arrivò alla Juventus, nell’estate del 1979, cosa le disse Boniperti?
«L’allora presidente dell’Atalanta Bortolotti mi chiamò, dicendomi che mi aveva venduto alla Juve. Allora decidevano tutto i presidenti, non c’erano procuratori, figuratevi che quando sei anni prima ero entrato nel vivaio nerazzurro fu mio padre a portarmi perché avevano visto mio fratello che era una mezzala e disse che se volevano lui dovevano prendere anche il portiere. Con Boniperti non c’era molto da discutere. Firmavi dove diceva lui».
 
Zoff aveva 37 anni, lei 25, confessi che era convinto di portargli via il posto?
«Certo. Ma avevo fatto male i calcoli. Andò avanti ancora quattro anni, vincendo il Mondiale».
 
Nell’estate del 1983 però Zoff disse basta e sembrava essere arrivato davvero il momento di Luciano Bodini…
«Avevo finito bene la stagione, contribuendo alla vittoria della Coppa Italia e del Mundialito. Sì, ero certo che sarebbe toccato a me».

E invece?
«Avevano preso Tacconi dall’Avellino, un giovane promettente, ma avevo finito io da titolare della Juve e quindi mi sentivo sicuro delle mie potenzialità. Nessuno mi aveva detto che sarebbe stato lui il prescelto. Anzi, sia Boniperti sia Trapattoni mi garantirono che saremmo partiti alla pari e ce la saremmo giocata in ritiro. Dopo aver capito che la scelta era caduta su Stefano, andai in società facendo presente che c’erano altre squadre che mi volevano. Potevo fare il titolare altrove in Serie A, squadre di valore».
 
Perché non accettò?
«La Juve è sempre la Juve. E Boniperti mi disse: “fin che io sarò qui, tu non te ne andrai, qualsiasi cosa accadrà”. Sono rimasto fino all’89. Dieci anni dei quali non mi pento di nulla. Rifarei tutto. Non ho rimpianti. Ho vinto tanto».
 
Nelle foto del passato lei è però ritratto soprattutto in panchina, a volte anche con la radio incollata all’orecchio per ascoltare su ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ i risultati dagli altri campi…
«Sì, a volte serviva anche quello e lo facevo. Non c’era internet, non bastava un click per essere aggiornati e sapere cosa stava succedendo dalle altre parti poteva essere un vantaggio. Poi però arrivò anche la semifinale con il Bordeaux nel 1985, quella che ci portò alla finale dell’Heysel e quella sera fui io il grande protagonista».

Come dimenticare quella parata su Tiganà…
«Già. Mancava un minuto alla fine, ci andai d’istinto. Avevamo vinto 3-0 all’andata, stavamo perdendo 2-0. Se fossimo andati ai supplementari sarebbe tornato tutto in discussione. Il giorno dopo fu un piacere comprare i giornali e vedere che tutti mi avevano dato un voto alto. Non ero abituato a finire sotto i riflettori».
 
Nemmeno quella volta però riuscì a convincere Trapattoni a farla giocare titolare nella finale con il Liverpool…
«Prese da parte me e Tacconi e ci disse che partivamo alla pari. Stefano era il titolare, ma io avevo fatto bene con il Bordeaux ed era giusto che mi giocassi le chances. Stavo bene, mi sentivo in gran forma, non so perché la scelta ancora una volta ricadde su di lui».
 
Eppure lei aveva dimostrato di essere affidabile già qualche mese prima proprio contro il Liverpool nella finale di Supercoppa europea vinta 2-0 a Torino in mezzo alla neve…
«Scesi in campo con una maschera protettiva. Non come quelle di oggi, moderne e tecnologiche, giusto per sentirmi un po’ più protetto. Mi ero fratturato il setto nasale, non avrei rinunciato a quella partita per nulla al mondo».

Oggi cosa fa Luciano Bodini?
«Vivo in Versilia e faccio il baby sitter. Mi godo i nipoti, li porto al mare, respiro l’aria buona. Fino a qualche anno fa dipingevo, era la mia passione anche quando giocavo. Tifo Juve, la guardo sempre. E pensare che da ragazzino ero interista sfegatato. Dieci anni di Juve ti cambiano la vita. Speriamo quest’anno di far meglio della scorsa stagione, anche se sul campo abbiamo chiuso comunque al secondo posto. Non dobbiamo più perdere punti con le piccole. La Juve non può non vincere con Monza e Salernitana».

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