"L'Avvocato, il gessato Juve e le cravatte del Torino volute da Moggi"

Maurizio Marinella parla del feeling speciale con la città e con la famiglia Agnelli: "Gianni aveva uno stile unico, resta un esempio anche per i tempi d’oggi"
"L'Avvocato, il gessato Juve e le cravatte del Torino volute da Moggi"© AG ALDO LIVERANI SAS

Le cravatte Marinella sono un pezzo di Italia che viaggia al collo dei personaggi più potenti e famosi del mondo. Un marchio reso leggendario per la fama dei suoi estimatori e che resta fedelissimo all’approccio artigianale, pur aprendo altri negozi oltre a quello, celeberrimo, di Napoli. Oggi ne apre uno a Torino in via Roma. E che un marchio di così profonda napoletanità sbarchi a Torino è molto meno strano di quanto si pensi, perché Marinella conosce bene la città e la città, almeno una parte, ama le sue cravatte da moltissimo tempo.

Maurizio Marinella, che rappresenta la quarta generazione alla guida dell’impresa di famiglia, per esempio ha ricordi che vanno indietro nel tempo.
«Sì, per me Torino rappresenta sempre un’emozione particolare. Tanti ricordi mi legano alla città, ma se penso ai miei vent’anni e ai miei primi viaggi a Torino per far scegliere le cravatte di lana a un personaggio molto importante...»

Indoviniamo: si trattava dell’Avvocato?
«Esatto. Mio padre era un po’ anziano e aveva iniziato a mandare me. Mi ricordo la prima volta al quinto piano di Corso Marconi. Quell’ufficio enorme, nel quale erano necessari svariati passi per arrivare alla scrivania. Passi trepidanti, ovviamente. E poi l’Avvocato, affabile, che mi chiama “Marinella”, ma mi da del tu, dicendomi: “Siediti Marinella, parliamo un po’ di Napoli. Una città che adoro. D’altronde ho sposato una Caracciolo... e tengo la mia barca al Circolo Italia, per cui scendo spesso”. E così, con quell’approccio, aveva sciolto la tensione. Mi ricordo anche il caffè, servito in tazzine con la scritta Fiat che mi colpirono».

E che cravatte sceglieva?
«Il suo gusto era davvero particolare così come il modo di portarle. Teneva la paletta larga piuttosto corta e il codino più lungo: una stranezza, ma aveva uno stile così affascinante che poteva permettersi tutto e, ancora oggi, le riviste del nostre settore parlano di lui. Mi ricordo la prima volta che lo vidi: aveva un gessato... molto gessato, praticamente una maglia della Juve, ma su di lui non stonava, anzi. Così come le sue camice botton down, ma senza allacciare il bottone del colletto: una sua invenzione. Preferiva le cravatte di lana e sceglieva spesso colori spiritosi, era più friccicariello del fratello Umberto, che spesso era con lui quando andavo a Torino. Umberto amava i vestiti più classici e, anche nelle cravatte, rimaneva sobrio».

La famiglia continua la tradizione?
«Lo scatenato Lapo spesso è da noi e anche suo papà Alain Elkann».

Torino, quindi, per lei è sinonimo Agnelli.
«Non solo. A Torino ci sono molti nostri clienti importanti, anche politici e ministri. Torino con il suo stile sobrio e classico è molto in linea con noi. C’è anche un gruppo di clienti fedelissimi ancora affezionato alle cravatte Regimental. Quindi non solo Agnelli. Anzi, abbiamo perfino fatto le cravatte ufficiali del Toro per qualche anno».

Addirittura! Che classe i granata con le cravatte ufficiali di Marinella.
«Le aveva volute Moggi quando era dirigente del Torino. Moggi è sempre stato un nostro affezionatissimo cliente. A volte era devastante, perché arrivava e comprava delle quantità industriali per regalarle ai procuratori, giornalisti e protagonisti del mondo del calcio. Come d’altronde faceva Berlusconi».

Cairo prosegue la tradizione granata da Marinella?
«Quando il Torino gioca a Napoli qualche volta è passato. Ma tra i nostri clienti c’è anche Zaccarelli e Zapatone, come lo chiamiamo noi, che ci conosce da quando era al Napoli. Sì, a Torino abbiamo davvero molti amici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ma lei per chi tifa?
«Napoli, ovviamente! E l’anno scorso venire a Torino da primo in classifica mi faceva un certo effetto. Purtroppo quest’anno le cose non vanno altrettanto bene, ma siamo comunque campioni d’Italia».

Clienti del Napoli?
«Lo scatenato Aurelio De Laurentiis che spesso viene a comprare da noi e che, in occasione delle partite di Champions che il Napoli gioca in casa, ci fa preparare un cofanetto regalo per i dirigenti della squadra avversaria. L’ultimo che abbiamo preparato è stato per il Real Madrid di Florentino Perez».

Siete intorno ai colli più famosi del mondo.
«Abbiamo compiuto 110 anni lo scorso anno, da noi è letteralmente passata la storia. I presidenti americani, tra cui Kennedy, i Bush e Bill Clinton; i presidenti della Repubblica italiani e anche quelli francesi come Chirac, Macron, Sarkozy e anche Mitterand. I reali spagnoli e quelli inglesi. Per Re Carlo c’è stato un regalo speciale di Camilla».

Siamo curiosi.
«L’arrivo di Camilla mi era stato preannunciato con grande anticipo e la data era il primo aprile. Devo confessare che quel primo aprile mi puzzava un po’, ma a ridosso della data avevo capito che sarebbe venuta proprio lei».

E come è andata?
«L’allora principessa Camilla arriva in negozio fra il caos generale, ma scopriamo che vuole andare nel laboratorio perché aveva una richiesta molto particolare. Il laboratorio è a un paio di portoni dal negozio, ma quei pochi metri sono stati sufficienti perché un pizzaiolo le mettesse in mano un calzone e una signora gli mettesse in braccio la figlia. Entrata nel laboratorio era un po’ frastornata, ma affascinante: “vivete in una città meravigliosa”. Poi ci ha chiesto di recuperare i disegni delle cravatte della collezione del 1947, la data di nascita di Carlo e gli ha fatto confezionare quelle apposta per lui».

La magia del vostro artigianato affascina anche i re.
«Per noi è anche e soprattutto una questione di tradizione. La fedeltà all’artigianato e alle abitudini, come l’apertura alle 6.30 del mattino con il caffè e le sfogliatelle da offrire a chi viene. Siamo orgogliosi di rappresentare l’Italia nel mondo e ci sentiamo anche profondamente napoletani. E mi consenta di chiosare con un verso di un grande: questa, di Marinella, è una storia vera».

De Andrè di solito non portava la cravatta, però.
«Lui se lo poteva permettere».

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Le cravatte Marinella sono un pezzo di Italia che viaggia al collo dei personaggi più potenti e famosi del mondo. Un marchio reso leggendario per la fama dei suoi estimatori e che resta fedelissimo all’approccio artigianale, pur aprendo altri negozi oltre a quello, celeberrimo, di Napoli. Oggi ne apre uno a Torino in via Roma. E che un marchio di così profonda napoletanità sbarchi a Torino è molto meno strano di quanto si pensi, perché Marinella conosce bene la città e la città, almeno una parte, ama le sue cravatte da moltissimo tempo.

Maurizio Marinella, che rappresenta la quarta generazione alla guida dell’impresa di famiglia, per esempio ha ricordi che vanno indietro nel tempo.
«Sì, per me Torino rappresenta sempre un’emozione particolare. Tanti ricordi mi legano alla città, ma se penso ai miei vent’anni e ai miei primi viaggi a Torino per far scegliere le cravatte di lana a un personaggio molto importante...»

Indoviniamo: si trattava dell’Avvocato?
«Esatto. Mio padre era un po’ anziano e aveva iniziato a mandare me. Mi ricordo la prima volta al quinto piano di Corso Marconi. Quell’ufficio enorme, nel quale erano necessari svariati passi per arrivare alla scrivania. Passi trepidanti, ovviamente. E poi l’Avvocato, affabile, che mi chiama “Marinella”, ma mi da del tu, dicendomi: “Siediti Marinella, parliamo un po’ di Napoli. Una città che adoro. D’altronde ho sposato una Caracciolo... e tengo la mia barca al Circolo Italia, per cui scendo spesso”. E così, con quell’approccio, aveva sciolto la tensione. Mi ricordo anche il caffè, servito in tazzine con la scritta Fiat che mi colpirono».

E che cravatte sceglieva?
«Il suo gusto era davvero particolare così come il modo di portarle. Teneva la paletta larga piuttosto corta e il codino più lungo: una stranezza, ma aveva uno stile così affascinante che poteva permettersi tutto e, ancora oggi, le riviste del nostre settore parlano di lui. Mi ricordo la prima volta che lo vidi: aveva un gessato... molto gessato, praticamente una maglia della Juve, ma su di lui non stonava, anzi. Così come le sue camice botton down, ma senza allacciare il bottone del colletto: una sua invenzione. Preferiva le cravatte di lana e sceglieva spesso colori spiritosi, era più friccicariello del fratello Umberto, che spesso era con lui quando andavo a Torino. Umberto amava i vestiti più classici e, anche nelle cravatte, rimaneva sobrio».

La famiglia continua la tradizione?
«Lo scatenato Lapo spesso è da noi e anche suo papà Alain Elkann».

Torino, quindi, per lei è sinonimo Agnelli.
«Non solo. A Torino ci sono molti nostri clienti importanti, anche politici e ministri. Torino con il suo stile sobrio e classico è molto in linea con noi. C’è anche un gruppo di clienti fedelissimi ancora affezionato alle cravatte Regimental. Quindi non solo Agnelli. Anzi, abbiamo perfino fatto le cravatte ufficiali del Toro per qualche anno».

Addirittura! Che classe i granata con le cravatte ufficiali di Marinella.
«Le aveva volute Moggi quando era dirigente del Torino. Moggi è sempre stato un nostro affezionatissimo cliente. A volte era devastante, perché arrivava e comprava delle quantità industriali per regalarle ai procuratori, giornalisti e protagonisti del mondo del calcio. Come d’altronde faceva Berlusconi».

Cairo prosegue la tradizione granata da Marinella?
«Quando il Torino gioca a Napoli qualche volta è passato. Ma tra i nostri clienti c’è anche Zaccarelli e Zapatone, come lo chiamiamo noi, che ci conosce da quando era al Napoli. Sì, a Torino abbiamo davvero molti amici».

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