Juve, questi sono nervi da scudetto: col Verona vale più di Milano

Forza morale, robustezza psicologica e voglia di vincere: il miracolo di Allegri può essere l’arma fondamentale

Non è l’uno a zero contro il Milan a San Siro che deve spaventare gli avversari della Juventus, ma l’uno a zero contro il Verona, agguantato all’ultima pagina di un romanzo sotto forma di partita. Perché la forza morale, la robustezza psicologica con cui sono stati tenuti i nervi sotto controllo, la voglia di vincere dimostrate ieri sera dalla Juventus sono qualità di una squadra che può arrivare a lottare fino in fondo, anzi fino all’ulitmo secondo, come è accaduto contro il Verona. Potrebbe essere un momento di svolta per questo gruppo, l’epifania nella quale la squadra prende coscienza di se stessa e delle sue ambizioni. Cambiaso contro il Verona potrebbe essere il Giaccherini contro il Catania, per gli amanti delle analogie, ma di sicuro è una frustata d’orgoglio che risveglia la consapevolezza dell’ambiente, peraltro in uno stadio tornato a essere caldo e rumoroso. Il miracolo di Massimiliano Allegri è proprio aver costruito un gruppo e avergli saputo infondere questa forza mentale, che nella lunga maratona del campionato può essere l’arma fondamentale.

Oltretutto, ieri sera, la Juventus ha disputato anche una partita brillante, all’attacco, propositiva e, a tratti, perfino bella dal punto di vista strettamente estetico. Una partita sfortunata, rovinata da un arbitraggio non all’altezza, che la Juventus ha saputo scavalcare senza perdere lucidità fino all’ultimo secondo dell’ultimo minuto. Perché il signor Ermanno Feliciani capisce senza dubbio di regolamento, ma si ha l’impressione che capisca poco di calcio e di uomini. E Seneca diceva che conoscere bene le leggi non fa di te un buon giudice. Prendi il giallo a Moise Kean: il centravanti bianconero si è visto annullare un gol per un fuorigioco di una molecola, misurato con chissà quale microscopio atomico; poi si è visto annullare un secondo gol per una manata che l’ineffabile Feliciani aveva giudicato normale contrasto di gioco prima di vivisezionarla al rallentatore (dopo che ci hanno raccontato per anni che le immagini rallentate non restituiscono la reale entità dei scontro); una manciata di minuti dopo, Kean, stizzito, scaglia il pallone a terra, per una rimessa che pensa essere sua e Feliciani gli mostra il giallo con tanta prosopopea e poca comprensione delle circostanze.

Kean, la rabbia per la sostituzione in Juve-Verona: il dialogo con Landucci

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Il giallo a Kean e la sceneggiata di Faraoni

Come fa a non capire la condizione psicologica di Kean? Vero, il designatore Rocchi ha dichiarato guerra alle proteste, che di per sé è un’iniziativa del tutto condivisibile. Occhio, però, che non diventi guerra al calcio, perché come si spiega quel giallo a un bambino che deve appassionarsi al calcio? E come si spiega allo stesso bambino che il meraviglioso primo gol di Kean non è buono perché fuorigioco di un paio di millimetri? È quello il reale spirito della regola? E come si spiega che la manata di Kean a Faraoni (vergognosa e diseducativa la sua sceneggiata, peraltro) è fallo e quella di Folorunsho su Chiesa no? Perché al bambino di cui sopra deve tornare la voglia di vedere un’altra partita? O di non guardare quelle dove ci sono Bellingham o Haaland? Quelli come loro, la Serie A, per un bel po’ di tempo, non può permettersi, ma qualcosa meglio del Feliciani di ieri sera forse sì.

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Non è l’uno a zero contro il Milan a San Siro che deve spaventare gli avversari della Juventus, ma l’uno a zero contro il Verona, agguantato all’ultima pagina di un romanzo sotto forma di partita. Perché la forza morale, la robustezza psicologica con cui sono stati tenuti i nervi sotto controllo, la voglia di vincere dimostrate ieri sera dalla Juventus sono qualità di una squadra che può arrivare a lottare fino in fondo, anzi fino all’ulitmo secondo, come è accaduto contro il Verona. Potrebbe essere un momento di svolta per questo gruppo, l’epifania nella quale la squadra prende coscienza di se stessa e delle sue ambizioni. Cambiaso contro il Verona potrebbe essere il Giaccherini contro il Catania, per gli amanti delle analogie, ma di sicuro è una frustata d’orgoglio che risveglia la consapevolezza dell’ambiente, peraltro in uno stadio tornato a essere caldo e rumoroso. Il miracolo di Massimiliano Allegri è proprio aver costruito un gruppo e avergli saputo infondere questa forza mentale, che nella lunga maratona del campionato può essere l’arma fondamentale.

Oltretutto, ieri sera, la Juventus ha disputato anche una partita brillante, all’attacco, propositiva e, a tratti, perfino bella dal punto di vista strettamente estetico. Una partita sfortunata, rovinata da un arbitraggio non all’altezza, che la Juventus ha saputo scavalcare senza perdere lucidità fino all’ultimo secondo dell’ultimo minuto. Perché il signor Ermanno Feliciani capisce senza dubbio di regolamento, ma si ha l’impressione che capisca poco di calcio e di uomini. E Seneca diceva che conoscere bene le leggi non fa di te un buon giudice. Prendi il giallo a Moise Kean: il centravanti bianconero si è visto annullare un gol per un fuorigioco di una molecola, misurato con chissà quale microscopio atomico; poi si è visto annullare un secondo gol per una manata che l’ineffabile Feliciani aveva giudicato normale contrasto di gioco prima di vivisezionarla al rallentatore (dopo che ci hanno raccontato per anni che le immagini rallentate non restituiscono la reale entità dei scontro); una manciata di minuti dopo, Kean, stizzito, scaglia il pallone a terra, per una rimessa che pensa essere sua e Feliciani gli mostra il giallo con tanta prosopopea e poca comprensione delle circostanze.

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