Vlahovic, l'esultanza e i 70 giorni: il dibattito e il pensiero critico

Il festeggiamento polemico è umanamente comprensibile, soprattutto se contestualizzato nella trance agonistica del derby d’Italia. Ma nel calcio cresce la tendenza al dividersi in fazioni

Dusan Vlahovic è tornato a segnare dopo oltre settanta giorni che per lui devono essere stati più lunghi come lo sono stati per i tifosi. La sua esultanza polemica, in risposta alle tante critiche ricevute negli ultimi due mesi, è quindi umanamente comprensibile, soprattutto se contestualizzata nella trance agonistica di un derby d’Italia che viene sbloccato da un suo gol, per di più bellissimo.

Anzi, se quella rabbia dovesse avere il potere catartico di scrollargli di dosso le ansie, le negatività e le paturnie, che lo hanno appesantito almeno quanto gli infortuni, i tifosi della Juventus e il campionato tutto potrebbero riguadagnare uno dei pochi fuoriclasse superstiti agli scippi anglosauditi. Insomma, nessuna polemica sulla polemica di Dusan, nonostante si potrebbe sommessamente obiettare che forse un gol dopo settanta giorni non è abbastanza per dare del chiacchierone a chi ha fatto notare prestazioni non all’altezza del suo talento e del suo stipendio.

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Vlahovic, le critiche e il dibattito

Paolo Di Canio, per esempio, aveva evidenziato alcune carenze del bomber serbo proprio su queste colonne: una critica molto tecnica, non una chiacchiera da bar. Ma ci sono molti, non tutti ovviamente, ma molti calciatori e allenatori che spesso auspicano che si torni a parlare di calcio e non di polemiche, ma poi quando si parla effettivamente di calcio, ma li si critica, la buttano loro in polemica contro chi ha osato ipotizzare dei loro sbagli. Certo, c’è il discorso della competenza che non sempre abbonda, ma in compenso dall’altra parte si nota una certa abbondanza di presunzione.

E c’è, in generale, una sempre più bassa disponibilità al confronto e all’accettazione delle obiezioni altrui. Così cresce la tendenza al dividersi in fazioni, a ragionare per pregiudizi, a trasformare le idee in trincee e un pensiero critico viene immediatamente incasellato da una parte o dall’altra del campo di battaglia in cui si è trasformato il dibattito. È davvero un peccato, perché se non c’è offesa, la critica è sempre costruttiva e può essere utile a migliorarsi. Ma, purtroppo, oggi le parole sono molto di più strumenti di distruzione.

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Dusan Vlahovic è tornato a segnare dopo oltre settanta giorni che per lui devono essere stati più lunghi come lo sono stati per i tifosi. La sua esultanza polemica, in risposta alle tante critiche ricevute negli ultimi due mesi, è quindi umanamente comprensibile, soprattutto se contestualizzata nella trance agonistica di un derby d’Italia che viene sbloccato da un suo gol, per di più bellissimo.

Anzi, se quella rabbia dovesse avere il potere catartico di scrollargli di dosso le ansie, le negatività e le paturnie, che lo hanno appesantito almeno quanto gli infortuni, i tifosi della Juventus e il campionato tutto potrebbero riguadagnare uno dei pochi fuoriclasse superstiti agli scippi anglosauditi. Insomma, nessuna polemica sulla polemica di Dusan, nonostante si potrebbe sommessamente obiettare che forse un gol dopo settanta giorni non è abbastanza per dare del chiacchierone a chi ha fatto notare prestazioni non all’altezza del suo talento e del suo stipendio.

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