«La fame e la voglia di vincere sono le stesse che avevamo anche noi undici anni fa. A livello di determinazione direi che questa Juve ricorda la nostra che aprì il ciclo straordinario dei 9 scudetti di fila». Firmato Angelo Alessio. Uno che da calciatore ha lasciato il segno vincendo Coppa Uefa e Coppa Italia con la Vecchia Signora nel 1990; mentre da allenatore è stato il vice di Antonio Conte nel triennio fantastico dal 2011 al 2014 nel quale i bianconeri sono tornati sul tetto d’Italia e hanno vinto 3 Scudetti e 2 Supercoppe Italiane. Tanta roba. Chi meglio di lui per provare a capire se dopo il Milan di Ibra e Thiago Silva la Juve riuscirà ad avere la meglio su un’altra rivale storica e, anche stavolta, sulla carta superiore come l’Inter di Lautaro e Calhanoglu.
In cosa si somigliano e in cosa differiscono le due Juventus?
«La voglia di tornare in alto è la medesima, ma i punti di partenza sono diversi. La Juve - seppur senza vincere trofei - negli ultimi due anni era nelle prime posizioni e sul campo è sempre arrivata in zona Champions; mentre quella che ereditammo noi veniva da due settimi posti consecutivi…».
Tanto che anche allora l’obiettivo dichiarato era il quarto posto…
«È vero. Iniziamo la stagione per centrare il traguardo di riportare la Juventus in Champions. Strada facendo e vittoria dopo vittoria capimmo che potevamo provare ad alzare l’asticella, giocandocela fino alla fine. Ma non ci fu un momento particolare: solo dopo la certezza di essere tra le prime quattro facemmo una riunione e Antonio ci disse ‘adesso giochiamocela fino alla fine per il titolo e vediamo dove arriviamo’. Il resto della storia la sapete…».
L’epilogo fu lo scudetto. Può riuscirci anche Allegri?
«Fa bene a tenere la squadra sulla corda. Guai a rilassarsi e mollare di un centimetro. Soprattutto quando hai tanti giovani in squadra: il rischio di sentirsi arrivati è sempre dietro l’angolo. Questa Juve deve fare come la nostra: pensare solamente a una partita alla volta. Noi non guardavamo la classifica e non ragionavamo mai più in là della singola gara. L’obiettivo dev’essere solamente quello di vincere la partita in programma senza pensare ad altro. Tre punti alla volta e poi a marzo si inizia a controllare la graduatoria».