Pagina 2 | Papà Gatti, solo retroscena: “Smentito da Federico. Giuntoli? Sembravo un ebete”

TORINO - Immaginare ostriche e fiumi di champagne in casa Gatti, dopo il gol di Federico in Juventus-Napoli, fa sorridere. Quando risponde alla chiamata, il padre Ludovico ammette candidamente: «Sono al mercato, è l’unico momento che ho per fare la spesa visto che in settimana lavoro, ci possiamo sentire dopo?». Così la chiacchierata viene rimandata al pomeriggio. Le emozioni per la serata appena vissuta sono ancora vive: «Ero allo stadio, mi sono goduto il gol da vicino. E a mio figlio ho girato un pezzo di video della sua esultanza, che mi ha mandato il mio vicino di posto. Tra l’altro ha segnato nel giorno tra il compleanno della mamma e quello della fidanzata: non ha fatto torto a nessuna».

La forza della Juventus

Ludovico Gatti ha la pelle d’oca, quando riflette sul momento che sta vivendo il figlio. Emblema di una Juventus operaia. Il padre approva l’accostamento: «Sì, mi piace molto. Questa è una squadra che sta cercando di ripartire dopo anni in cui non ha vinto. Amo pensare ai giocatori che si stanno prendendo la scena: McKennie che si sta riscattando, Rabiot che fino a due anni fa veniva osteggiato da tutti e infine Bremer, che al secondo anno in bianconero sta facendo un campionato incredibile». Federico resta sullo sfondo: il papà non vuole caricarlo di eccessive responsabilità. Ma poi dice: «Quest’anno la Juventus è un blocco unico: club, staff tecnico e giocatori sono una cosa sola. Questo si vede in campo: Allegri ha fatto un lavoro enorme».

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La parola scudetto è sdoganata anche dalla famiglia Gatti: «Per la Juventus non può essere un sogno, ma un’ambizione. Ovviamente i giocatori ne parlano, ma sanno che devono volare». A proposito di Federico, il padre racconta: «In estate lo volevano un paio di club inglesi: io ho sempre pensato che quello della Premier League fosse un calcio adatto a lui. Ma mio figlio la vede diversamente: ha sempre e solo voluto la Juventus. Ha fatto benissimo, non ha mai gradito i trasferimenti contro la sua volontà, come quando il Toro a 14 anni lo diede all’Alessandria e poi quando l’Alessandria non lo ha ritenuto all’altezza».

Gatti, Stati Uniti e Malta...

Le ferite, però, hanno permesso a Gatti di diventare l’uomo del graffio di Juventus-Napoli. Ludovico snocciola un aneddoto a proposito della fame di Federico: «Ho visto Camarda debuttare a 15 anni in Serie A: mio figlio alla sua età non era proprio maturo. Era nato da attaccante, poi le tappe del suo percorso lo hanno fatto arretrare. Ha sempre avuto, però, una voglia fuori dal comune di arrivare in alto, anche quando giocava in Promozione: ha pensato pure di trasferirsi negli Stati Uniti o a Malta pur di ricominciare da zero. Pur di vivere di calcio».

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La commozione di papà Gatti

Il padre lo ha seguito quando lavorava e giocava. E racconta di un Gatti diverso: «Era stufo della sua vita, non voleva accontentarsi di fare il dilettante. Per cui lavorava, giocava e dormiva: nient’altro. Non si rilassava mai, era in perenne lotta contro se stesso. Sapeva soltanto che doveva cambiare la sua vita: ci è riuscito e non posso che ammirarlo». Una sola persona ha fatto commuovere papà Ludovico: «Il direttore Giuntoli, al momento della firma del rinnovo: ha detto delle frasi che non dimenticherò mai e che mi hanno lasciato di stucco. Davanti a lui sembravo un ebete. In quel momento ho capito il senso del percorso di Federico».

Gatti ha un riferimento. Lo svela il padre: «La fame di Djokovic: lo ammira tantissimo, soprattutto perché non è mai sazio di vittorie». Il babbo fa spallucce pure sulla fama da cattivo di Federico: «Persino uno come Scirea, che è stato un pilastro del calcio italiano, a volte doveva usare le maniere forti in campo. Ma tutto finiva lì. Oggi ci sono tante telecamere, ma io penso che la ferocia agonistica di Federico sia figlia dei suoi anni nei dilettanti: quando trovi uno più forte davanti fai di tutto per fermarlo. Se qualcuno lo accusa, non importa: mio figlio va avanti». Il segreto di Gatti è racchiuso qui.

La Juve operaia di Gatti

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La parola scudetto è sdoganata anche dalla famiglia Gatti: «Per la Juventus non può essere un sogno, ma un’ambizione. Ovviamente i giocatori ne parlano, ma sanno che devono volare». A proposito di Federico, il padre racconta: «In estate lo volevano un paio di club inglesi: io ho sempre pensato che quello della Premier League fosse un calcio adatto a lui. Ma mio figlio la vede diversamente: ha sempre e solo voluto la Juventus. Ha fatto benissimo, non ha mai gradito i trasferimenti contro la sua volontà, come quando il Toro a 14 anni lo diede all’Alessandria e poi quando l’Alessandria non lo ha ritenuto all’altezza».

Gatti, Stati Uniti e Malta...

Le ferite, però, hanno permesso a Gatti di diventare l’uomo del graffio di Juventus-Napoli. Ludovico snocciola un aneddoto a proposito della fame di Federico: «Ho visto Camarda debuttare a 15 anni in Serie A: mio figlio alla sua età non era proprio maturo. Era nato da attaccante, poi le tappe del suo percorso lo hanno fatto arretrare. Ha sempre avuto, però, una voglia fuori dal comune di arrivare in alto, anche quando giocava in Promozione: ha pensato pure di trasferirsi negli Stati Uniti o a Malta pur di ricominciare da zero. Pur di vivere di calcio».

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