Juve, talento e soldi: il serbatoio che Allegri sta sfruttando a meraviglia

Otto nati dopo il Duemila: i bianconeri si lanciano nel futuro con la nuova generazione

La Juventus, ieri sera, ha schierato otto giocatori nati dopo il 2000: Weah, Yildiz, Miretti, Iling Jr, Cambiaso, Nicolussi-Caviglia, Nonge e, sì, Vlahovic. E con una formazione in cui solo Danilo e Perin superavano i 30 anni ha schiantato il Frosinone e si è presa la semifinale di Coppa Italia che, insieme al secondo posto in campionato a due punti dall’Inter, infiocchetta l’eccellente prima parte di stagione.

E non solo la Juventus è in corsa per lo scudetto, ma sta edificando il futuro della Juventus con ragazzi della Generazione Z e tanti pezzi della seconda squadra. Cinque anni e mezzo fa, Andrea Agnelli quasi impose la nascita della Next Gen, la cui fondazione era stata resa avventurosa dai tempi strettissimi, dalla diffidenza generale e dall’ostilità di una parte della Serie C (ma non dal lungimirante Francesco Ghirelli). Federico Cherubini, insieme a un validissimo gruppo di dirigenti, si mise all’opera e piantò i semi, pazientemente coltivati nel corso dei successivi cinque anni, sempre in mezzo allo scetticismo e, addirittura, alle accuse di aver costruito una «macchina per plusvalenze».

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Il tesoro Juve

Oggi, senza quell’idea e la caparbietà delle persone che l’hanno realizzata, la Juventus affronterebbe una salita molto più impervia e la rinascita sarebbe più lenta e costosa. Mentre il calcio italiano combatte, senza grandi armi a dire il vero, contro una crisi economica e un’inferiorità finanziaria che ne sta compromettendo la competitività sul mercato, i bianconeri si godono i frutti di un albero che solo l’Atalanta (e cinque stagioni dopo), ha pensato fosse opportuno piantare.

Ci sono meno sorrisetti e meno battute sulla seconda squadra della Juventus, ultimamente, perché in quel serbatoio ci sono talento e soldi. Il primo è quello che Allegri sta meravigliosamente sfruttando in prima squadra, con scelte che eravamo abituati a invidiare al Barcellona. Il secondo è quello di cui Giuntoli potrà usufruire per fare cassa.

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Juve, Yildiz apre lo squarcio sul futuro

La lezione, per il calcio italiano, è che guardare avanti, progettare, credere nelle idee e innovare sono le uniche strade per evitare una lenta contrazione che rischia di rattrappire il movimento nel giro di qualche anno, con la Premier e la Saudi pronte a mangiarsi tutto quello che c’è sul tavolo. Ma il calcio italiano è refrattario all’innovazione, il mantenimento dello status quo e dei poteri a esso connessi, è il fine ultimo, perché non piace a nessuno, quindi va bene a tutti. Dicono, anzi tendenzialmente ce lo diciamo da soli, che noi italiani siamo molto bravi nei momenti di grande difficoltà, facendo emergere creatività, inventiva e capacità di reazione. Il nostro calcio è di fronte a uno di quei momenti. Con quali idee, invenzioni ed energia pensa di tirarsi fuori? Ieri sera, intanto, nella festa dell’onesto e diligente Milik, lo Stadium si è alzato ad applaudire Kenan Yildiz, classe 2005, che con una sforbiciata ha aperto uno squarcio sul futuro. Della Juventus.

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La Juventus, ieri sera, ha schierato otto giocatori nati dopo il 2000: Weah, Yildiz, Miretti, Iling Jr, Cambiaso, Nicolussi-Caviglia, Nonge e, sì, Vlahovic. E con una formazione in cui solo Danilo e Perin superavano i 30 anni ha schiantato il Frosinone e si è presa la semifinale di Coppa Italia che, insieme al secondo posto in campionato a due punti dall’Inter, infiocchetta l’eccellente prima parte di stagione.

E non solo la Juventus è in corsa per lo scudetto, ma sta edificando il futuro della Juventus con ragazzi della Generazione Z e tanti pezzi della seconda squadra. Cinque anni e mezzo fa, Andrea Agnelli quasi impose la nascita della Next Gen, la cui fondazione era stata resa avventurosa dai tempi strettissimi, dalla diffidenza generale e dall’ostilità di una parte della Serie C (ma non dal lungimirante Francesco Ghirelli). Federico Cherubini, insieme a un validissimo gruppo di dirigenti, si mise all’opera e piantò i semi, pazientemente coltivati nel corso dei successivi cinque anni, sempre in mezzo allo scetticismo e, addirittura, alle accuse di aver costruito una «macchina per plusvalenze».

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