Pagina 1 | Kean in missione per conto della Juve: gol per la Champions (e per l'Italia)

Il tentativo del suo gemello diverso Hans Nicolussi Caviglia di fargli apprezzare Don Chisciotte di Francesco Guccini non ha avuto grande esito. Eppure il centravanti rapper Moise Kean, che ieri ha ripreso ad allenarsi alla Continassa assieme agli altri bianconeri non impegnati con le Nazionali, sembra proprio in mezzo a un “sogno matto”, come canta il cantautore di Pavana nel brano dedicato al cavaliere della Mancha. La mattina del 29 gennaio era a Madrid, impegnato a sostenere le visite mediche per l’Atletico, a cui la Juventus lo aveva ceduto in prestito per sei mesi. Decisione con cui era più che d’accordo: non fossero bastati Vlahovic, Chiesa e Milik, l’esplosione di Yildiz aveva allargato troppo la concorrenza per uno che vuole guadagnarsi un posto nell’Italia all’Europeo. Tanto più che, archiviati ottavi e quarti di Coppa Italia mentre lui era fermo per un problema a una tibia, alla Juve restavano da giocare solo campionato e due, possibilmente tre, partite di Coppa Italia.

Proprio quel problema a una tibia è il fulcro del sogno matto di Kean, che ai medici dell’Atletico si era presentato già a riposo da un mese e mezzo: la loro prognosi sul suo rientro non collimava con i piani di Simeone e della dirigenza biancorossa, così il 30 gennaio l’operazione era saltata e Kean era tornato a Torino. «E’ stata molto dura - ha raccontato su youtube qualche settimana più tardi -. Per un momento mi sono sentito deluso. Ero con mia madre e la mia famiglia e mi sentivo di averli delusi. Ma dopo mia mamma mi ha fatto capire che la vita non si fermava lì. Devo andare avanti, sono un uomo adulto e devo prendere le mie responsabilità e lavorare duro». E così ha fatto, con vicino l’esempio del suo amico Weston McKennie, passato in pochi mesi da esubero a trascinatore.

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Kean, gol per la Juve e per l'Europeo

Risolto il problema alla tibia, Kean è tornato a disposizione due settimane fa e Allegri, che lo lanciò sedicenne nel 2016 e che tra ottobre e novembre lo aveva schierato titolare sei volte di fila, lo ha subito impiegato: 14 minuti con l’Atalanta e 8 contro il Genoa, quando il ventiquattrenne di Asti ha centrato il palo con un destro dal limite dell’area al novantesimo. Ultimo episodio sfortunato di una stagione in cui di pali ne aveva già colpito uno e in cui si era visto annullare due gol alla Drogba contro il Verona, uno per un fuorigioco di un fotogramma e l’altro per una sbracciata su Faraoni sfortunata nell’impattare proprio in faccia il gialloblù (che accentuò palesemente). Così, a primavera, Kean è ancora a secco in questa stagione, ma ecco il sogno matto: Milik infortunato, Vlahovic squalificato e alla ripresa del campionato sarà lui il centravanti della Juve all’Olimpico contro la Lazio. E con una perseveranza da Don Chisciotte si lancerà di nuovo alla ricerca del gol, di spazio in campo, di un posto all’Europeo e magari dei presupposti per un rinnovo del contratto con la Juve che scadrà nel 2025.

Sarebbe il lieto fine del sogno matto a cui Kean adesso sembra in mezzo: magari prologo a una realtà ancora più bella, quella della definitiva esplosione che insegue da quando era stato il primo classe 2000 a segnare in Serie A e il primo a esordire in Champions League. Un passo alla volta, gli direbbe e forse gli ha detto il suo gemello diverso Hans Nicolussi Caviglia - «La mia guida, quello che quando sto per dire una cavolata mi ferma» - che ieri si è allenato con lui e il gruppo dei non nazionali, Next Gen compresi. Il primo passo, appunto, verso la Lazio.

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Il tentativo del suo gemello diverso Hans Nicolussi Caviglia di fargli apprezzare Don Chisciotte di Francesco Guccini non ha avuto grande esito. Eppure il centravanti rapper Moise Kean, che ieri ha ripreso ad allenarsi alla Continassa assieme agli altri bianconeri non impegnati con le Nazionali, sembra proprio in mezzo a un “sogno matto”, come canta il cantautore di Pavana nel brano dedicato al cavaliere della Mancha. La mattina del 29 gennaio era a Madrid, impegnato a sostenere le visite mediche per l’Atletico, a cui la Juventus lo aveva ceduto in prestito per sei mesi. Decisione con cui era più che d’accordo: non fossero bastati Vlahovic, Chiesa e Milik, l’esplosione di Yildiz aveva allargato troppo la concorrenza per uno che vuole guadagnarsi un posto nell’Italia all’Europeo. Tanto più che, archiviati ottavi e quarti di Coppa Italia mentre lui era fermo per un problema a una tibia, alla Juve restavano da giocare solo campionato e due, possibilmente tre, partite di Coppa Italia.

Proprio quel problema a una tibia è il fulcro del sogno matto di Kean, che ai medici dell’Atletico si era presentato già a riposo da un mese e mezzo: la loro prognosi sul suo rientro non collimava con i piani di Simeone e della dirigenza biancorossa, così il 30 gennaio l’operazione era saltata e Kean era tornato a Torino. «E’ stata molto dura - ha raccontato su youtube qualche settimana più tardi -. Per un momento mi sono sentito deluso. Ero con mia madre e la mia famiglia e mi sentivo di averli delusi. Ma dopo mia mamma mi ha fatto capire che la vita non si fermava lì. Devo andare avanti, sono un uomo adulto e devo prendere le mie responsabilità e lavorare duro». E così ha fatto, con vicino l’esempio del suo amico Weston McKennie, passato in pochi mesi da esubero a trascinatore.

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