Koopmeiners: “Faticavo a respirare. De Ligt? Tutto vero. La Juve ha due limiti”

L’olandese svela tutto in esclusiva a Tuttosport: l’estate calda con l’Atalanta, le parole dell'ex e il nuovo ruolo di leader con Motta

Un ragazzo perbene, trasparente come il suo sguardo. Teun Koopmeiners si intrattiene per trenta minuti esatti in una sala della Continassa per questa intervista esclusiva senza alcun segnale di insofferenza, anzi. È coinvolto e intrigato a parlare del suo sogno, la Juventus. Non è un modo di dire, o la solita frase fatta. Leggere per credere. Del resto da bimbo, nel Paese dei tulipani, si immaginava già vestito di bianconero.

Buongiorno, Koopmeiners. Partiamo dalla domanda più semplice ma più importante, vista la situazione e ciò che le è successo nelle scorse settimane. Come sta?

«Sto bene, grazie».

Quanto è stato difficile e doloroso questo mese di convivenza con la costola fratturata?

«A dire la verità, è stato un po’ complesso perché è un infortunio che si sente a ogni movimento, anche respirare è stato difficile. Ho dovuto convivere con questa situazione per circa due-tre settimane e quando sei in difficoltà a ogni respiro, non è semplice. Anche dormire è stato complicato. Ho dovuto dormire sulla poltrona perché, se mi mettevo orizzontale sul letto, la pressione era maggiore e così avvertivo più dolore. Ma ora sto meglio. Sento ancora un po’ di fastidio, però adesso posso gestirlo».

Adesso possiamo dire che Koop è al 70%?

«Ah, è difficile dire in numeri come mi sento. Però ora sto molto bene a livello di mentalità. Non sono al top dal punto di vista fisico perché non ho potuto correre per circa tre settimane. Ma la testa è pronta».

E le gambe come girano dopo non aver corso per così tanto tempo?

«Non c’è male, ma guardo avanti e tutto sta migliorando con il tempo, per fortuna».

Dopo la fine del campionato scorso, oltre ai rumors sulla Juventus ce ne sono stati altri dalla Premier. L’attirava l’idea di andare in Inghilterra oppure in testa aveva solo la Juve? E perché?

«Sì, anche io sapevo che c’erano club inglesi che erano interessati a me, ma non appena ho saputo della Juventus io non ho avuto nemmeno un dubbio. Mi piace questo club dal primo momento in cui sono arrivato in Italia, ma non solo. È la più importante in Italia e nel mondo. In realtà io tifavo e seguivo la Juventus sin da quando ero bambino in Olanda. La Juve dei grandissimi campioni. Chi adoravo? Beh, Zidane! Essere qui per me è come un sogno, è quello che ho sempre inseguito da piccolo. Anche in Inghilterra ci sono belle squadre, però qui è tutto migliore: conosco il campionato, il vostro Paese che è bellissimo, le squadre da affrontare e il clima in generale».

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L'addio Atalanta e l'arrivo alla Juve

Se ripensa alla lunga attesa di agosto prima dell’ok alla cessione da parte dell’Atalanta, cosa si sente di dire? 

«Direi che tutta l’estate è stata pesante, difficile in generale come sensazioni. È stato un passaggio complicato, ma nel calcio può capitare di vivere anche questo. Se ripenso a un istante particolarmente significativo, voglio ricordare quello del viaggio in taxi da Bergamo a Torino con la mia fidanzata per raggiungere la Juventus. La sera prima avevo ricevuto la telefonata in cui mi era stato detto che tutto si era risolto. Sono andato a dormire, ma non avevo ancora metabolizzato bene la notizia. Ricordo che quando il taxi era in viaggio per Torino mi sono girato verso Rosa e le ho detto: “Finalmente!”. Ero come sollevato, come se tutta la pressione che avevo accumulato fosse andata via». 

Era triste allenarsi da solo?

«È stata una brutta situazione, ovviamente mi è spiaciuto per come è finita. Ma preferisco guardare al futuro. Il passato ce lo siamo lasciati alle spalle»

È passato da una squadra di provincia, l’Atalanta, al club top in Italia, la Juventus, che ha cambiato filosofia di gioco in questa stagione. Qual è stata la differenza maggiore che ha percepito appena è arrivato, a livello di sensazione?

«Devo dire che ho molta esperienza nel calcio, non ero mai stato qui ma conoscevo la storia della società e ci avevo giocato contro. Diciamo che quando sono arrivato, ho toccato con mano che tutto ciò che sapevo e mi aveva raccontato De Ligt era vero: dai servizi alle strutture, alla gentilezza delle persone. Davvero fantastico. Qui alla Juve è tutto bello: il primo giorno mi pareva di vivere un sogno. Lo ripeto, ho lavorato per essere qui sin da piccolo: alla mia fidanzata tante volte in passato avevo detto che il mio obiettivo sarebbe stato quello di diventare bianconero e ce l’ho fatta! Tra l’altro, vivendo in Italia, la mia ammirazione per la Juventus è pure cresciuta, per cui io ora qui sto benissimo».

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Da Gasperini a Motta

Parliamo del gioco di Motta. Quanto è diverso rispetto a quello di Gasperini e in cosa?

«Gasperini per esempio punta molto sull’ìntensità e nell’uno contro uno in ogni parte del campo, sia in attacco che in difesa. Si fanno anche esercitazioni specifiche. Con Motta abbiamo sì intensità, ma con la squadra compatta che si oppone in maniera più collettiva. Quello che stiamo facendo qui alla Juve mi ricorda ciò che facciamo in Olanda: possesso palla, intensità, voler controllare la partita, creare tante occasioni, ma anche nel modo di difendere». 

Dal punto di vista del modo di relazionarsi con la squadra, sono uguali o un po’ diversi?

«Direi che sono un po’ diversi. Ma è normale, sono due persone differenti e hanno anche un’età non simile. Con Motta e i suoi collaboratori parliamo molto su come viviamo le loro richieste e come ci troviamo nell’applicarle. Motta è molto interessato a capire il nostro feeling, anche se è deciso sul sistema. Il fatto che voglia comprendere la nostra impressione è importante».

Con Gasperini c’era meno confronto?

«Sì, lui era più un “Voglio che facciate così”. E noi dovevamo cercare di fare così».

Una parola per descrivere Gasperini e una per Motta.

«Non è facile. Intensità per Gasperini e tattica per Motta».

Entriamo nello specifico. Come cambia il suo modo di essere utilizzato qui alla Juventus rispetto a ciò che succedeva all’Atalanta?

«Adesso sono più centrocampista, a Bergamo che si giocava con un solo attaccante e io ero più offensivo. Ora anche in possesso palla devo aiutare di più quando si parte dal basso. Ma io voglio comunque continuare a fare grande pressing, assist e gol».

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Una Juve già diversa

Siete una squadra giovane sia come età che come allestimento. Avverte il fatto di rappresentare per molti calciatori baby un leader, uno a cui passare la palla se si è in difficoltà?

«Sì, voglio essere un leader, per vincere c’è bisogno di calciatori che si prendano le responsabilità. Sono stato anche io giovane e so cosa si prova quando si devono fare prestazioni super rispetto a ciò che si è abituati. Io voglio aiutare i giovani: ho più esperienza di loro e devo farlo».

A che punto siamo nel processo di crescita del calcio di Motta? In cosa siete una Juventus diversa rispetto alle primissime uscite?

«Credo siano migliorati gli automatismi. Non si possono ottenere in un giorno, puoi parlare anche 24 ore ma serve tempo e pratica per far sì che diventino naturali. Tra l’altro, ci sono molti giocatori nuovi per cui il processo di crescita non si inventa da un momento all’altro. E poi ci parliamo molto in allenamento per vedere cosa è meglio fare, se il lancio lungo in profondità piuttosto che lo scarico nel breve, dipende dalle situazioni e quindi è normale, più partite si fanno e meglio sarà. Quando tutto avverrà in velocità, saremo più efficaci e questo sarà fondamentale soprattutto nelle partite di Champions League».

La classifica rispecchia il vostro valore oppure, in realtà, per ciò che avete messo in mostra nel corso delle partite meritereste di più?

«Noi in Olanda siamo un popolo molto realista. Per cui anche se certi pareggi sono stati stretti come risultati, ormai è passato. Noi vogliamo salire in classifica e non restare al sesto posto, quindi ci impegneremo ancora di più per riuscirci».

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Gioco pure in difesa

Ha la faccia da buono. Lei è un buono o per giocare in mezzo al campo bisogna essere anche un po’ cattivelli?

«Io mi ritengo una persona buona. Ma a centrocampo non si possono fare solo belle giocate o tocchi tecnici, serve a volte un atteggiamento di guerra, da battaglia. E non dimentichiamoci che poi ci sono momenti in cui per portare a casa i tre punti occorre un atteggiamento meno bello, ma più utile».

Lei ha iniziato la carriera da difensore. Se dovesse servire per l’emergenza, se la sentirebbe di giocare una partita dietro?

«Sì, lo faccio! Sarebbe simpatico. Tre giorni fa ho detto alla mia fidanzata: “Forse dovrei dire a Motta che ho giocato per alcuni anni come difensore di sinistra”. Se la Juve fosse in difficoltà lo farei, certo. Io voglio giocare a centrocampo, ma se scattasse l’emergenza, perché no?».

È al quarto anno in Italia. Cosa l’ha sorpresa del nostro Paese rispetto all’immagine che aveva di noi quando viveva in Olanda?

«Diciamo che prima di lasciare il mio Paese ero un po’ preoccupato per tutte le novità che avrei dovuto affrontare. In realtà, dopo pochi giorni ho capito che quello che si dice dell’Italia è tutto vero. È facilissimo vivere da voi. Da punto interrogativo è diventato un punto esclamativo».

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La favorita Scudetto

Se ha mezza giornata libera, come le piace spenderla?

«Giro la città, sto conoscendo Torino insieme alla mia fidanzata. L’ultimo giorno libero che ho avuto siamo andati a visitare Palazzo Reale e poi il giardino bellissimo che c’è vicino, abbiamo pranzato lì».

Le piace viaggiare?

«Sì, tantissimo, mi piace molto, con Rosa abbiamo girato parecchio, ma non abbiamo ancora deciso dove andremo la prossima estate: con il Mondiale per club sarà ancora più difficile incastrare tutto. Siamo stati negli Stati Uniti, in molte città europee e a Cuba, davvero una bella esperienza».

Da piccolo, oltre al calcio, a cosa giocava?

«Da piccolo ho praticato tutti gli sport assieme a mio fratello. Mio papà era un professore di ginnastica. Mi ha fatto praticare basket, baseball, tennis e football americano».

Se deve vedere uno sport in tv, quale sceglie?

«Il football americano. Tifo per i San Francisco 49ers. Ma se posso, guardo anche Nba e il baseball statunitense».

Chi vede favorita per lo scudetto?

«Questo è un campionato difficile da decifrare. Però la classifica è ancora troppo corta, sono state disputate poche partite. L’Inter è forte e ha cambiato davvero molto poco. L’Atalanta può inserirsi in questa lotta, è una candidata. Ma anche il Milan che è andato a vincere sul campo del Real! La Juventus? La storia dice che si prova sempre a vincere, vediamo. Siamo una squadra nuova con tanti giovani, credo che la scelta migliore sia quella di pensare partita dopo partita».

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Il giocatore che mi ha più colpito

Qual è, al momento, il limite maggiore che ha la Juventus e sul quale state lavorando?

«Direi due aspetti: migliorare gli automatismi da una parte e dall’altra leggere al meglio i diversi momenti della partita. Non sempre si deve giocare allo stesso modo: a seconda di come sta andando il match, si deve essere in grado di interpretarlo al meglio».

Domani c’è il derby: sente arrivare il profumo del primo gol?

«Speriamo, ma non è un problema. Voglio farlo e prima o poi arriverà. La cosa più importante è che la Juventus vinca. Dopo Lille, ho detto nello spogliatoio: “Ragazzi, devo fare una tripletta prima che me ne convalidino uno!”».

I giocatori che l’hanno colpita di più tra i nuovi compagni?

«Ci sono tantissimi elementi di qualità. Devo dire che Dusan Vlahovic è un attaccante totale: può tirare forte di destro e di sinistro, è potente fisicamente. È un professionista al 100%, lo vedi per come si allena. Grandissimo anche Kenan. Yildiz ha un talento pazzesco e non ha nemmeno vent’anni. Straordinaria la sua sensibilità palla al piede, che gli permette di dribblare a piacimento. Incredibile poi il carisma di Danilo, quando parla in allenamento si avverte subito che è un leader. E non parliamo dei giovani: vestire questa maglia alla loro età non è scontato. Fortissimi anche loro».

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Un ragazzo perbene, trasparente come il suo sguardo. Teun Koopmeiners si intrattiene per trenta minuti esatti in una sala della Continassa per questa intervista esclusiva senza alcun segnale di insofferenza, anzi. È coinvolto e intrigato a parlare del suo sogno, la Juventus. Non è un modo di dire, o la solita frase fatta. Leggere per credere. Del resto da bimbo, nel Paese dei tulipani, si immaginava già vestito di bianconero.

Buongiorno, Koopmeiners. Partiamo dalla domanda più semplice ma più importante, vista la situazione e ciò che le è successo nelle scorse settimane. Come sta?

«Sto bene, grazie».

Quanto è stato difficile e doloroso questo mese di convivenza con la costola fratturata?

«A dire la verità, è stato un po’ complesso perché è un infortunio che si sente a ogni movimento, anche respirare è stato difficile. Ho dovuto convivere con questa situazione per circa due-tre settimane e quando sei in difficoltà a ogni respiro, non è semplice. Anche dormire è stato complicato. Ho dovuto dormire sulla poltrona perché, se mi mettevo orizzontale sul letto, la pressione era maggiore e così avvertivo più dolore. Ma ora sto meglio. Sento ancora un po’ di fastidio, però adesso posso gestirlo».

Adesso possiamo dire che Koop è al 70%?

«Ah, è difficile dire in numeri come mi sento. Però ora sto molto bene a livello di mentalità. Non sono al top dal punto di vista fisico perché non ho potuto correre per circa tre settimane. Ma la testa è pronta».

E le gambe come girano dopo non aver corso per così tanto tempo?

«Non c’è male, ma guardo avanti e tutto sta migliorando con il tempo, per fortuna».

Dopo la fine del campionato scorso, oltre ai rumors sulla Juventus ce ne sono stati altri dalla Premier. L’attirava l’idea di andare in Inghilterra oppure in testa aveva solo la Juve? E perché?

«Sì, anche io sapevo che c’erano club inglesi che erano interessati a me, ma non appena ho saputo della Juventus io non ho avuto nemmeno un dubbio. Mi piace questo club dal primo momento in cui sono arrivato in Italia, ma non solo. È la più importante in Italia e nel mondo. In realtà io tifavo e seguivo la Juventus sin da quando ero bambino in Olanda. La Juve dei grandissimi campioni. Chi adoravo? Beh, Zidane! Essere qui per me è come un sogno, è quello che ho sempre inseguito da piccolo. Anche in Inghilterra ci sono belle squadre, però qui è tutto migliore: conosco il campionato, il vostro Paese che è bellissimo, le squadre da affrontare e il clima in generale».

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