Cambiaso, quello che non hai visto: cos’è successo dopo Lecce-Juve

Gioie e dolori per il jolly bianconero: serata in chiaroscuro tra incursioni, il gol segnato e la palla persa dell’1-1

Montagne russe da iperattività che ti permette di fare e che ti spinge a disfare: è la sintesi della partita di Andrea Cambiaso, uno che come fai a discuterlo, uno che spesso ti tira fuori dai guai ma che capita la combini grossa quando ormai i tre punti a Lecce sembravano cosa fatta, epitaffio di una gara appunto in altalena tra cose belle e rischi da eccesso di fiducia per eccesso di stanchezza. Sì, a forza di tirare la carretta te lo meriti un premio, una soddisfazione, foss’anche grazie al piedone di Gaspar che trasforma in fatale un tiro normale. Soddisfazione meritata per uno che non fa differenza di ruoli e posizioni, che contrasta e attacca, che gestisce e imposta. Uno, appunto, come Andrea Cambiaso. Di nuovo il coltellino svizzero multiuso che tra gli attrezzi in dotazione comprende anche l’apriscatole con cui aprire le partite più malmostose e complicate.

Cambiaso, dalla gioia allo sconforto

Era capitato, con le sue fughe eretiche che avevano permesso di rimettere in sesto la gara a Lilla in Champions e, prima, di sbloccare quella in campionato nel derby contro il Torino. Il gol del difensore ha rappresentato il picco di una gara in cui ha confermato una straordinaria duttilità e una sempre maggior consapevolezza di se stesso. A volte perfino troppa, al punto tale che lo spinge a strafare in eccessi di sicurezza come quando ha cercato di controllare una palla in area mettendo in difficoltà Perin sul pressing avversario. Ma che gli permette di “vedere” corridoi eccitanti come quello con cui ha innescato Yildiz nel primo tempo o la malizia con cui sa disinnescare gli avversari nei momenti delicati.

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Juve, tutti a consolare Cambiaso

Poi, ecco, c’è il picco dell’errore con cui ha innescato il contropiede fatale del Lecce nel recupero. La generosità, appunto, perché ha cercato comunque di puntare gli avversari nonostante si fosse a un soffio dalla fine, ma anche la mancanza di lucidità perché è un’abitudine che andrebbe un poco riscoperta, quella di saper gestire i “due momenti” delle partite. E in quel momento lì, ecco, non era proprio il caso di provare a fare l’eroe. Poi sì, vabbè, quella palla lì lui l’ha persa sulla tre quarti avversaria e gli altri ci hanno dormito parecchio su, quando è stato il momento di leggere la ripartenza del Lecce sia in avvio sia nella fase finale, e fatale, dell’azione. Ma la palla persa da Cambiaso resta impressa negli occhi e non è un caso che dopo il fischio finale i compagni siano andati a consolarlo, mentre lui ciondolava per il campo con gli occhi bassi. Perché sì: l’errore c’è tutto, ma come fai a prendertela con uno che non si tira mai indietro, che offre la disponibilità totale per ricoprire qualsiasi ruolo in cui Motta gli chieda di giocare. Anche a Lecce, del resto, è passato dalla fascia sinistra di difesa a quella destra senza alzare bandiera bianca quando il tecnico permetteva agli altri di rifiatare con i cambi. E durante la partita non ha mai rinunciato agli ormai tradizionali inserimenti in mezzo al campo per determinare la superiorità numerica o la salita in fascia per cercare il dialogo con Yildiz. Insomma, e in definitiva: come fai a prendertela con uno come Andrea Cambiaso?

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Montagne russe da iperattività che ti permette di fare e che ti spinge a disfare: è la sintesi della partita di Andrea Cambiaso, uno che come fai a discuterlo, uno che spesso ti tira fuori dai guai ma che capita la combini grossa quando ormai i tre punti a Lecce sembravano cosa fatta, epitaffio di una gara appunto in altalena tra cose belle e rischi da eccesso di fiducia per eccesso di stanchezza. Sì, a forza di tirare la carretta te lo meriti un premio, una soddisfazione, foss’anche grazie al piedone di Gaspar che trasforma in fatale un tiro normale. Soddisfazione meritata per uno che non fa differenza di ruoli e posizioni, che contrasta e attacca, che gestisce e imposta. Uno, appunto, come Andrea Cambiaso. Di nuovo il coltellino svizzero multiuso che tra gli attrezzi in dotazione comprende anche l’apriscatole con cui aprire le partite più malmostose e complicate.

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Era capitato, con le sue fughe eretiche che avevano permesso di rimettere in sesto la gara a Lilla in Champions e, prima, di sbloccare quella in campionato nel derby contro il Torino. Il gol del difensore ha rappresentato il picco di una gara in cui ha confermato una straordinaria duttilità e una sempre maggior consapevolezza di se stesso. A volte perfino troppa, al punto tale che lo spinge a strafare in eccessi di sicurezza come quando ha cercato di controllare una palla in area mettendo in difficoltà Perin sul pressing avversario. Ma che gli permette di “vedere” corridoi eccitanti come quello con cui ha innescato Yildiz nel primo tempo o la malizia con cui sa disinnescare gli avversari nei momenti delicati.

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