Sei ore da non perdere per ricordare
Ricordare. Per mille ragioni, una più nobile dell’altra. Perché se è vero che la vita è oggi, ieri e domani sono le parentesi dentro cui poter disegnare e colorare il presente. Lo scrittore francese dell’800, Guy de Maupassant, diceva “La nostra memoria è un mondo più perfetto di quanto lo sia l’universo: restituisce la vita a coloro che non esistono più”. Eccola, forse, la ragione principale per cui ricordare fa bene non solo al cervello ma anche all’anima. Ragione e cuore. Queste le riflessioni che aiutano a comprendere perché scegliere di guardare su Sky Sport, a partire da questa mezzanotte, la docuserie inedita per l’Italia “Heysel. La tragedia”, basata sull’opera di Jean Philippe Leclaire, vicedirettore de L’Equipe, realizzata con il documentarista Eddy Pizzardini per la regia di Jan Verheyen. Per celebrare i 40 anni della tragedia in cui morirono 39 persone allo stadio di Bruxelles (32 italiani) prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, Sky Sport ha scelto di trasmettere questa “opera omnia” che si sviluppa in sei puntate di poco meno di un’ora l’una: dal racconto di cronaca, alle testimonianze dei sopravvissuti, dei familiari delle vittime, i tifosi inglesi, gli avvocati i magistrati e alcuni giocatori: per i Reds Lawrenson e Lee, per i bianconeri Tacconi, Brio e Briaschi.
Ricordare per non dimenticare
Nel primo episodio si descrive il fenomeno hooligans, l’arrivo a Bruxelles dei tifosi inglesi e italiani, le prime avvisaglie di negligenza degli organizzatori e la condizione fatiscente dello stadio, col settore Z che passa da zona neutrale a settore riservato quasi esclusivamente ai tifosi della Juve fino al crollo del muro. Nella seconda puntata protagonista è la tragedia, la confusione totale che avvolge le forze dell’ordine e le istituzioni e la criminale superficialità. Quindi la reazione dei giocatori, dei vertici UEFA, dei funzionari della Federazione belga e dei politici. Il terzo episodio parte dal fischio d’inizio della partita e racconta il clima surreale in cui la sfida si svolge, con i giocatori in campo mentre fuori si compie la conta dei morti. Spazio quindi all’analisi per capire cosa non ha funzionato, il rientro a casa dei tifosi inglesi con i primi arresti tra gli hooligans. La quarta puntata è incentrata sull’analisi delle responsabilità: le autorità belga che scaricano la colpa sui tifosi inglesi, e i tifosi inglesi che danno la colpa alle autorità. Le prime fasi del processo e la nascita dell’associazione in memoria delle vittime voluta da Otello Lorentini, che poi si costituisce parte civile. L’episodio si chiude con la prima udienza del processo. La penultima puntata è dedicata al processo contro gli hooligans e i vertici dell’Uefa e della Federazione belga. Nel sesto e ultimo episodio si elabora il concetto di perdono e di espiazione e descrive le iniziative avviate per ricordare le vittime. Approfondisce l’impegno di Otello Lorentin e di suo nipote Andrea, racconta l’incontro tra Terry Wilson, il tifoso del Liverpool condannato, la famiglia Lorentin, e la storia del tifoso-eroe John Welsh, che salvò dalla calca sette tifosi della Juve. Il racconto si sofferma anche su come la violenza nel calcio non sia stata debellata ma di come la tragedia dell’Heysel abbia comunque contribuito a migliorare la situazione negli stadi. Sei ore di docuserie per ricordare: serve!
