"Non ho mai smesso di pensare calcio... Non ho mai perso il senso di appartenenza al mio mondo". Non “al” calcio, ma pensare calcio, complemento oggetto. E Fabio Paratici da oggi è di nuovo libero di “fare calcio” non solo di pensarlo, che quello ha continuato a farlo senza soluzione di continuità. Scade la sua squalifica, sì quella delle plusvalenze, quella per la quale, insieme ad Andrea Agnelli, Federico Cherubini e Maurizio Arrivabene, ha pagato per tutti. O ha pagato per niente. Scegliete voi. Perché: o le plusvalenze non si possono fare (e allora la lista di quelli che avrebbero dovuto fare la fine di Paratici sarebbe lunghissima) o le plusvalenze si possono fare (e allora va spiegato perché un gruppo di dirigenti è stato punito in modo severo e con un processo sommario).
Paratici, la squalifica scontata
Fabio Paratici, da oggi, è un uomo libero di svolgere il suo lavoro che, en passant, sarebbe uno dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ha scontato tutta la squalifica, non ha usufruito di condoni, perdoni o affini di cui hanno usufruito altri dirigenti in passato, anche per condanne più gravi e per violazioni più esecrabili. E quella condanna è stata uno stigma che gli ha impedito, per esempio, di diventare il nuovo ds del Milan (e chissà cosa ne penserà di questo la Corte Europea dei Diritto dell’Uomo quando esaminerà il ricorso). E, a distanza di trenta mesi, può anche avere la soddisfazione di conoscere il perché è stato punito, visto che, nel frattempo, per la stessa violazione, NESSUNO è stato condannato. Non i dirigenti che facevano le plusvalenze con lui, né quelli che le plusvalenze le facevano come lui o peggio di lui, vedi il caso Osimhen per il quale sono stati lasciate scadere i termini (ma dai?). Il fatto che solo Paratici, Agnelli, Cherubini e Arrivabene abbiamo pagato non rende quanto meno concreta l’ipotesi che sia stata una manovra politica per colpire chi, Agnelli, aveva messo in piede una competizione alternativa alla Champions.
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