Vieira esplode sullo scudetto a tavolino Inter: "La mia Juve più forte di tutti, il titolo è nostro"

Il tecnico del Genoa torna sullo scandalo Calciopoli: "Lasciai i bianconeri perché non potevo andare con loro in B dopo un anno. Ma sul campo i più forti eravamo noi"
Vieira esplode sullo scudetto a tavolino Inter: "La mia Juve più forte di tutti, il titolo è nostro"

Senza peli sulla lingua Patrick Vieria. L'attuale allenatore del Genoa vinse da calciatore, con la Juve di Fabio Capello, lo Scudetto del 2006, titolo poi revocato e assegnato a tavolino all'Inter. E proprio ai nerazzurri si accasò il francese dopo la retrocessione in B dei bianconeri. Ma nonostante ciò, ancora oggi, Vieira rivendica con forza il titolo vinto sul campo con la Juventus. L'ex centrocampista ha poi svelato il motivo per cui decise di andare via da Torino a differenza di altri come Buffon (che proprio in questi giorni ha parlato della questione Scudetti e Calciopoli), Trezeguet e Del Piero, spiegando anche la scelta di accasarsi proprio all'Inter.

Vieria: "Juve, lo Scudetto 2006 va contato!"

A margine del Festival dello Sport a Trento, Vieira ha raccontato: "Se la mia Juve era più forte dell'Arsenal in cui ho giocato? Domanda complicata, la Juventus di quel periodo era fortissima. Credo che nella finale Mondiale del 2006 la metà dei giocatori fossero bianconeri: stavo molto bene a Torino, mi è dispiaciuto andarmene, ma per ciò che è accaduto son dovuto andare via".

Quando gli viene chiesto se ha mai pensato di rimanere in B coi bianconeri, la risposta è netta: "No. Il motivo? Non volevo giocare in Serie B. Inoltre io ero arrivato da un solo anno: Buffon, Trezeguet e gli altri erano legati da più tempo al club. Io non volevo rimanere soltanto per motivazioni sportive, perché non volevo giocare in B. Ebbi l'opportunità di andare all'Inter e decisi di accettare. Sono andato in un club poco amato dagli juventini? Il calcio purtroppo è fatto di scelte, e scelsi di fare così". Quando a Vieira viene chiesto se sente suo il titolo del 2006, risponde così: "Tu pensi che non lo sento mio? E invece sì! Bisogna contarlo perché eravamo i più forti e abbiamo vinto sul campo, concentrandoci esclusivamente sul campo. Tutto il resto era difficile da controllare per noi".

La parentesi all'Inter

Poi ci fu il trasferimento all'Inter: "Arrivai nel momento giusto, c'era Mancini e c'erano tanti calciatori con fame di vittorie, che volevano portare la società ad un altro livello. Giocatori come Stankovic, Zanetti, poi ho avuto la fortuna di giocare con Figo". Vieira in panchina ha avuto Mancini, come detto, e Mourinho: "Mancini era uno che seguiva sempre da vicino i suoi giocatori. Aveva le idee ben definite sul tipo di gioco che voleva proporre con la squadra, ed era molto preparato dal punto di vista tattico. Ci dava la possibilità di assumerci responsabilità in campo, ci lasciava la libertà di scegliere, di decidere. Questo era un aspetto fondamentale".

E ancora: "Mourinho, invece, era il più competente di tutti. A livello tattico e nella gestione del gruppo, era impeccabile: aveva sempre piano A, B e C: i giocatori erano perfettamente consapevoli di cosa dovevano fare. Se ho mai avuto contrasti con lui? Non abbiamo mai litigato, ma non ero uno di quelli che giocava di più, e per uno abituato a vincere non è semplice accettare certe scelte. Ci sono stati un paio di confronti tra noi, forse due o tre. La cosa positiva di Mourinho è che è sempre diretto, non gira intorno alle cose. Poi sta a te accettare ciò che ti dice, perché anche se fa male, è la verità. C’erano giocatori come Cambiasso, Stankovic, Motta e altri che facevano un grande lavoro per il gruppo, e per me non era facile da digerire. Ma ora che mi trovo dall’altra parte, comprendo meglio tutto".

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus

"Testata di Zidane? Materazzi è... Materazzi"

Non manca anche una parentesi sul Mondiale del 2006, dove la sua Francia perse ai rigori contro l'Italia. L'episodio che tutti ricordano, ovviamente, il rosso a Zidane per la testata su Materazzi: "Ero in panchina e non ho visto direttamente cosa fosse accaduto. Più tardi, parlando con Zidane, devo ammettere che non meritava di chiudere la carriera in quel modo, soprattutto in una finale. In campo, purtroppo, ci sono momenti in cui si può perdere il controllo. E poi, Materazzi è Materazzi (ride, ndr). Se io e Marco abbiamo mai parlato dell’episodio della testata? No, mai affrontato quell’argomento. Quando sono arrivato all’Inter, ho avuto modo di conoscerlo meglio e ho scoperto una persona molto diversa da come può sembrare dall’esterno. È davvero divertente, una persona straordinaria. Fuori dal campo è un Marco completamente differente. È sorprendente che dopo vent’anni lui e Zidane non si siano ancora chiariti? Sì, è strano. In ogni caso, non saprei dire se in undici contro undici avremmo vinto. L’Italia era ben organizzata e sapeva come resistere. Una volta arrivati ai tempi supplementari, penso che l’obiettivo dell’Italia fosse portare la partita ai rigori".

Genoa, il ko con la Lazio e Norton-Cuffy

Poi si torna all'attualità e al suo Genoa: "Vedendo la classifica si può dire che siamo in ritardo sotto l'aspetto dei punti, ma si deve dare uno sguardo complessivo: ci sono i punti ma c'è anche il gioco, e abbiamo tenuto testa a tutte meritando più di quanto raccolto. Poi c'è la stabilità del progetto: abbiamo le idee chiare con proprietà e dirigenza su ciò che vogliamo fare". Ma cosa è successo con la Lazio, col ko per 0-3? "Capita di sbagliare una partita, tatticamente abbiamo perso un po' della nostra struttura. La Lazio, viste le nostre mancanze e la qualità che ha, ci ha messo in difficoltà. Quella gara ci ha lasciato però un messaggio, ovvero che l'equilibrio di squadra è importante: nella partita successiva col Napoli si è visto". Non manca una battuta su Norton-Cuffy, giovane talento del Genoa che sta già facendo stropicciare gli occhi alle big come la Juve: "L'Europeo U21 lo ha fatto crescere in fiducia: nel suo ruolo oggi è tra i più bravi in Italia".

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Senza peli sulla lingua Patrick Vieria. L'attuale allenatore del Genoa vinse da calciatore, con la Juve di Fabio Capello, lo Scudetto del 2006, titolo poi revocato e assegnato a tavolino all'Inter. E proprio ai nerazzurri si accasò il francese dopo la retrocessione in B dei bianconeri. Ma nonostante ciò, ancora oggi, Vieira rivendica con forza il titolo vinto sul campo con la Juventus. L'ex centrocampista ha poi svelato il motivo per cui decise di andare via da Torino a differenza di altri come Buffon (che proprio in questi giorni ha parlato della questione Scudetti e Calciopoli), Trezeguet e Del Piero, spiegando anche la scelta di accasarsi proprio all'Inter.

Vieria: "Juve, lo Scudetto 2006 va contato!"

A margine del Festival dello Sport a Trento, Vieira ha raccontato: "Se la mia Juve era più forte dell'Arsenal in cui ho giocato? Domanda complicata, la Juventus di quel periodo era fortissima. Credo che nella finale Mondiale del 2006 la metà dei giocatori fossero bianconeri: stavo molto bene a Torino, mi è dispiaciuto andarmene, ma per ciò che è accaduto son dovuto andare via".

Quando gli viene chiesto se ha mai pensato di rimanere in B coi bianconeri, la risposta è netta: "No. Il motivo? Non volevo giocare in Serie B. Inoltre io ero arrivato da un solo anno: Buffon, Trezeguet e gli altri erano legati da più tempo al club. Io non volevo rimanere soltanto per motivazioni sportive, perché non volevo giocare in B. Ebbi l'opportunità di andare all'Inter e decisi di accettare. Sono andato in un club poco amato dagli juventini? Il calcio purtroppo è fatto di scelte, e scelsi di fare così". Quando a Vieira viene chiesto se sente suo il titolo del 2006, risponde così: "Tu pensi che non lo sento mio? E invece sì! Bisogna contarlo perché eravamo i più forti e abbiamo vinto sul campo, concentrandoci esclusivamente sul campo. Tutto il resto era difficile da controllare per noi".

La parentesi all'Inter

Poi ci fu il trasferimento all'Inter: "Arrivai nel momento giusto, c'era Mancini e c'erano tanti calciatori con fame di vittorie, che volevano portare la società ad un altro livello. Giocatori come Stankovic, Zanetti, poi ho avuto la fortuna di giocare con Figo". Vieira in panchina ha avuto Mancini, come detto, e Mourinho: "Mancini era uno che seguiva sempre da vicino i suoi giocatori. Aveva le idee ben definite sul tipo di gioco che voleva proporre con la squadra, ed era molto preparato dal punto di vista tattico. Ci dava la possibilità di assumerci responsabilità in campo, ci lasciava la libertà di scegliere, di decidere. Questo era un aspetto fondamentale".

E ancora: "Mourinho, invece, era il più competente di tutti. A livello tattico e nella gestione del gruppo, era impeccabile: aveva sempre piano A, B e C: i giocatori erano perfettamente consapevoli di cosa dovevano fare. Se ho mai avuto contrasti con lui? Non abbiamo mai litigato, ma non ero uno di quelli che giocava di più, e per uno abituato a vincere non è semplice accettare certe scelte. Ci sono stati un paio di confronti tra noi, forse due o tre. La cosa positiva di Mourinho è che è sempre diretto, non gira intorno alle cose. Poi sta a te accettare ciò che ti dice, perché anche se fa male, è la verità. C’erano giocatori come Cambiasso, Stankovic, Motta e altri che facevano un grande lavoro per il gruppo, e per me non era facile da digerire. Ma ora che mi trovo dall’altra parte, comprendo meglio tutto".

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