La spedizione è costata 45 milioni di euro. Il reso, no, non è previsto. Non ci sono possibilità di ripensamenti, non esiste un modo per congelare un investimento di fatto già perfezionato. Lois Openda non è ancora di proprietà bianconera, ma è come se lo fosse già. Il retroscena sul suo approdo a Torino, in particolare sulla formula che ha permesso al belga di firmare per la Juventus, è legato alle condizioni del suo riscatto. I 3 milioni di euro per il prestito oneroso sono già stati versati, i 42 milioni per il riscatto sono poco più di una formalità. Già, perché basterà semplicemente il raggiungimento della salvezza per rendere Openda bianconero al 100%. Una condizione banale, semplicissima, che sarà realtà nei mesi invernali. Gli accordi col Lipsia sono questi. Non sussistono, dunque, vincoli legati alle presenze o al raggiungimento di obiettivi singoli o di squadra più ambiziosi della permanenza in Serie A. La chiave per la Juve, di fatto, era semplicemente prendere Openda (firmerà un contratto fino a giugno 2030) ottenendo una condizione vantaggiosa per il pagamento.
Openda, la scelta di Comolli
Così Damien Comolli, dopo la fumata nera per Randal Kolo Muani del Psg, ha scelto di virare sul belga. Un profilo internazionale. Con numeri più che soddisfacenti alla vista: le operazioni di sfoglio del curriculum - Openda vanta 33 gol in Bundesliga, 28 in Eredivisie, 21 in Ligue 1, 8 tra Champions League e Conference League e 3 reti con la Nazionale maggiore belga - hanno convinto la Juve a puntare su di lui. Investendo una cifra considerevole: 45 milioni non sono pochi, nel contesto del mercato italiano. Proprio per questo andranno salvaguardati ad ogni costo. Dilapidare una spesa così ingente sarebbe un delitto. Un lusso che la Juve non si può permettere. Finora, però, l’impatto di Openda è stato nullo.
