TORINO - Luciano Spalletti ci crede. Crede che una Juventus diversa sia possibile. Crede che il mercato possa portare frutti interessanti. Crede, soprattutto, che questa versione bianconera sia addirittura vincente. O almeno sulla buona strada per diventarlo. Crede che David sia l’attaccante ideale, che Openda possa cambiare il volto offensivo, che con Thuram abbia copertura e inserimenti, che con Locatelli possa comunque lavorare e che la difesa - aggiungendo Bremer - sia potenzialmente da prima della classe. Crede in tutto questo, sì. E crede più di tutti nella missione quarto posto: gli è stata affidata formalmente ieri da Damien Comolli, dopo un paio di giorni di trattative e l’ultimo di colloquio. Conoscitivo, chiaro. Però anche di allineamento: al centro del dibattito, portato avanti con Giorgio Chiellini, la necessità di condivere il significato più profondo della Juve. Di questa Juve. E la visione non era diversa, anzi: l’ex ct ha condiviso le ambizioni di vittoria, e l’ha fatto nel momento più duro, quello in cui sarebbe facile essere più pragmatici e meno programmatici.
Cosa chiede la Juve a Spalletti
Lucio però è così: ha bisogno di sognare. E ha fiducia nel suo metodo, come nel gruppo: per questo ha accettato un contratto di otto mesi, con opzione di rinnovo automatico in caso di qualificazione in Champions. Un modo per dire, e dirsi, di essere il primo a essere in discussione. Un atto da condottiero e non da capo. Al pari dei ragazzi, con i quali dovrà condividere un percorso fatto di ostacoli, pressioni, supposizioni e inevitabili paure, il cui traguardo però è la gioia di un obiettivo centrato. Che è l’unica cosa che conta. Che è stata la prima richiesta pure da parte della società, nell’incontro avuto a Milano nel primo pomeriggio e dopo una mattina trascorsa tra telecamere, domande e obblighi commerciali: raggiungere l’Europa, farlo possibilmente senza patemi e sfruttando a fondo (e meglio) la rosa messa a disposizione. Lucio ha sorriso a ogni richiesta: le sentiva sue, ognuna.
