Juventini, cinque vale più di centodue?

La questione Tether ha diviso i tifosi, ma merita una riflessione più approfondita

Ci sono dei numeri che non tornano nel sentimento del popolo bianconero degli ultimi giorni. Come possono, infatti, cinque anni essere più grandi, valere più di centodue? Come può un secolo di incondizionata passione, di moltissimo denaro speso, di orgoglioso senso di appartenenza della famiglia Agnelli per la Juventus essere anche solo scalfito da cinque anni di rendimento deludente? Aver scritto la storia non esime dall’avere massima cura del presente e non è un rifugio dalle critiche, ma ci deve essere proporzione, anche solo aritmetica, in qualsiasi ragionamento. Il fatto che ci sia una fetta, non si capisce quanto spessa, di tifosi della Juventus che sperano che Tether riesca a strappare la società a Exor non è un fatto di cui scandalizzarsi, perché la libertà del tifoso è sovrana. Tuttavia merita una riflessione il fatto curioso che il geniale Paolo Ardoino, comparso sulla scena mondiale della finanza appena undici anni fa, sembri offrire maggiori garanzie rispetto alla famiglia Agnelli, da oltre un secolo padrona della Juve. Elkann non gode di grande popolarità presso molti tifosi bianconeri. Paga, senza dubbio, l’essere associato a Calciopoli, ai difficili anni che ne sono seguiti, e una comunicazione algida. Aver associato la propria immagine alle disgrazie sportive della Juventus negli ultimi vent’anni è senza dubbio controproducente. Ma c’è un difetto di percezione in questo ragionamento: John Elkann ha rappresentato la proprietà anche durante il ciclo dei nove scudetti. Sono cambiati i manager: alcuni azzeccati (Marotta, per esempio, è una sua scelta), altri no.

La sindrome della bacchetta magica

Certo, la presidenza del cugino Andrea, altro membro della famiglia, ha giustamente spostato il focus su di lui, ma tecnicamente non ha cambiato il ruolo di Elkann: proprietà era, proprietà è rimasta. E, in quanto tale, non può rappresentare tutto il bene o tutto il male della Juventus. Ma qui ci addentriamo in una delle più gravi patologie che affligge oggi il pensiero della gente: la disabitudine alla complessità delle cose che spinge le persone verso le soluzioni semplicistiche. E cosa c’è di più semplice di trovare un colpevole, imputargli tutti i problemi e, condannando lui, avere l’illusione di liberarsi anche dei problemi stessi? Rimanendo in ambito juventino, è successo con Allegri, che nel suo ultimo anno rappresentava il “male assoluto”, tanto che l’esonero è stato vissuto come la liberazione. Salvo, tre anni dopo, ritrovarsi con i medesimi problemi sul campo. Quindi Allegri, che pure aveva senza dubbio delle colpe, non era il male assoluto e non bastava cacciare lui. Oggi, il perverso giochino si applica su Elkann con l’idea che l’avvento di Ardoino e Tether possa rilanciare una nuova età dell’oro juventina. È la sindrome della bacchetta magica, l’idea, un po’ pigra, che una sola mossa sblocchi e risolva tutto.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus
 

Elkann e quel carisma dell'Avvocato

Solo che cambiare un allenatore ha un impatto relativo, cambiare la proprietà ne può avere uno esiziale. Quindi, ricordare la storia e chi ha contribuito fattivamente a scriverla aiuta a ragionare con più lucidità sul futuro e, magari, evitare di imboccare la strada sbagliata. Questo non significa assolutamente che Tether sia una strada sbagliata, perché potrebbe essere realmente quella che riporta alla gloria la Juve. Ma il prezzo da pagare in caso contrario può essere enorme. La Juve da cinque anni stenta, accumula errori, stratifica rivoluzioni fallite. È già successo nella storia e la proprietà era rappresentata da Gianni Agnelli, figura mitologica ai limiti della divinità, ma dal 1986 al 1994 (quando poi passò la Juve al fratello Umberto) passarono nove anni senza scudetto. Insomma, con la prospettiva della storia, cinque anni sono pochi. Il problema semmai è il carisma dell’Avvocato e la sua ammaliante capacità comunicativa che John Elkann non possiede. Non è un dettaglio in un’industria, quella del calcio, che - in fondo - vende o regala o spaccia (decidete voi) emozioni. Ma l’antipatia, giustificata o meno, per Elkann vale il rischio di archiviare centodue anni di costante sostegno economico e morale, che rappresentano oggi uno dei valori del club, unico al mondo a non aver mai cambiato proprietà da un secolo? Ogni tifoso, nel suo cuore, ha la risposta.

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Ci sono dei numeri che non tornano nel sentimento del popolo bianconero degli ultimi giorni. Come possono, infatti, cinque anni essere più grandi, valere più di centodue? Come può un secolo di incondizionata passione, di moltissimo denaro speso, di orgoglioso senso di appartenenza della famiglia Agnelli per la Juventus essere anche solo scalfito da cinque anni di rendimento deludente? Aver scritto la storia non esime dall’avere massima cura del presente e non è un rifugio dalle critiche, ma ci deve essere proporzione, anche solo aritmetica, in qualsiasi ragionamento. Il fatto che ci sia una fetta, non si capisce quanto spessa, di tifosi della Juventus che sperano che Tether riesca a strappare la società a Exor non è un fatto di cui scandalizzarsi, perché la libertà del tifoso è sovrana. Tuttavia merita una riflessione il fatto curioso che il geniale Paolo Ardoino, comparso sulla scena mondiale della finanza appena undici anni fa, sembri offrire maggiori garanzie rispetto alla famiglia Agnelli, da oltre un secolo padrona della Juve. Elkann non gode di grande popolarità presso molti tifosi bianconeri. Paga, senza dubbio, l’essere associato a Calciopoli, ai difficili anni che ne sono seguiti, e una comunicazione algida. Aver associato la propria immagine alle disgrazie sportive della Juventus negli ultimi vent’anni è senza dubbio controproducente. Ma c’è un difetto di percezione in questo ragionamento: John Elkann ha rappresentato la proprietà anche durante il ciclo dei nove scudetti. Sono cambiati i manager: alcuni azzeccati (Marotta, per esempio, è una sua scelta), altri no.

La sindrome della bacchetta magica

Certo, la presidenza del cugino Andrea, altro membro della famiglia, ha giustamente spostato il focus su di lui, ma tecnicamente non ha cambiato il ruolo di Elkann: proprietà era, proprietà è rimasta. E, in quanto tale, non può rappresentare tutto il bene o tutto il male della Juventus. Ma qui ci addentriamo in una delle più gravi patologie che affligge oggi il pensiero della gente: la disabitudine alla complessità delle cose che spinge le persone verso le soluzioni semplicistiche. E cosa c’è di più semplice di trovare un colpevole, imputargli tutti i problemi e, condannando lui, avere l’illusione di liberarsi anche dei problemi stessi? Rimanendo in ambito juventino, è successo con Allegri, che nel suo ultimo anno rappresentava il “male assoluto”, tanto che l’esonero è stato vissuto come la liberazione. Salvo, tre anni dopo, ritrovarsi con i medesimi problemi sul campo. Quindi Allegri, che pure aveva senza dubbio delle colpe, non era il male assoluto e non bastava cacciare lui. Oggi, il perverso giochino si applica su Elkann con l’idea che l’avvento di Ardoino e Tether possa rilanciare una nuova età dell’oro juventina. È la sindrome della bacchetta magica, l’idea, un po’ pigra, che una sola mossa sblocchi e risolva tutto.

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