"Non sono tanto le plusvalenze, la roba grave è la manovra stipendi". Quante volte abbiamo sentito questa frase, pronunciata con l’espressione scandalizzata di chi si riferisce a pratiche indicibili, crimini che signora mia dove andremo a finire. Roba brutta, insomma. Poi arrivano le motivazioni della sentenza d’appello che ha scontato da 16 a 10 mesi l’inibizione di Andrea Agnelli e scopriamo che, in fondo, a considerare bene le cose, a soppesare con cura le circostanze, le due manovre stipendi non erano poi così gravi.
Certo "non possono essere giustificate" e rappresentano una "violazione", però Mario Luigi Torsello e Sergio della Rocca della Corte Federale d’Appello riflettono su una serie di fattori. Per esempio, il fatto che quelle manovre sono state pensate e attuate nel momento più folle della storia recente del pianeta, quello della pandemia di Covid: "In primo luogo, il ricordato contesto storico durante il quale si sono verificati i fatti addebitati: nel 2020, in piena pandemia da Covid-19 e in un periodo di lock down totale e, nel 2021, con la ripresa della pandemia non ai livelli del precedente anno, ma, pur sempre con caratteristiche preoccupanti. Si è quindi venuta a determinare una riduzione drastica dei ricavi, in costanza del mantenimento di costi elevati, che hanno indotto la Lega Calcio serie A e tutte le società sportive ad assumere provvedimenti relativamente alle retribuzioni dei calciatori".
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