Lazio, Sarri è un buon Chianti. Il meglio lo dà sempre nel tempo

Lazio, Sarri è un buon Chianti. Il meglio lo dà sempre nel tempo© canoniero

Per dirla con Alberto Arbasino, Maurizio Sarri è diventato un venerato maestro senza essere mai stato né solito stronzo, né giovane promessa, visto che è arrivato in A dopo il mezzo secolo di vita. Citazioni a parte, che gli strapperanno un sorriso da appassionato lettore qual è, specie di Bukovski, Sarri è probabilmente la notizia più importante di questa prima parte di stagione.

Se in serata batterà la Salernitana, in quello che un tempo sarebbe stato il derby di Lotito, il tecnico di Figline potrebbe confermare il podio di campionato e migliorare il bilancio sulla scorsa stagione. Al momento sono 6 punti in più, ma soprattutto è un terzo in meno di reti subite. Erano 19 nel 2021, quando l’avvio alla Lazio fu stentato, sono 5 ora, migliore difesa del campionato anche davanti allo straripante Napoli di Luciano Spalletti, toscano come lui. Il paradosso di Sarri è proprio quello di costituire una volta una sorpresa, aggiunto quasi per sbaglio al banchetto. È già offensivo che uno come lui abbia assaggiato la Serie A appena dieci anni fa, con un percorso sin lì fatto di Dilettanti, C e di tanta, troppa B. Pure il Napoli pareva troppo, invece lo ha portato a un passo dallo scudetto. Perché il Comandante il meglio lo dà con il tempo, come un buon Chianti della sua terra. «In Italia si pensa che un allenatore sia giudicabile in poche settimane, in Premier aspettano anni», ha chiarito, lasciando in pace per un giorno arbitri e campi da zollare. In effetti Napoli conferma la sua abilità nel tempo: prese una squadra che aveva chiuso con Benitez a 63 punti. Lui ne ha fatti 82 al primo anno, 86 al secondo, 91 nell’ultimo, quando nell’albergo di Firenze sentì di avere perso il tricolore.

Ma anche all’estero si pensava, chissà poi perché, che non potesse funzionare. E invece, in un solo anno a Londra, grazie a un discreto inglese figlio dei suoi trascorsi di funzionario in banca, Sarri ha vinto l’Europa League. Ancora oggi, rimane l’unico tecnico italiano ad esservi riuscito da quando la Uefa ha mutato nome. Per completare il giro, ecco la Juve. Non era il suo posto, lo sapeva lui e lo sapevano i giocatori. Qualcuno fece anche girare voce che le sigarette fumate nello spogliatoio fossero il problema, un comportamento troppo ruspante. Fesserie. L’ultimo scudetto bianconero, destinato ancora per un po’ a rimanere tale, l’ha conquistato Sarri.

Dopo la sosta di un anno, ecco la Lazio, grazie alla scelta di Lotito, che evidentemente di uomini si intende. Qualche incomprensione sul mercato, finché quest’anno - dopo un ritiro che si racconta agitato - Sarri si è imposto sul mercato e ha messo un’impronta fortissima sulla Lazio. La linea difensiva, allenata per più mesi, spiega il miglioramento. Sarri è puntiglioso, maniacale nella cura della distanza tra difensori, nel corretto posizionamento dei piedi, ma soprattutto nella copertura del pallone avversario. Il resto è stato Provedel, sin qui miglior portiere per rendimento. In mezzo al campo, dovendo gestire il caso Luis Alberto, ha messo insieme automatismi perfetti tra Milinkovic-Savic (fuori categoria), Cataldi, il recuperato e inarrestabile Vecino, Basic, Marcos Antonio e lo stesso Luis Alberto. In attacco, infine, la squadra segna e diverte. Persino l’assenza di Immobile è apparsa meno grave con la soluzione di Felipe Anderson falso nove. E poi ci sono le incursioni di Zaccagni, il più in forma, i gol e le giocate di Pedro. La Lazio gioca benissimo, fa godere i suoi tifosi e guarda al derby che arriverà domenica, dopo l’Europa League di giovedì contro il Feyenoord e il pericolo di Salerno oggi. Poi sarà Mau contro Mou, venerati maestri.

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