Mirabelli rivela: "Il Milan non ha lottato per tenere Calhanoglu"

L'ex dirigente rossonero: "Hakan sarebbe restato, qualcuno ha voluto cancellare il lavoro fatto. Giocatore straordinario, sapevo che sarebbe diventato un grande play"

Correva l’anno 2015. Massimiliano Mirabelli, allora responsabile dello scouting dell’Inter, va in Germania per osservare da vicino un promettente calciatore turco: Hakan Calhanoglu. E sostanzialmente ne rimane folgorato, tanto da tesserne relazioni più che positive ai dirigenti nerazzurri. Due anni dopo Mirabelli diventa ds del Milan. E uno dei primi giocatori che decide di portare a Milano è proprio quel ragazzo che tanto lo aveva impressionato: "La gente mi prese quasi per pazzo. In Germania lo conoscevano tutti. Qui si diceva: 'Calhanoglu chi?' E si andava su internet per scoprire chi fosse - ricorda il dirigente in esclusiva perTuttosport -. Poi, quando le persone leggevano che fosse fermo da otto mesi - a causa di una squalifica per aver firmato un doppio contratto - iniziarono a criticare il suo arrivo. Molti non erano contenti. Provi a immaginare, cosa volesse dire per me, presentarsi al Milan portando questo tipo di profilo. Oggi è troppo facile parlare di Calha. Ai tempi si fidi, non era così".

Sembra trascorsa un’eternità. E in occasione del compleanno del calciatore, che oggi spegne trenta candeline, può svelare più di un aneddoto.

"Ci ho creduto veramente. Fassone mi diede grande forza, dicendomi: 'Massimo, se pensi sia forte, prendiamolo, non mi interessa del resto'. Non fu semplice portare in quella situazione, in un club importante come il Milan, quel Calhanoglu. Era davvero fuori dai radar, diciamo così. Pensi che quando Montella venne esonerato dal Milan, si lamentò di averlo trovato nello spogliatoio. O meglio, che non fosse un calciatore scelto da lui, ma da me".

Cosa l’aveva colpita di Hakan al Leverkusen?

"Era già allora un calciatore straordinario, che oggi conferma tutto quello che pensavo di lui. Io anni fa, ai suoi allenatori al Milan, dicevo che sarebbe stato un grande play. In Germania giocava esterno a sinistra, largo a destra, ma pure centrale nel 4-4-2. Oltre ad avere qualità fisiche e tecniche importanti, dove lo mettevi ti sfoderava una grande prestazione. Cioè, quasi ti sfidava a scoprire quale fosse il ruolo, dove potesse esprimersi meglio".

Calhanoglu è sempre stato forte, insomma.

"Tatticamente intelligente, un piede come il suo lo hanno in pochi al mondo. Non gli manca nemmeno la corsa. Oggi è il miglior play al mondo. E avevo ragione quando ne parlavo in questi termini con Montella e Gattuso".

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Perché non lo acquistò l’Inter?

"Serviva un po’ di coraggio per prendere Calhanoglu dopo che era rimasto fermo otto mesi. Io ero certo di quello che avevo visto e per questo fui ben contento di portarlo al Milan. Ausilio comunque lo conosceva bene. E poi è stato bravo a prenderlo a zero".

Ma perché però non lo aveva acquistato l’Inter prima che lei andasse al Milan?

"Si poteva prendere, è vero. Di fatto lo monitorammo per un paio d’anni. Però sa, ci sono delle dinamiche di mercato che ti portano a scegliere questo o quel calciatore. Ma non diamo a Piero (Ausilio, ndr) colpe che non ha (ride, ndr). Non è un caso che successivamente abbia puntato su di lui".

Al Milan anni comunque importanti per Calha.

"Il suo procuratoe sottolineò come il ragazzo avrebbe gradito la 10. Gli promisi quella casacca solo se avesse fatto un lavoro importante a casa, dato che lo incontrammo prima del suo trasferimento a Milano. Lui era affascinato di poter indossare quel numero, tanto da avere il 10 anche tatuato sulla pelle".

Calhanoglu fece la differenza al Milan, ma oggi è tra i migliori al mondo.

"In rossonero ha fatto tanto, tanto, tanto bene. Oggi ha ritrovato una collocazione tattica, in un sistema di gioco più congeniale. Al Milan ha ricoperto tanti ruoli e fu protagonista".

In che rapporti siete rimasti?

"Lo sento ancora affettuosamente. Mi chiama 'father', papà, visto che sono stato importante per la sua carriera, il suo padre calcistico. Non l’avessi portato al Milan, avrebbe forse rischiato di perdersi".

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Oggi i tifosi milanisti non lo vedono di buon occhio, diciamo così.

"Quando un giocatore passa da una sponda all’altra è normale che ci siano certi tipi di reazione. I rossoneri sanno di aver perso un giocatore importantissimo, che oggi fa benissimo all’Inter. E questo ovviamente non può far piacere in casa Milan".

I nerazzurri l’hanno soffiato ai rossoneri offrendo solo 500 mila euro in più di ingaggio rispetto a quanto avrebbe percepito al Diavolo.

"La verità è un’altra. Cioè che qualcuno voleva cancellare il lavoro che era stato fatto. Il Milan doveva lottare per tenerlo, non lasciarlo andare via gratis come successo poi anche con Donnarumma e Kessie. I tifosi al Milan lo ammiravano. Oggi pensano che abbia tradito i rossoneri, ma non è così. È il Milan che non ha voluto trattenere Calhanoglu, non Calhanoglu che se n’è voluto andare via dal Milan".

Se oggi il turco fosse ancora rossonero, la classifica sarebbe diversa?

"Lui è uno che fa la differenza. Quei punti di distacco che ci sono adesso tra Inter e Milan, forse sarebbero stati ribaltati se Calha fosse rimasto. I rossoneri devono mordersi le mani per quanto accaduto".

Cosa vuole dirgli?

"Tanti auguri Hakan. Anzi, tanti auguri 'My son', figlio mio. Continua così".

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Correva l’anno 2015. Massimiliano Mirabelli, allora responsabile dello scouting dell’Inter, va in Germania per osservare da vicino un promettente calciatore turco: Hakan Calhanoglu. E sostanzialmente ne rimane folgorato, tanto da tesserne relazioni più che positive ai dirigenti nerazzurri. Due anni dopo Mirabelli diventa ds del Milan. E uno dei primi giocatori che decide di portare a Milano è proprio quel ragazzo che tanto lo aveva impressionato: "La gente mi prese quasi per pazzo. In Germania lo conoscevano tutti. Qui si diceva: 'Calhanoglu chi?' E si andava su internet per scoprire chi fosse - ricorda il dirigente in esclusiva perTuttosport -. Poi, quando le persone leggevano che fosse fermo da otto mesi - a causa di una squalifica per aver firmato un doppio contratto - iniziarono a criticare il suo arrivo. Molti non erano contenti. Provi a immaginare, cosa volesse dire per me, presentarsi al Milan portando questo tipo di profilo. Oggi è troppo facile parlare di Calha. Ai tempi si fidi, non era così".

Sembra trascorsa un’eternità. E in occasione del compleanno del calciatore, che oggi spegne trenta candeline, può svelare più di un aneddoto.

"Ci ho creduto veramente. Fassone mi diede grande forza, dicendomi: 'Massimo, se pensi sia forte, prendiamolo, non mi interessa del resto'. Non fu semplice portare in quella situazione, in un club importante come il Milan, quel Calhanoglu. Era davvero fuori dai radar, diciamo così. Pensi che quando Montella venne esonerato dal Milan, si lamentò di averlo trovato nello spogliatoio. O meglio, che non fosse un calciatore scelto da lui, ma da me".

Cosa l’aveva colpita di Hakan al Leverkusen?

"Era già allora un calciatore straordinario, che oggi conferma tutto quello che pensavo di lui. Io anni fa, ai suoi allenatori al Milan, dicevo che sarebbe stato un grande play. In Germania giocava esterno a sinistra, largo a destra, ma pure centrale nel 4-4-2. Oltre ad avere qualità fisiche e tecniche importanti, dove lo mettevi ti sfoderava una grande prestazione. Cioè, quasi ti sfidava a scoprire quale fosse il ruolo, dove potesse esprimersi meglio".

Calhanoglu è sempre stato forte, insomma.

"Tatticamente intelligente, un piede come il suo lo hanno in pochi al mondo. Non gli manca nemmeno la corsa. Oggi è il miglior play al mondo. E avevo ragione quando ne parlavo in questi termini con Montella e Gattuso".

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