Ok, va bene così. Antonio Conte “benedice” l’uscita del Napoli dalla Coppa Italia. Con i fatti. Perché ribaltare il Napoli, undici su undici, dal portiere all’esterno sinistro, nella sfida con la Lazio metteva in preventivo l’eliminazione, a cuor leggero. Tutto il resto (delle dichiarazioni) lascia il tempo che trova. Abdica da una parte, incanala le energie dall’altra. Ovvero, lo scudetto costi quel che costi. Come puntare secco su quel determinato numero, con qualche certezza in più, però. In settimana, Conte-martello potrà infatti lavorare come piace a lui, mettendo nel mirino la partita del fine settimana. E basta. Senza più intermezzi che disturbano più che galvanizzare; che tolgono più che aggiungere nel contesto specifico.
Il Napoli di Conte come la sua prima Juve
La rosa nella sua interezza non è paragonabile a quella dell’Inter (per esempio), quindi è giusto far sentire le “riserve” parte del gruppo, ma un conto è giocare cinque minuti e un conto è sobbarcarsi la partita da titolari. Quello è un altro mestiere. Antonio è probabilmente il numero uno nel formare un gruppo vincente, partendo dalla quotidianità, senza l’intralcio delle coppe di qualsivoglia genere. Così può mettere a fuoco l’obiettivo, chiaro, inequivocabile. “Vincere il tricolore”, il canto dei tifosi che credono ciecamente nel mantra contiano. E lui, fedele al personaggio, erige il muro verbale: "Non abbiamo giocato per perdere. Fatte scelte ponderate". Appunto. Come ai tempi della prima Juventus, senza l’Europa, ogni giorno si mette su un mattoncino per lo scudetto; magari svicolando le domande dirette; magari rimandando al mittente il “favorito sarai tu”. Fa parte del pacchetto, arcinoto. Prendere o lasciare. Conte funziona così. E porta risultati. Non è una scienza esatta, ma si avvicina…
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