Metodo Juric, si cambia: come Ivan vuole far ripartire il Toro

Il gruppo era arrivato al derby tra critiche anche molto dure dell'allenatore. Crepe da sigillare, entusiasmo da ritrovare: la prima chiave è l’unità
Metodo Juric, si cambia: come Ivan vuole far ripartire il Toro© Marco Canoniero
Dal metal alla musica lounge. Non proprio, ma rende l’idea. Nuova musica al Filadelfia, insomma. Raccontò una volta Juric: «Ho cominciato a 14 anni con Metallica e Megadeth, poi sono passato a cose più aggressive. Il death metal è la mia passione: band come Napalm Death, Obituary e Carcass, artisti veri. Sono stato tre volte a vedere i Napalm Death e pogando rischiavo sempre di farmi male». La passione di Juric per la musica metal è ben nota: ed è anche appoggiata su canoni seri, non si tratta né di un fatto di moda né di una infatuazione passeggera. C’è anche tutta una filosofia, dietro. E, a ben pensarci, profondamente metal è Ivan anche quando allena. Ti aggredisce, se ti vede non dare tutto sul prato. Ti spreme, ti fa risuonare le orecchie con le sue urla che al confronto i Metallica la toccano piano. Pretende intensità, nelle partitelle esige ferocia agonistica quasi come in partita. Ma tutto quanto funzionava bene, almeno sino alla scorsa stagione, adesso non gira più. Non si è incantato il disco: diciamo che salta la puntina.  

I problemi del Toro

Nelle crepe del Torino si sono allargati, in queste ultime settimane, anche problemi di comunicazione con più di un giocatore. Uno spogliatoio, si sa, non è mai un convento di suore orsoline, spesso assomiglia a certe classi difficili tra la scuola media e le superiori. Poi ci trovi anche elementi strafottenti, altri presuntuosi, i mosci di carattere, oppure quelli che hanno spesso la testa altrove. E qualche scansafatiche c’è sempre, in mezzo ai bravi ragazzi. Così è dura dirigere giovani pieni di milioni (in banca) e di grilli in testa, per non dire altro. L’allenatore è un mestiere complicatissimo. Sotto l’aspetto psicologico, prima di tutto. Qui manco alludiamo alle tattiche. Intendiamo alludere allo spirito di gruppo, alle motivazioni, all’unità, a quel tutt’uno che si deve creare tra un tecnico e il suo spogliatoio. «Dobbiamo entrare tutti insieme dentro a un carrarmato», diceva Camolese quando allenava il Toro. Oggi questa metafora può turbare, parere inappropriata con quello che si vede nei tg o si legge sui giornali. Però, decontestualizzata dall’attualità tragica, dice il tutto, col particolare.  

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Toni più soft negli allenamenti al Filadelfia

«Ho sbagliato anche io in certe scelte, cambierò qualcosa, ho bisogno di tutti», diceva Juric dopo il derby, già pensando a questi giorni di allenamento durante la sosta. E poi con l’occhio lungo, verso l’Inter e dopo. Parole che seguivano altre ben severe, dure, quasi feroci: le tante critiche al gruppo delle ultime settimane («ma il mio era solo un modo in buona fede per stimolare i ragazzi: sono tutti esemplari come impegno e professionalità»). Al Fila, da quando sono ricominciati gli allenamenti, Juric sta usando toni più soft, cerca maggiormente il dialogo, ha varato confronti di gruppo e individuali volti a seminare innanzi tutto serenità, fiducia, compattezza. Più basico, magari, ma per tornare ad alzare un livello, riavvolgendo il nastro. Un livello anche di reciproca comprensione e sopportazione. «Siamo con lei, mister», gli avevan detto Buongiorno, Rodriguez e Sanabria dopo il derby, a nome di tutti. Proprio il paraguaiano, Radonjic e Ilic sono in nazionale: i chiarimenti per ripartire con migliore stato d’animo arriveranno a tempo debito. Intanto ora è bene incollare le fessure, lucidare tutti i rapporti interni. L’allenatore può fare tanto. Però poi tocca ai giocatori mostrare senso di responsabilità, gratitudine, rispetto. E fame, davanti ai fili d’erba.  

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Dal metal alla musica lounge. Non proprio, ma rende l’idea. Nuova musica al Filadelfia, insomma. Raccontò una volta Juric: «Ho cominciato a 14 anni con Metallica e Megadeth, poi sono passato a cose più aggressive. Il death metal è la mia passione: band come Napalm Death, Obituary e Carcass, artisti veri. Sono stato tre volte a vedere i Napalm Death e pogando rischiavo sempre di farmi male». La passione di Juric per la musica metal è ben nota: ed è anche appoggiata su canoni seri, non si tratta né di un fatto di moda né di una infatuazione passeggera. C’è anche tutta una filosofia, dietro. E, a ben pensarci, profondamente metal è Ivan anche quando allena. Ti aggredisce, se ti vede non dare tutto sul prato. Ti spreme, ti fa risuonare le orecchie con le sue urla che al confronto i Metallica la toccano piano. Pretende intensità, nelle partitelle esige ferocia agonistica quasi come in partita. Ma tutto quanto funzionava bene, almeno sino alla scorsa stagione, adesso non gira più. Non si è incantato il disco: diciamo che salta la puntina.  

I problemi del Toro

Nelle crepe del Torino si sono allargati, in queste ultime settimane, anche problemi di comunicazione con più di un giocatore. Uno spogliatoio, si sa, non è mai un convento di suore orsoline, spesso assomiglia a certe classi difficili tra la scuola media e le superiori. Poi ci trovi anche elementi strafottenti, altri presuntuosi, i mosci di carattere, oppure quelli che hanno spesso la testa altrove. E qualche scansafatiche c’è sempre, in mezzo ai bravi ragazzi. Così è dura dirigere giovani pieni di milioni (in banca) e di grilli in testa, per non dire altro. L’allenatore è un mestiere complicatissimo. Sotto l’aspetto psicologico, prima di tutto. Qui manco alludiamo alle tattiche. Intendiamo alludere allo spirito di gruppo, alle motivazioni, all’unità, a quel tutt’uno che si deve creare tra un tecnico e il suo spogliatoio. «Dobbiamo entrare tutti insieme dentro a un carrarmato», diceva Camolese quando allenava il Toro. Oggi questa metafora può turbare, parere inappropriata con quello che si vede nei tg o si legge sui giornali. Però, decontestualizzata dall’attualità tragica, dice il tutto, col particolare.  

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