Come riuscivate ad avere le meglio?
«Col carattere e un attaccamento incredibile alla maglia. Non c’erano tutti gli stranieri di oggi che non sanno manco cos’è il quarto d’ora granata o cosa rappresenta Superga. Se non conosci il passato della società in cui militi, difficilmente ne diventerai parte integrante”.
Come si può ovviare a tutto ciò?
«Servono più italiani. Qualche ragazzo del vivaio che cresca con la maglia granata cucita addosso e altri per cui il Toro dev’essere un punto di arrivo. E qualcuno che insegni cosa significa questa società e la sua storia».
Segue sempre con attenzione il Toro…
«Certamente e pure con grande affetto. Mi auguro possa finalmente lottare per l’Europa, ma temo sia un’altra annata di transizione, anche se. Juric è bravo».
Non ha di questi problemi, a proposito di sue ex squadre, l’Atalanta che da anni è in pianta stabile nelle Coppe.
«Quello della Dea è il modello da imitare. Sono riusciti a fare il salto di qualità, lanciando tanti talenti».
Da Bergamo in estate è arrivato al Toro Zapata. Si aspettava di più dal Panterone?
«Non capisco cosa gli succede. Fino a un paio d’anni fa era devastante. Spero si riprenda, perché al momento non sta rendendo».
In nerazzurro l’ha rimpiazzato Scamacca.
«Mi piace molto. Può diventare il numero 9 della Nazionale. A livello fisico ci siamo, però deve migliorare nel temperamento».
A proposito di giovani: tra i pochi italiani del Toro su chi punta?
«Darei una chance a Pellegri: ha buone qualità, ma gli serve continuità e più spazio per esplodere».