Tennis, Australian Open: Djokovic-Tsitsipas, poltrona per due

Quello in finale degli Australian Open sarà il duello per il numero 1 mondiale: e sarà il 22° Slam record o il 1°
Tennis, Australian Open: Djokovic-Tsitsipas, poltrona per due© Getty Images

Nel mondo di Novak Djokovic c’è una spiegazione per tutto, a cominciare dai padri che si trovano per caso là dove non dovrebbero essere. Ne prendiamo atto. L’importante è che a crederci sia lui, quando spiega che papà Srdjan, nelle foto e nei video con i russi che inneggiavano a Putin, mostrando magliette e bandiere con le famigerate “zeta” dei tank in Ucraina, ci sia finito per caso, convinto fossero tifosi del figlio, tra i tanti con cui è solito festeggiare all’uscita dello stadio. «La nostra famiglia conosce la guerra, ne abbiamo vissute parecchie dagli anni Novanta, sappiamo quanto siano devastanti per i popoli e non le sosterremo mai», dice Novak con una frase che gli fa onore e che non abbiamo dubbi lui possa permettersi di pronunciare. Altri, chi lo sa… Magari il padre – confinato ieri in albergo – pensava che quella “zeta” ancora misteriosa, cui viene attribuito il significato di prima lettera della frase “za pobedu, per la vittoria”, fosse per il figlio. Ci sta. Come si dice… forza Zjokovic!

La prova di Paul contro Djokovic

Tanto più che in quello stesso mondo, c’è un tennis spesso inarrivabile. Composto da un insieme quasi perfetto di ingranaggi che ruotano all’unisono e assai più speditamente di quanto non riesca agli altri. Sempre in una unica direzione, si dirà, ma in termini ineccepibili e difficili da comprendere, per chi dimentica l’evoluzione di questo nostro sport dagli anni Settanta a oggi, centrata sulla figura di tennisti che attaccano difendendosi, e colpiscono forte quanto più forte provano a colpirli. Mister Allegri saprebbe forse spiegare meglio il concetto, ma in generale i tennisti non sono studiosi del tennis (ce n’era uno, Roger Federer) dunque è possibile qualche dimenticanza quando si affronta uno come il Djoker, che chiude tutti gli spiragli e ha doti balistiche fuori dal comune. Le stesse distrazioni che hanno indotto il semifinalista per caso Tommy Paul a una prova tanto coraggiosa quanto inutile, nella quale ha provato a sbrecciare la barricata con tutto ciò che aveva a disposizione, e cioè assai poco per riuscirvi davvero. In ognuno dei set si è ritrovato sotto di due break, 5-1 il primo, 5-0 il secondo, 4-0 il terzo, musica sulle note di “la festa appena cominciata, è già finita” (“Canzone per te”, Sergio Endrigo e Roberto Carlos, Sanremo 1968). Bravo è stato Paul ad agganciare Nole nel primo set, recuperando fino al 5 pari, ma lo sforzo gli è costato un nuovo break e la brusca fine del sogno.

Decima finale in Australia per Nole

Trentatreesima finale, la decima in Australia dove Nole, nell’atto decisivo, non ha mai perso. Lo sa tutto questo Stefanos Tsitsipas, che quando gli chiedono della finale al Roland Garros 2019, l’unica giocata nello Slam, che l’altro giorno Djokovic sosteneva di aver dimenticato, non trova di meglio che rispondere piccato, «Sì, l’ho dimenticata anch’io»? Oppure era un modo per dirci che è giunto il momento di azzerare il passato, e percorrere nuove strade? Attendiamo, domani i due saranno a tiro e in palio c’è la prima vittoria Slam per Stefanos, la ventiduesima per Djokovic, e il primato in classifica per il vincitore. All In… Con una mano, si prende tutto. Nel caso, vale la pena di ricordare al greco ventiquattrenne i tempi, non lontanissimi, del suo avvento nel tennis che conta, tra il 2018 e il 2019, quando - unico tra i giovani - s’impose sulla sacra trimurti del nostro sport, con Federer proprio agli Open d’Australia, negli ottavi, con Nadal in semifinale a Madrid, e con Djokovic in Canada e a Shanghai, fino a essere avanti 2-1 nei testa a testa che oggi invece segnano un netto divario (10-2) a favore del serbo. Quel primo Tsitsipas giocava spingendo come un ossesso su ogni palla, poi si è acquietato. Ma da questi Open lo abbiamo rivisto più vicino a quella figurina che aveva impressionato tutto il mondo del tennis. Nei primi due set contro Sinner, per esempio. E a tratti anche nella semifinale di ieri notte contro Khachanov, che poteva finire in tre set se il russo non avesse cancellato i due match point che Tsitsi ha avuto sulla punta della racchetta, evento che non gli ha impedito di vincere a mani basse nel quarto.

Come sta Tsitsipas

In questi anni di fulgore solitario, Djokovic ha subito sconfitte solo dai suoi pari e da quei pochi che siano riusciti a sovrastarlo, con le arti magiche che lui non conosce (Federer), con una difesa ancora più ermetica della sua (Nadal, e nel 2016 Murray) o forzando i colpi oltre la soglia che Nole possa sfidare con le sue ribattute (Wawrinka nelle finali di Parigi e New York, e in sott’ordine Del Potro). La via per farcela è questa, Tsitsipas è avvisato. «Conosco bene Djokovic e le sue armi, sono pronto. Rispetto all’anno scorso ho recuperato la fiducia e un po’ dell’ottimismo che avevo perduto. Sto giocando un buon tennis, e sono disposto a dare più del cento per cento», assicura il greco, che si sente in buona compagnia. La comunità greca di Melbourne è la più grande, il tifo è assicurato. Anche la comunità serba non scherza. Ma attenti alle infiltrazioni russe.

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