Sinner, partita perfetta contro De Minaur
Soltanto che De Minaur lo aveva già toccato, il fondo: delle energie, atletiche e mentali. Ha provato a raschiare il barile dei colpi, l’australiano, che pure è bello pieno e variegato, ma non ne ha trovato mezzo in grado di scardinare la potenza devastante di Jannik, giusto un pelo offuscata in avvio da una seconda di servizio che ha regalato al suo sparring partner Alex due controbreak, complici alcune variazioni di ritmo, con rallentamenti mirati a innescare il suo brillante rovescio lungolinea. Finché, al terzo servizio strappato, non aveva più giochi per rimediare nel primo set: 6-4. Ma un 6-4 che nella sostanza somigliava assai al 6-1, fin mortificante, del secondo: allorché Sinner ha rotto gli indugi e, dopo aver tirato il fiato per tipo un minuto e mezzo di normalità, ha ripreso a martellare il Demon di Sydney, mai come stavolta simile a un cherubino vittima designata. Servizio mai più in discussione, risposte sempre sul limitar delle righe di fondo, botte di dritto e legnate di rovescio, a destra, a sinistra, al centro. A velocità supersonica. Ingestibile. Abbagliante. Qui e là, un pallonetto crudele e un drop shot beffardo. Altri due break e via andare, tra gli applausi quasi desolati del pubblico del Sobeys Stadium, basiti dall’assenza totale di confronto e d’incertezza, inteneriti da quel poveretto al punto di salutare con sollievo un doppio fallo di Jannik che ha ritardato giusto di qualche secondo il game, set, match del trionfo. Un’ora e 20 minuti di pseudo contesa, manco in un Challenger o in una finale femminile ai tempi di Serenona.