Sinner dominator alle Nitto ATP Finals: un gigante contro Tsitsipas

Dopo la sfida ha scritto "amo Torino" sulla telecamera, il pubblico lo ha ricambiato con calore e compostezza
Sinner dominator alle Nitto ATP Finals: un gigante contro Tsitsipas© ANSA

Torino nel cuore, disegna Jannik. L’amore sbocciato già nel 2021 tra Nitto Atp Finals da sostituto e poi in Davis è divampato irresistibile e irrefrenabile nel catino del Pala Alpitour colmo di 12mila anime, tra cui 5 Carota Boys accolti da un applauso scrosciante (massì) all’arrivo in tribuna e decine di parrucche arancioni che domani si moltiplicheranno. Perché Jannik Sinner ha debuttato esattamente come lui aveva preparato e tutti speravano. Un gigante, un dominatore e padrone assoluto del campo e di Stefanos Tsitsipas. Il quale negherà poi di essere in condizioni non buone. Annichilito, reso cioè nulla più di una comparsa, il ragazzone che da 5 anni è stabile tra gli otto migliori al mondo e che nel 2019 ha vinto questo torneo. Ma Tsitsipas è cambiato poco nel frattempo, i suoi limiti restano chiari, questo Sinner conferma di aver compiuto non un passo, ma un salto da Gimbo Tamberi nella sua evoluzione. Una perfezione tale da rendere il pubblico composto quanto è lui, il pel di carota altoatesino.

Torino è nel cuore di Sinner

Ecco, Torino è nel cuore di Jannik forse anche per questo comportamento entusiasta eppure così dignitoso. Un applauso all’ingresso di Stefanos e ai suoi punti belli, sempre il sostegno, ma educato per l’italiano. L’euforia da stadio accesa al primo match point e raggiunta soltanto quando il n. 4 del mondo (ma visto ora, in ascesa sicura e celere), prima disegna il cuore sulla telecamera e poi prende il microfono. Jannik nemmeno riesce a cominciare per il “Sinner alè alè” che tuona sotto il tetto. E invece sorride e sorride felice come di solito è raro vederlo in pubblico. Lì, per la prima volta nella giornata pronuncia la frase che definisce la sua lucida ambizione: «Conta non solo la crescita, ma la destinazione». Che è quasi l’opposto di ciò che di solito si insegna ai ragazzi, si sente dagli allenatori, ovverosia ciò che conta è il percorso. Non la meta ma il viaggio. A Jannik invece piace viaggiare se c’è un porto. Ha ragione lui a guardare la partita, a leggere in numeri. Nemmeno quando i due tenevano il servizio a zero o lasciando un 15 si provava la sensazione che Sinner potesse perdere.

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Sinner, perfetto contro Tsitsipas

Personalità straripante, piano partita perfetto, con Tsitsipas sulla diagonale di rovescio, aggredendo la seconda del greco anche al centro per poi aprirsi sugli angoli. Ma ciò che colpisce è il servizio, un tempo considerato debole. Sarà stato come annotato da tempo il cambio di partenza dei piedi. Ma certo anche il lungo studio sulla variazione delle traiettorie. Vagnozzi e con lui Cahill hanno fatto un gran lavoro, perché Sinner è tipo che studia, osserva e lavora incessantemente. Fatto è che Jannik ha concesso la miseria di 10 punti su 10 turni di servizio fino al 6-4 6-4 che lo rende primo italiano a vincere due partite nella storia delle Atp Finals, record che ritoccherà a lungo e che del resto era facile superare visti i pochissimi precedenti.

La partita di Sinner

Molto deve esserci in questa nuova fluidità al servizio del lavoro di Giacomo Naldi, ex fisioterapista della Virtus Bologna, passato in casa Sinner. Certo c’è tutto Jannik: 9 ace, tutti i punti vinti quando serviva largo, nessuna palla break concessa, l’89% di punti ottenuti con la prima, ma anche il 60% con la seconda. Ace ai 216, 209, 214 orari, mica carezze. Però anche servizi con rotazioni. E comunque una battuta che disarma chi risponde alla Tsitsipas che di fatto ha conquistato un punto su 10. Una battuta sempre meno prevedibile. Il primo break dopo 15’, appena Tsitsipas s’è sentito sfibrato, al punto da affondare il rovescio in rete, dopo aver visto che la sua tattica costruita per aggredire e avventurarsi più a rete, veniva respinta dal beniamino di casa, anzi prevenuta mantenendo il comando dello scambi, ma non più andando in accelerazione soltanto. Nel secondo set il break subito e poi agevole controllo, nonostante l’orgoglio di Tsitsipas.

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Le parole di John Elkann prima del match

La vittoria dopo aver percorso un breve fiume tranquillo, buttando qua è la qualche gemma nel mezzo di una continuità inaudita. Tipo un lob sulla riga dopo un duro scambio e un attacco greco, o un punto al quarto rovescio in back consecutivo, incrociando e accorciando sempre più. Tutto ovviamente senza dimenticare i suoi colpi che sono schiocchi, che a un certo punto lasciano attonito e fermo l’avversario. Davvero troppo Sinner per un numero 6 del mondo. E allora forse aveva ragione John Elkann prima del match: «È bello avere un italiano tra i primi otto al mondo ed è bello che Sinner sia a Torino. Sono certo che vista la sua giovane età avremo la possibilità di vederlo qui per tanti anni». Che lui ci sia pare sicuro, che sia a Torino, in questo oceano d’amore dopo il 2025 è l’auspicio.

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Torino nel cuore, disegna Jannik. L’amore sbocciato già nel 2021 tra Nitto Atp Finals da sostituto e poi in Davis è divampato irresistibile e irrefrenabile nel catino del Pala Alpitour colmo di 12mila anime, tra cui 5 Carota Boys accolti da un applauso scrosciante (massì) all’arrivo in tribuna e decine di parrucche arancioni che domani si moltiplicheranno. Perché Jannik Sinner ha debuttato esattamente come lui aveva preparato e tutti speravano. Un gigante, un dominatore e padrone assoluto del campo e di Stefanos Tsitsipas. Il quale negherà poi di essere in condizioni non buone. Annichilito, reso cioè nulla più di una comparsa, il ragazzone che da 5 anni è stabile tra gli otto migliori al mondo e che nel 2019 ha vinto questo torneo. Ma Tsitsipas è cambiato poco nel frattempo, i suoi limiti restano chiari, questo Sinner conferma di aver compiuto non un passo, ma un salto da Gimbo Tamberi nella sua evoluzione. Una perfezione tale da rendere il pubblico composto quanto è lui, il pel di carota altoatesino.

Torino è nel cuore di Sinner

Ecco, Torino è nel cuore di Jannik forse anche per questo comportamento entusiasta eppure così dignitoso. Un applauso all’ingresso di Stefanos e ai suoi punti belli, sempre il sostegno, ma educato per l’italiano. L’euforia da stadio accesa al primo match point e raggiunta soltanto quando il n. 4 del mondo (ma visto ora, in ascesa sicura e celere), prima disegna il cuore sulla telecamera e poi prende il microfono. Jannik nemmeno riesce a cominciare per il “Sinner alè alè” che tuona sotto il tetto. E invece sorride e sorride felice come di solito è raro vederlo in pubblico. Lì, per la prima volta nella giornata pronuncia la frase che definisce la sua lucida ambizione: «Conta non solo la crescita, ma la destinazione». Che è quasi l’opposto di ciò che di solito si insegna ai ragazzi, si sente dagli allenatori, ovverosia ciò che conta è il percorso. Non la meta ma il viaggio. A Jannik invece piace viaggiare se c’è un porto. Ha ragione lui a guardare la partita, a leggere in numeri. Nemmeno quando i due tenevano il servizio a zero o lasciando un 15 si provava la sensazione che Sinner potesse perdere.

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