Il rendimento in campo di Bonucci
Bonucci è stato un eccellente giocatore, difensore di rara modernità e dotato di piedi da centrocampista raffinato; insieme a Chiellini e Barzagli ha formato il muro difensivo più portentoso dell’ultimo ventennio calcistico, consacrato dall’incredibile serie di scudetti e dall’Europeo.
La parabola discendente, tuttavia, è indubitabilmente iniziata e, al di là di ogni speculazione sui rapporti interni, se Allegri e il suo staff lo hanno fatto retrocedere nelle gerarchie è da cercare anche in quella che dovrebbe essere la base di ogni valutazione: il rendimento in campo. Certo, storie calcistiche così lunghe e ricche di successi dovrebbero finire meglio, ma Bonucci non è il primo e non sarà l’ultimo calciatore a chiudere con amarezza un capitolo professionale della sua carriera, un po’ perché da quando i giocatori stessi sono diventati un po’ più «fedeli ai procuratori che alla maglia» (M. Arrivabene, 2021) il mondo del calcio è diventato più cinico e un po’ perché è tanto difficile, per qualsiasi essere umano, smettere quando è il momento giusto, per farsi rimpiangere e non sopportare.