Bachini, rimpianto Juve: Fosse rimasto Lippi avrei fatto un’altra carriera

Tolta la squalifica, l’ex calciatore spera di tornare a lavorare in un vivaio: “Arrivai in bianconero nel momento sbagliato”
Bachini, rimpianto Juve: Fosse rimasto Lippi avrei fatto un’altra carriera© Aldo Liverani

C'è stato un momento in cui Jonathan Bachini valeva 30 miliardi. Era ancora la Prima Repubblica calcistica. Ce n'è stato un altro, che è durato poco più di 17 anni, finito l'altro ieri, in cui quell'esterno d'attacco che faceva venire il mal di testa ai terzini, non poteva nemmeno più avvicinarsi a un campo di calcio per allenare una squadra di bambini perché radiato dalla Figc. La vita però (ri)comincia a 48 anni e per quell'uomo che per due volte fu trovato positivo all'antidoping per tracce di cocaina adesso c'è un'altra chance. Lo rintracciamo mentre sta lavorando da operaio per una ditta all'interporto di Livorno, la sua città. Sono lontani i tempi in cui scorrazzava in Porsche e con orologi di marca al polso. Fama e soldi non fanno più parte da tempo della sua vita, ma nemmeno la droga. Di errori ne ha commessi tanti, ora che è riuscito a farsi togliere la squalifica a vita dal mondo del calcio vorrebbe solo poter insegnare a chi non l'hai mai visto giocare, se non su Youtube, come si diventa calciatori di Serie A e da Nazionale. Ma anche come si deve stare lontani da quegli inciampi che gli hanno rovinato carriera e vita.

Bachini, adesso cosa sogna di fare?

«Rientrare in quello che per anni è stato il mio mondo. Non ho mai abbandonato il calcio. Fin da piccolo sono tifoso del Milan e in questi anni ho rinforzato la mia fede. Ho esultato per lo scudetto dell'anno scorso, sono dispiaciutissimo per l'allontanamento di Maldini, uno al quale qualche dribbling sono riuscito a farlo (ride, ndr) anche se erano più le volte chi mi fermava, e di Massara. Due grandi professionisti che non meritavano questo trattamento. Mi piacerebbe allenare. Mi iscriverò ai corsi, prenderò gli attestati poi credo di aver qualcosa da insegnare».

Come ad esempio si salta l'uomo e si crea superiorità numerica?

«Esatto. Non sono contro le squadre che costruiscono dal basso, ma contro chi riparte sempre da dietro. Divento matto quando vedo un giocatore che può tentare l'uno contro con 20-30 metri di campo e scarica orizzontalmente al mediano o indietro al difensore. Ero un cavallo pazzo, ma facevo divertire e andare sulla fascia, scartare l'avversario e crossare o accentrarmi verso la porta mi dava un piacere immenso».

In chi si rivede oggi?

«Federico Chiesa è il Jonathan Bachini 2.0, ha coraggio, qualità, salta l'uomo e dà superiorità numerica. Che poi è quello che piace alla gente. Bisogna divertire chi paga il biglietto per vederti».

Quindi vorrebbe iniziare ad allenare una squadra di bambini?

«Più che bambini, ragazzini. L'età dell'adolescenza è la più delicata umanamente, ma anche la migliore per l'apprendimento calcistico. Oltre a insegnare calcio sarei pronto per raccontare la mia storia, ad aiutare chi si sente solo, incompreso e rischia di finire in brutte strade. Dopo essere stato un esempio negativo, voglio esserlo in positivo».

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Calcio

 

Da quali allenatori ha imparato di più?

«Ne ho avuti tanti, ma se mi chiedete due nomi dico Mazzone e Zaccheroni. Il primo era un maestro nella gestione del gruppo, ma faceva anche un calcio di palleggio, almeno quando io l'ho avuto al Brescia, nonostante avesse l'etichetta di catenacciaro e difensivista. Zaccheroni è uno di quelli che ha cambiato il calcio italiano, ottimo allievo di Sacchi. Con lui vincevi divertendoti, che per un giocatore è il massimo».

A Brescia lei ha giocato con Pep Guardiola, tiferà per lui sabato sera?

«Era già un allenatore in campo. Quando venne da noi proveniente dal Barcellona ti guidava da dietro, nel suo ruolo di play davanti alla difesa. Ho beneficiato dei suoi cambi campo: scattavo sulla fascia e sapevo che i suoi palloni mi sarebbero arrivati sui piedi. Veder giocare il Manchester City è una meraviglia: attacco degli spazi, qualità, cooperazione. Ma anche l'Inter è una squadra forte e non penso sarà una finale scontata».

In che squadre le piacerebbe lavorare?

«Soprattutto il Brescia, è lì che ho vissuto gli anni migliori e lasciato amici veri. Ora che è retrocesso in C verrà snobbato da tanti, io tornerei volentieri a dare una mano. Anche al Livorno, che ora annaspa nei dilettanti: non ci ho mai giocato, ma vivo qui e voglio bene alla mia città».

Che ne pensa delle critiche al suo concittadino Allegri?

«Se stai due anni alla Juve senza vincere nulla, è normale venir criticato, ma prima lui ha vinto tanto».

Ripensa mai alla sua breve esperienza juventina?

«Arrivai al posto giusto nel momento sbagliato. Fosse rimasto Lippi avrei fatto un’altra carriera, invece Ancelotti non mi vedeva proprio, ma adesso lo rispetto molto per quello che ha saputo fare diventando un grande allenatore».

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C'è stato un momento in cui Jonathan Bachini valeva 30 miliardi. Era ancora la Prima Repubblica calcistica. Ce n'è stato un altro, che è durato poco più di 17 anni, finito l'altro ieri, in cui quell'esterno d'attacco che faceva venire il mal di testa ai terzini, non poteva nemmeno più avvicinarsi a un campo di calcio per allenare una squadra di bambini perché radiato dalla Figc. La vita però (ri)comincia a 48 anni e per quell'uomo che per due volte fu trovato positivo all'antidoping per tracce di cocaina adesso c'è un'altra chance. Lo rintracciamo mentre sta lavorando da operaio per una ditta all'interporto di Livorno, la sua città. Sono lontani i tempi in cui scorrazzava in Porsche e con orologi di marca al polso. Fama e soldi non fanno più parte da tempo della sua vita, ma nemmeno la droga. Di errori ne ha commessi tanti, ora che è riuscito a farsi togliere la squalifica a vita dal mondo del calcio vorrebbe solo poter insegnare a chi non l'hai mai visto giocare, se non su Youtube, come si diventa calciatori di Serie A e da Nazionale. Ma anche come si deve stare lontani da quegli inciampi che gli hanno rovinato carriera e vita.

Bachini, adesso cosa sogna di fare?

«Rientrare in quello che per anni è stato il mio mondo. Non ho mai abbandonato il calcio. Fin da piccolo sono tifoso del Milan e in questi anni ho rinforzato la mia fede. Ho esultato per lo scudetto dell'anno scorso, sono dispiaciutissimo per l'allontanamento di Maldini, uno al quale qualche dribbling sono riuscito a farlo (ride, ndr) anche se erano più le volte chi mi fermava, e di Massara. Due grandi professionisti che non meritavano questo trattamento. Mi piacerebbe allenare. Mi iscriverò ai corsi, prenderò gli attestati poi credo di aver qualcosa da insegnare».

Come ad esempio si salta l'uomo e si crea superiorità numerica?

«Esatto. Non sono contro le squadre che costruiscono dal basso, ma contro chi riparte sempre da dietro. Divento matto quando vedo un giocatore che può tentare l'uno contro con 20-30 metri di campo e scarica orizzontalmente al mediano o indietro al difensore. Ero un cavallo pazzo, ma facevo divertire e andare sulla fascia, scartare l'avversario e crossare o accentrarmi verso la porta mi dava un piacere immenso».

In chi si rivede oggi?

«Federico Chiesa è il Jonathan Bachini 2.0, ha coraggio, qualità, salta l'uomo e dà superiorità numerica. Che poi è quello che piace alla gente. Bisogna divertire chi paga il biglietto per vederti».

Quindi vorrebbe iniziare ad allenare una squadra di bambini?

«Più che bambini, ragazzini. L'età dell'adolescenza è la più delicata umanamente, ma anche la migliore per l'apprendimento calcistico. Oltre a insegnare calcio sarei pronto per raccontare la mia storia, ad aiutare chi si sente solo, incompreso e rischia di finire in brutte strade. Dopo essere stato un esempio negativo, voglio esserlo in positivo».

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