Terminata l'esperienza sulla panchina del Tottenham a fine marzo, Antonio Conte è alla ricerca di nuovi stimoli per tornare ad allenare. La rescissione consensuale con gli Spurs gli permette infatti di legarsi subito a un nuovo club e il tecnico pugliese si sta guardando intorno. Premiato al Timone d'Oro ad Arezzo, l'ex allenatore di Juve e Inter, tra le altre, ha affrontato diversi temi, a cominciare appunto dal proprio futuro: "La voglia di allenare c'è sempre, la passione non tramonta mai. In quel caso mi dovrò guardare dentro e pensare di non fare più questo mestiere. Detto questo non ho la ricerca spasmodica di cercare una panchina, dovesse capitare qualcosa di importante e serio, che mi dia uno stimolo, allora lo prenderei in esame, sia in Italia che all'estero. L'ultima esperienza, come tutte le altre, mi ha fatto provare cose positive e altre meno. L'esperienza è stata bellissima, abbiamo fatto il massimo e dato tutto quello che avevamo. Quando sono arrivato la squadra era ottava/nona, e siamo arrivati in Champions. Poi quest'anno, con la squadra quarta, ho deciso di dividere la mia strada con quella del Tottenham, qualcuno si accontentava".
Conte e l'esperienza all'Arezzo
Conte riavvolge poi il nastro al 2006 quando, proprio ad Arezzo, diede il via alla sua carriera da allenatore: "È stata una tappa fondamentale perché ho iniziato il mio percorso. È stato come fare cinque anni in uno, per me è stata una bella esperienza ed è stata l'unica dove sono stato mandato via. Le altre volte è sempre stata una mia decisione. Poi sono stato richiamato e abbiamo sfiorato la salvezza. Per me è stata un'avventura importante dove ho capito che potevo fare questo percorso nel calcio. Avrei continuato anche in Lega Pro ma non ci trovammo d'accordo. Il periodo è stato denso di emozioni, sono arrivato dopo che la società aveva fatto i playoff ma dopo un'estate dove erano stati ceduti giocatori molto importanti, come Abbruscato o Antonini. Essere mandato via dopo 9 partite, nelle quali tra l'altro fallimmo 5 rigori, mi ferì profondamente e sicuramente poi penso che fu importante per me andare via. Quando tornai, dopo aver studiato, lo feci più da allenatore, bello tosto anche con il club. Dissi loro che avremmo fatto come dicevo io e sfiorammo la salvezza partendo da 12 punti di ritardo. Utilizzai il 4-2-4, che mi sono portato dietro anche a Bari a Siena e nella prima parte alla Juventus".