Pagina 3 | Bellingham esclusivo: “Golden Boy solo l’inizio. Ancelotti deluso, vuole…”

Nella storia pluriventennale del Golden Boy non c’era mai stato un calciatore Under 21 a ottenere una vittoria così schiacciante, mastodontica e smisurata come la sua. Sì, certo: Messi nel 2005, Pogba nel 2013, Mbappé nel 2017 e Haaland nel 2020 avevano anche loro stradominato, ma all’epoca la giuria di Tuttosport era composta (inizialmente) da 30 giornalisti delle più autorevoli testate europee, poi saliti a 40 nel 2018 e infine a 50 dall’anno scorso. E appunto nessuno aveva potuto usufruire in precedenza di una votazione così plebiscitaria come l’inglese Jude Bellingham, che stasera a Torino sarà incoronato Golden Boy 2023 sul palco delle OGR. L’hanno votato al primo posto 45 giurati su 50, mentre gli altri 5 l’hanno collocato in seconda piazza nelle loro preferenze per un totale di 485 punti su un massimale di 500 (media del 97% dei voti). Solo il franco-camerunese Kylian Mbappé l’aveva eguagliato nella statistica (idem 97%), ma determinata da 27 primi posti e 3 secondi su soli 30 votanti per un totale di 291 punti su 300. Chi può azzardare che l’asso del Psg avrebbe potuto addirittura migliorare la percentuale di Bellingham ottenendo almeno 18 primi e 2 secondi posti dagli ipotetici 20 giornalisti in più della giuria allargata? E la nostra intervista al nuovo Golden Boy comincia proprio da questo dato statistico clamoroso.

Jude, hai letteralmente annichilito la concorrenza...

«Eh sì, ho visto. È fantastico. Un punteggio straordinario. Me ne compiaccio e ovviamente ringrazio tutti i giurati che mi hanno votato accordandomi il loro favore».

Non c’era mai stato sinora un giocatore del Real Madrid a conquistare il Golden Boy...

«Posso dire di conoscere piuttosto bene l’albo d’oro di questo prestigioso trofeo internazionale che è nato proprio nell’anno in cui sono venuto alla luce anch’io, il 2003. Sono il terzo inglese a vincerlo dopo Wayne Rooney, uno dei miei idoli, nel 2005 quand’era al Manchester United, e Raheem Sterling nel 2014, quand’era tesserato per il Liverpool».

Gli ultimi vincitori sono stati due centrocampisti dei vostri grandi rivali del Barcellona: prima Pedri e poi Gavi. Tu hai arginato il predominio blaugrana...

«A Madrid sono molti contenti a cominciare dal presidente, sapevo e ho potuto toccare con mano l’antagonismo che c’è fra le due fazioni della tifoseria. Ma soprattutto sono orgoglioso per me stesso. Il Golden Boy è un premio bellissimo».

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Proprio nelle ultime due stagioni eri arrivato sempre secondo e sempre con un giocatore del Barça davanti a te...

«Sì, e questa era la mia ultima possibilità, perché nel 2024 non potrò più competere visto che andrò fuori età per regolamento. Felice per avercela fatta al terzo tentativo. Ci tenevo tantissimo, è un trofeo per la vita che si può vincere solo una volta».
 
Gavi ha detto che il Golden Boy è un premio che tutti i giovani del mondo vorrebbero alzare al cielo.

«Sono pienamente d’accordo. Un riconoscimento importante, con una storia importante che ha già superato i vent’anni. L’albo d’oro conferma la bontà e l’autorevolezza del premio».

Chi è stato il primo a comunicarti che l’avevi vinto?

«Direi contemporaneamente il club e i miei genitori. Un annuncio che mi ha fatto un’enorme piacere e mi ha esaltato. Il Golden Boy costituisce per me un ulteriore stimolo a dare sempre di più e a fare sempre meglio». 
 
A chi lo vuoi dedicare in particolare?

«A tutti. A tantissime persone. Ai compagni del Real Madrid e all’intero staff merengue, a mister Ancelotti, al presidente, alla mia famiglia, a mia mamma Denise, a mio papà Mark, a mio fratello minore Jobe, agli amici che mi hanno simpaticamente bombardato e sommerso di messaggi di congratulazioni e che continuano a farlo: senza tutte queste persone, senza il loro aiuto sul campo e fuori, il loro costante sprone e senza mai dimenticare i tifosi che mi sostengono, non avrei potuto vincere il Golden Boy». 
 
Senza far torti a nessuno, ma c’è qualcuno che vorresti menzionare in particolare?

«E allora dico il fisioterapista merengue che mi ha rimesso in sesto alla grande e in tempi brevissimi dalla sublussazione che ho avuto alla clavicola».

Hai vinto il Golden Boy “Absolute Best” e anche il Golden Boy Web, quello determinato dai voti dei tifosi sul web: pure in questo caso è un risultato storico per il nostro trofeo, perché nei primi vent’anni mai nessun giocatore aveva fatto doppietta. Le preferenze dei giurati e dei fan collimano.
 
«Un fatto che mi inorgoglisce ulteriormente. Aver messo d’accordo i giornalisti e gli appassionati di calcio. Bello».
 

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La scorsa stagione hai segnato 14 gol col Borussia Dortmund in undici mesi, adesso già 15 reti e 4 assist in appena cinque mesi con la camiseta blanca del Real Madrid: svelaci il segreto di questa clamorosa trasformazione.
 
«Io ci ho messo del mio, un impegno feroce a migliorarmi con il lavoro, ma il merito va a mister Ancelotti che ha trovato la posizione giusta per me e mi concede più libertà in campo. Così ora volo».

L’allenatore madridista continua a elogiarti pubblicamente, dice che sei unico, speciale, ti ha paragonato persino a Kaká...

«Vero, però so che lo sto deludendo in un aspetto...».

Ma come?

«È che non parlo ancora spagnolo... Mi dispiace, ma sto incontrando ostacoli imprevisti con questa lingua. È difficile per me, lo riconosco. Prometto in ogni caso il massimo impegno, garantito».
 
A proposito di promesse: vuoi farne qualcuna per il futuro?

«Sono una persona che ama competere e che è ambiziosa. Dunque ora che ho tra le mani il prestigioso Golden Boy voglio andare avanti veloce: spero che questo “award” sia una rampa di lancio per vincere molti altri trofei».
 
Facci un pronostico per la prossima edizione del Golden Boy: ora come ora, chi vedi favorito?

«Esclusi per limiti d’età noi del 2003 – a proposito, mando un saluto al mio amico Jamal Musiala del Bayern, giunto secondo, e con cui ho condiviso per circa un triennio lo spogliatoio delle nazionali giovanili inglesi – dico tre nomi. Innanzitutto Arda Güler, ormai recuperato degli infortuni che gli hanno impedito di debuttare con il Real: è un fenomeno, lo vediamo in allenamento e siamo incantati da lui. Poi il mio ex compagno Jamie Bynoe-Gittens del Borussia Dortmund. E infine mio fratello Jobe, attaccante di razza come nostro padre».

Ma Jobe gioca nel Sunderland, in Seconda divisione: il regolamento non gli permette di essere eleggibile.

«Ora. Ma se i “Black Cats” dovessero salire in Premier League, attenti a lui!».

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La scorsa stagione hai segnato 14 gol col Borussia Dortmund in undici mesi, adesso già 15 reti e 4 assist in appena cinque mesi con la camiseta blanca del Real Madrid: svelaci il segreto di questa clamorosa trasformazione.
 
«Io ci ho messo del mio, un impegno feroce a migliorarmi con il lavoro, ma il merito va a mister Ancelotti che ha trovato la posizione giusta per me e mi concede più libertà in campo. Così ora volo».

L’allenatore madridista continua a elogiarti pubblicamente, dice che sei unico, speciale, ti ha paragonato persino a Kaká...

«Vero, però so che lo sto deludendo in un aspetto...».

Ma come?

«È che non parlo ancora spagnolo... Mi dispiace, ma sto incontrando ostacoli imprevisti con questa lingua. È difficile per me, lo riconosco. Prometto in ogni caso il massimo impegno, garantito».
 
A proposito di promesse: vuoi farne qualcuna per il futuro?

«Sono una persona che ama competere e che è ambiziosa. Dunque ora che ho tra le mani il prestigioso Golden Boy voglio andare avanti veloce: spero che questo “award” sia una rampa di lancio per vincere molti altri trofei».
 
Facci un pronostico per la prossima edizione del Golden Boy: ora come ora, chi vedi favorito?

«Esclusi per limiti d’età noi del 2003 – a proposito, mando un saluto al mio amico Jamal Musiala del Bayern, giunto secondo, e con cui ho condiviso per circa un triennio lo spogliatoio delle nazionali giovanili inglesi – dico tre nomi. Innanzitutto Arda Güler, ormai recuperato degli infortuni che gli hanno impedito di debuttare con il Real: è un fenomeno, lo vediamo in allenamento e siamo incantati da lui. Poi il mio ex compagno Jamie Bynoe-Gittens del Borussia Dortmund. E infine mio fratello Jobe, attaccante di razza come nostro padre».

Ma Jobe gioca nel Sunderland, in Seconda divisione: il regolamento non gli permette di essere eleggibile.

«Ora. Ma se i “Black Cats” dovessero salire in Premier League, attenti a lui!».

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