Proprio nelle ultime due stagioni eri arrivato sempre secondo e sempre con un giocatore del Barça davanti a te...
«Sì, e questa era la mia ultima possibilità, perché nel 2024 non potrò più competere visto che andrò fuori età per regolamento. Felice per avercela fatta al terzo tentativo. Ci tenevo tantissimo, è un trofeo per la vita che si può vincere solo una volta».
Gavi ha detto che il Golden Boy è un premio che tutti i giovani del mondo vorrebbero alzare al cielo.
«Sono pienamente d’accordo. Un riconoscimento importante, con una storia importante che ha già superato i vent’anni. L’albo d’oro conferma la bontà e l’autorevolezza del premio».
Chi è stato il primo a comunicarti che l’avevi vinto?
«Direi contemporaneamente il club e i miei genitori. Un annuncio che mi ha fatto un’enorme piacere e mi ha esaltato. Il Golden Boy costituisce per me un ulteriore stimolo a dare sempre di più e a fare sempre meglio».
A chi lo vuoi dedicare in particolare?
«A tutti. A tantissime persone. Ai compagni del Real Madrid e all’intero staff merengue, a mister Ancelotti, al presidente, alla mia famiglia, a mia mamma Denise, a mio papà Mark, a mio fratello minore Jobe, agli amici che mi hanno simpaticamente bombardato e sommerso di messaggi di congratulazioni e che continuano a farlo: senza tutte queste persone, senza il loro aiuto sul campo e fuori, il loro costante sprone e senza mai dimenticare i tifosi che mi sostengono, non avrei potuto vincere il Golden Boy».
Senza far torti a nessuno, ma c’è qualcuno che vorresti menzionare in particolare?
«E allora dico il fisioterapista merengue che mi ha rimesso in sesto alla grande e in tempi brevissimi dalla sublussazione che ho avuto alla clavicola».