Da posizione a relazione
Come spiega con efficacia Antonio Gagliardi, attuale assistente di Roberto Mancini nella rappresentativa dell’Arabia Saudita e già collaboratore dello staff tecnico della Nazionale italiana: «È il continuo e costante movimento della palla, dei compagni e degli avversari a determinare gli smarcamenti intorno al giocatore in possesso. Di volta in volta i vari giocatori nella zona del pallone diventano “vertice”, “appoggio laterale” o “scarico”, indipendentemente dalla loro posizione o dalla funzione iniziale di partenza. Dunque è la “relazione” con la palla, con i compagni, con gli avversari – è la relazione con il contesto – a determinare e influenzare i movimenti, le scelte, il gioco dei singoli. Si tratta di un ulteriore passaggio nella naturale evoluzione dei ruoli, con i giocatori che tornano a essere al centro di tutto e non più ingabbiati in una determinata posizione, ma neanche limitati da una o più funzioni. I giocatori, cioè, saranno completamente liberi di esprimersi all’interno di principi di gioco comuni. Ci saranno meno allenatori protagonisti ma più giocatori protagonisti. O forse, meglio, gli allenatori saranno protagonisti in maniera diversa».
La catarsi perfetta
Tutto è più semplice quando dietro c’è grande preparazione, impegno, ripetizione dei concetti essenziali, vale nel public speaking, per esempio, come nel calcio: quello che appare più genuino, quello che arriva prima, quello che appassiona il pubblico, generalmente è proprio ciò che si è preparato di più e con maggiore meticolosità. Poi, non sempre, tutto quello che si prepara a tavolino riesce perché in campo ci sono gli avversari e innumerevoli variabili, come ha ampiamente dimostrato la finale di Champions League tra Inter e Manchester City, dove ai nerazzurri più che il gioco e le contromosse è mancata la fortuna sotto porta. E se fino a qualche anno fa i duellanti – seconda una sagace intuizione giornalistica – erano Guardiola e Mourinho, anche perché ‘messaggeri’ di due filosofie calcistiche molto diverse, a Gedda si sfideranno per la prima volta due coetanei, portatori sani di bellezza calcistica. Uno dei due alzerà al cielo per l’ultima volta il trofeo del Mondiale per club con questa formula, in una finale – Fluminense-Manchester City – che rappresenta il meglio che il calcio può esprimere in questo momento: relazione o di posizione, in portoghese o in catalano, Sud America o Europa. La catarsi perfetta.