Koopmeiners dice tutto: “Ripagherò la Juve, mi sento in debito”. Sui fischi, Tudor e il ruolo...

Il centrocampista olandese negli Usa sta ritrovando minuti e fiducia: "Nel Mondiale per Club vedo l’occasione per vincere il primo trofeo in bianconero. Ma non sono ancora al top"

INVIATO A PHILADELPHIA - Nel calcio, come nella vita, c’è un filo sottile, quasi invisibile, che lega il silenzio dei momenti più bui al boato di una rinascita. Koop lo conosce bene, del resto il suo primo anno alla Juventus - almeno per ora - assomiglia a un libro strappato: tante pagine incomplete, pochi capitoli veri e un finale ancora tutto da scoprire. Eppure lui non ha mai cercato scuse o sollevato polemiche esistenziali. Si è curato nell’ombra, in silenzio, guardando dai finestrini della Continassa i compagni di squadra correre liberi verso la qualificazione in Champions League, mentre lui faceva i conti con l’ennesimo stop stagionale. I fischi ricevuti l’hanno ferito, ma dalle sue parole traspare una parvenza di quella freschezza dimenticata. Una voglia smisurata e palpabile di riguadagnarsi tutto: la forma, il sorriso e, soprattutto, il tempo perduto… Per lui il Mondiale per Club rappresenta questo: il banco di prova ideale per dimostrare - a se stesso e ai tifosi - il perché la Juventus abbia deciso di puntare su di lui per costruire il centrocampo del futuro... 

Teun Koopmeiners, come sta? 
«Non sono ancora al 100%. Ma sto decisamente meglio, grazie». 

Com’è stato vedere da fuori i suoi compagni giocarsi il tutto per tutto in campo per la qualificazione in Champions e non potergli dare una mano? 
«Molto difficile: sono rimasto fuori tre mesi per via del mio infortunio. Il tendine mi dà ancora qualche fastidio, infatti sto parlando tanto con il mister». 

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Koopmeiners e i colloqui con Tudor

Cosa vi dite? 
«Lui sa bene che ho ancora bisogno di tempo prima raggiungere la miglior condizione possibile». 

Si è fatto un’idea su quando potrebbe risentirsi al meglio? 
«Non so quanto tempo ci vorrà, ma di certo non posso chiedere al mio corpo di giocare subito i novanta minuti. Per il momento no, non ce la faccio».

Che occasione le dà il Mondiale in questo senso? 

«Nel torneo vedo un’opportunità preziosa per rimettermi in sesto e provare a vincere il mio primo trofeo con la Juve. Se andremo avanti nel torneo, poco a poco, avrò modo di dare un contributo maggiore». 

E a livello emotivo come si sente? Diciamo che il suo primo anno in bianconero è stato tutt’altro che semplice… 
«Chiunque arrivi alla Juventus sa che è obbligato a vincere, quindi non posso essere contento di questa prima stagione a Torino. Ma soprattutto, non sono soddisfatto del modo in cui ho giocato fino a questo momento».

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Koop: "Ora sono tranquillo, ho fiducia nelle mie capacità"

Cioè? 
«Avrei voluto aiutare di più la squadra. Poi sicuramente a influire è stata anche un po’ di sfortuna, visti i tanti infortuni che ho avuto: i primi sei mesi mi sono rotto la spalla. Poi qualche guaio muscolare qua è la, prima del tendine». 

E adesso? 
«Ora però sono tranquillo, perché ho fiducia nelle mie capacità e sono convinto di poter dimostrare chi sono».

Quando è arrivato a Torino nell’agosto scorso, furono in centinaia ad accoglierla al di fuori del J Medical. Un bagno di folla per un giocatore che avrebbe dovuto dare una svolta decisiva all’ambiente bianconero… Al di là degli infortuni, che spiegazione si è dato per questa sua annata al di sotto delle aspettative? 

«Evidentemente non mi sono calato sufficientemente bene nel contesto Juve. Non sono riuscito ad adattarmi subito al gioco della squadra. Certo, non era facile».  

In che senso? 
«In stagione abbiamo cambiato tanto, anche in panchina con l’esonero di Motta e il conseguente arrivo di Tudor. In più, sono arrivati diversi giocatori nuovi…». 

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"Gli infortuni hanno giocato un ruolo chiave"

Tante cose diverse. 
«Insomma, dobbiamo crescere tutti insieme. Poi ripeto, gli infortuni hanno giocato un ruolo chiave: ogni volta che mi facevo male, avevo bisogno di un po’ di partite per tornare in condizione».  

Adesso si è messo al lavoro. 

«Qui negli States stiamo andando al massimo, e sono sicuro che l’anno prossimo andrà meglio, vedrete…».

Insomma, è mancata continuità. 

«Sì, esatto. Un mix di fattori…». 

E che dice della pressione? Durante l’anno non sono mancati per lei i fischi di uno Stadium che si aspettava - e si aspetta tuttora - tanto da lei… 
«Quando arrivi in un club come la Juve, e per giunta dopo una spesa importante, come è stata nel mio caso specifico, è normale e giusto che tu possa essere preso di mira se le cose non stanno andando nel verso giusto. Che ti chiedano di fare di più…». 

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"Io per caratteristiche rimango un centrocampista"

Percepisce tutto questo? 
«Io sento questa responsabilità, ma ripeto: sono convinto di poter fare molto meglio di così. Ho le qualità per poter giocare in questa squadra». 

Si sente un po’ in debito con la Juve? 
«Assolutamente sì. Ed è per questo che cercherò di sfruttare questo torneo per crescere il più possibile ed essere pronto per la prima di campionato». 

In stagione Motta l’ha spostata in tutti i ruoli: dalla mediana, alla trequarti, passando per qualche esperimento da seconda punta… Tudor dov’è che la vede meglio nel suo 3-4-2-1? 
«Il mister mi vede di più a ridosso dell'area di rigore avversaria, dietro alla punta». 

E lei dove si vede? 
«Io per caratteristiche rimango un centrocampista, quindi in quelle zone, inevitabilmente, faccio un lavoro diverso rispetto a quello degli attaccanti (i vari Yildiz, Nico e Conceiçao, ndr). Ma questo sistema mi piace, perché penso mi metta nelle condizioni di poter aiutare la squadra». 

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INVIATO A PHILADELPHIA - Nel calcio, come nella vita, c’è un filo sottile, quasi invisibile, che lega il silenzio dei momenti più bui al boato di una rinascita. Koop lo conosce bene, del resto il suo primo anno alla Juventus - almeno per ora - assomiglia a un libro strappato: tante pagine incomplete, pochi capitoli veri e un finale ancora tutto da scoprire. Eppure lui non ha mai cercato scuse o sollevato polemiche esistenziali. Si è curato nell’ombra, in silenzio, guardando dai finestrini della Continassa i compagni di squadra correre liberi verso la qualificazione in Champions League, mentre lui faceva i conti con l’ennesimo stop stagionale. I fischi ricevuti l’hanno ferito, ma dalle sue parole traspare una parvenza di quella freschezza dimenticata. Una voglia smisurata e palpabile di riguadagnarsi tutto: la forma, il sorriso e, soprattutto, il tempo perduto… Per lui il Mondiale per Club rappresenta questo: il banco di prova ideale per dimostrare - a se stesso e ai tifosi - il perché la Juventus abbia deciso di puntare su di lui per costruire il centrocampo del futuro... 

Teun Koopmeiners, come sta? 
«Non sono ancora al 100%. Ma sto decisamente meglio, grazie». 

Com’è stato vedere da fuori i suoi compagni giocarsi il tutto per tutto in campo per la qualificazione in Champions e non potergli dare una mano? 
«Molto difficile: sono rimasto fuori tre mesi per via del mio infortunio. Il tendine mi dà ancora qualche fastidio, infatti sto parlando tanto con il mister». 

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