È stata la mano di Bani: perché l’episodio di Genoa-Juve andava rivisto al Var

Va alzata la qualità: troppi arbitri spostati dal campo al video per limiti tecnici che però rimangono. Potrebbe essere fermato solo Fabbri e non Massa

La sedicesima giornata di Serie A si conclude con un bilancio tutto sommato positivo per la classe arbitrale. L’unica eccezione è ovviamente il Ferraris, dove Davide Massa commette due errori in Genoa-Juventus: la mancata assegnazione di un calcio di rigore in favore dei bianconeri per il tocco di braccio di Bani a inizio secondo tempo e la mancata espulsione di Malinovskyi per un intervento pericoloso ai danni di Yildiz nel finale di partita. Il designatore Gianluca Rocchi ha fatto sapere ai media che non ha intenzione di “fermare” l’arbitro di Imperia, ed è sceso anche nel dettaglio delle questioni tecniche attinenti ai due episodi incriminati.

Al di là delle dinamiche che ogni designatore fa proprie a seconda della sua sensibilità, e che devono servire sicuramente ad avere equità nella gestione del gruppo, non c’è nulla di strano nel fatto che dopo un errore un arbitro non venga fermato. Un po’ come accade ai calciatori: non è detto che chi sbaglia un calcio di rigore debba andare in panchina alla partita successiva, anzi. Detto ciò, bisogna essere sinceri e riconoscere che in Serie A non conta solo la gestione della gara, ma anche la correttezza delle decisioni sui singoli episodi, insomma la precisione tecnica e disciplinare. E più aumenta la difficoltà dei match, più queste decisioni diventano importanti. L’obiettivo del designatore è sempre mandare gli arbitri più in forma a dirigere le partite più importanti.

Genoa-Juve, fischia CalVARese: “Mano di Bani, era rigore! E Malinovskyi..."

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Genoa-Juve: cosa succede ora

Solitamente un arbitro può essere fermato per due ordini di motivi. Il primo ha a che fare con l’aspetto mediatico: bisogna tutelarne l’immagine, fare in modo che la sua “reputazione” sia il più possibile preservata. Il direttore di gara deve essere messo al riparo da strumentalizzazioni ed esagerazioni rispetto all’errore ancora fresco. Il secondo: ogni arbitro è un essere umano, e dopo un precedente “pesante” rischia di andare in campo pensando ancora allo sbaglio commesso. Per questo motivo la “risalita” è un percorso che segue diversi step: piano piano la qualità dell’arbitro viene fuori. Veniamo dunque al merito.

Secondo Rocchi, il tocco di Bani era punibile ma il designatore sostiene che non si trattasse di un “caso da Var”: sarebbe comprensibile insomma la decisione di Fabbri di non richiamare Massa all’On Field Review. Non sarebbe condivisibile invece, stando al designatore, la decisione di non intervenire in occasione del fallo di Malinovskyi. Ragion per cui Fabbri, a differenza di Massa, potrebbe subire un periodo di stop.

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Serve alzare la qualità del Var

C’è però un’ulteriore questione da prendere in esame, di più ampia portata: serve alzare la qualità dei Var, possibilmente cominciando dai criteri di valutazione, che a mio avviso sono sbagliati. Vediamo per esempio la lista degli arbitri che sono stati scelti come Var Pro: sono quasi tutti direttori di gara “depotenziati” e dismessi dal campo per limiti tecnici (da Abbattista a Meraviglia, passando per Maggioni, Miele, Gariglio, Di Martino, Paterna e Serra).

Infatti è innegabile che il Var è un altro lavoro, totalmente slegato rispetto a quello dell’arbitro, in cui si deve analizzare una situazione da una prospettiva “bidimensionale”, in una camera asettica rispetto alle sensazioni del campo; ma è vero anche, al tempo stesso, che l’esperienza, soprattutto quando si alza l’asticella e si ha a che fare con gare di un certo peso, è assolutamente imprescindibile. E allora la domanda è: se non si è in grado di arbitrare in campo, o se comunque non si è del tutto all’altezza per il livello della Serie A, si potrà diventare dei bravi Var? L’esperimento, per ora, è riuscito con Aleandro Di Paolo, ma è un’eccezione che conferma la regola. 

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Mani di Bani: ecco perché andava rivisto

In queste settimane si è sentito parlare di un “privilegio” di Davide Massa, per il fatto che l’arbitro ligure fino a questo momento non ha mai fatto ricorso all’On Field Review in tutta la stagione. Si tratta però di un’enorme castroneria: quelli di Marassi sono sicuramente degli errori, ma venerdì è stata anche la prima volta in cui Massa non è andato al Var nonostante fosse opportuno e necessario. In tutte le altre partite di questa stagione, infatti, le sue decisioni erano sempre state “da campo”, prese senza l’ausilio o l’intervento della tecnologia come era giusto che fosse. Non scordiamoci peraltro che il designatore Gianluca Rocchi ha sostenuto che a Marassi il primo dei due episodi (il tocco di braccio di Bani) non fosse un caso da Var.

Sul secondo (il mancato rosso a Malinovskyi) invece il designatore ha fatto capire che l’errore è di entrambi: di Massa in campo che estrae solo il giallo, e di Fabbri a Lissone che non richiama l’arbitro a correggere la propria decisione. Personalmente posso dire di non essere totalmente d’accordo con Rocchi sul primo caso, per due motivi. Il primo: il braccio di Bani è davvero largo per i parametri a cui siamo abituati, si oppone in maniera rischiosa a un cross, e soprattutto quest’anno abbiamo visto assegnare rigori per falli di mano molto meno punibili (basti pensare a Milan-Toro, Bologna-Napoli e Udinese-Juve). Il secondo: la dinamica del tocco di braccio di Bani era molto difficile da cogliere in campo. Il difensore è rivolto verso la curva, e la visuale dell’arbitro non è chiara né pulita. Nessuno dal campo se ne accorge e per la squadra arbitrale è quasi impossibile vederlo. Proprio per questo il Var Fabbri sarebbe dovuto intervenire: la tecnologia serve anche a scovare episodi come questo, che dal campo sono impossibili da cogliere. 

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Chi decide in campo è più bravo, però...

Una premessa: il Var è uno strumento giovane (è stato introdotto in Serie A nel campionato 2017-18), e l’uniformità è un’utopia, come ribadito spesso in questa rubrica. In questa fase si stanno approntando degli aggiustamenti; per esempio l’IFAB sta valutando l’opportunità di estendere l’utilizzo della tecnologia a una casistica più ampia (doppi gialli, challenge, ecc.). Sfatiamo un mito: non è vero né che l’arbitro che va più a rivedere le azioni al video è il più forte, né che quello che ci va meno è il più debole. Tutto dipende dalla partita, dalla difficoltà della gara; ma in linea di massima va rimarcato che l’arbitro più bravo è quello che decide in campo. Al netto della tecnologia, serve infatti recuperare la centralità del direttore di gara.
 
Massa è stato nell’occhio del ciclone per Genoa-Juve e per non essere mai andato al monitor in questa stagione; eppure le sue precedenti direzioni erano state impeccabili, a eccezione del fallo non fischiato in Napoli-Inter per il contatto Lautaro-Lobotka, da cui aveva avuto inizio l’azione del primo gol della squadra nerazzurra. E d’altronde lo “zero” alla voce On field review (Ofr) è un dato che l’arbitro di Imperia condivide con Orsato, il miglior arbitro italiano: questo la dice lunga. Come loro anche La Penna e Marchetti, che in questa stagione stanno facendo molto bene. Di contro, Doveri e Di Bello sono in cima alla classifica per consulti al monitor. Non è un caso: in questa stagione l’arbitro romano sta attraversando una flessione che dipende anche dagli infortuni. Di Bello a sua volta sta provando a ritrovare la forma migliore. Il suo errore più grande, ironia della sorte, è stato non andare al Var per il contatto Iling-Ndoye in Juve-Bologna. Un’ultima statistica: la stragrande maggioranza dei consulti al monitor (ben 26 su un totale di 39, più della metà) riguarda calci di rigore poi revocati o assegnati. Da sempre questa fattispecie è quella più delicata da giudicare, e il dato lo evidenzia palesemente.

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Al di là delle dinamiche che ogni designatore fa proprie a seconda della sua sensibilità, e che devono servire sicuramente ad avere equità nella gestione del gruppo, non c’è nulla di strano nel fatto che dopo un errore un arbitro non venga fermato. Un po’ come accade ai calciatori: non è detto che chi sbaglia un calcio di rigore debba andare in panchina alla partita successiva, anzi. Detto ciò, bisogna essere sinceri e riconoscere che in Serie A non conta solo la gestione della gara, ma anche la correttezza delle decisioni sui singoli episodi, insomma la precisione tecnica e disciplinare. E più aumenta la difficoltà dei match, più queste decisioni diventano importanti. L’obiettivo del designatore è sempre mandare gli arbitri più in forma a dirigere le partite più importanti.

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