Alla fine le riforme non si faranno. E vivranno tutti felici e scontenti, perché piuttosto che cambiare davvero tutto quello che andrebbe cambiato, il calcio italiano si fa andare bene le cose come stanno, conservando l’opportunità di lamentarsene e auspicare una riforma. Le riforme, a partire di quella dei campionati per ridurre il numero dei club professionistici, non si faranno perché non esiste una maggioranza che possa approvarle e non è politicamente possibile metterla insieme, perché ci sono troppi interessi individuali completamente incompatibili fra di loro e risulta quasi comico pensare a una collettiva presa di coscienza dei problemi che spinga verso l’unione in un vero sistema. Quindi, quello che succederà da qui a un mese, sarà sostanzialmente un teatrino dal quale potrebbe uscire qualche microscopico cambiamento e con il quale potrebbero riassestarsi le forze e modificarsi qualche coalizione.
L'alleanza tra Juve, Milan e Inter
Ne è un esempio la fresca resurrezione dell’antica alleanza fra Juventus, Milan e Inter. Che potrebbe diventare significativa per le politiche della Serie A, qualora trovassero il modo di spaccare il granitico fronte lotitiano e creare nuovi equilibri. Le tre grandi italiane sono insieme anche nel chiedere con forza la riforma dei campionati, con il passaggio della Serie A da 20 a 18 squadre. Ma, attenzione, quella è solo una delle riforme del pacchetto che il presidente federale Gabriele Gravina presenterà al Consiglio Federale dei primi di marzo e che contiene un ripensamento molto più profondo del sistema. La diminuzione delle squadre, infatti, non può bastare a riportare sulla linea di galleggiamento economico il calcio italiano e la riforma Gravina prevede un meccanismo di paletti molto rigidi per l’ammissione al campionato riguardanti l’indebitamento dei club e i loro conti. E questo, per esempio, già spacca l’alleanza di Juventus, Milan e Inter, perché i nerazzurri storcono il naso. E non solo loro, perché sono molte le società che dovrebbero faticare (e non poco) per adeguarsi a parametri più severi di quelli attuali, assai laschi (anche nei controlli, visto che poi paga sempre una sola squadra, ma questa è un’altra storia).