Juve, super Perin: ma quale vice! L'intervista tra Szczesny e Donnarumma

La crescita del portiere che sta conquistando i bianconeri (e la Nazionale): “Il mio dogma è che il lavoro prima o poi paga sempre”
Juve, super Perin: ma quale vice! L'intervista tra Szczesny e Donnarumma© Juventus FC via Getty Images

TORINO - Cominciamo col dire che in quanto a caparbietà e determinazione Mattia Perin non è il vice di nessuno. Era arrivato alla Juventus suscitando un po’ di stupore, nel 2018: ritenuto uno dei migliori portieri italiani e conteso da diversi club, aveva scelto la Juventus pur sapendo che sarebbe andato a fare il secondo e che avrebbe rischiato di uscire dal giro della Nazionale. Tutte eventualità che si sono poi effettivamente verificate, tanto che non a caso nel gennaio 2020 - dopo appena 9 presenze in una stagione e mezza - il portiere è tornato là da dove era venuto, al Genoa. Deluso? Manco per niente. Sereno e maturato. Spiegava, ai tempi: «Non ho mai rimpianto la scelta di andare alla Juventus. Ho avuto la possibilità di stare in una delle quattro, cinque società top al mondo e ho condiviso lo spogliatoio con campioni e leggende che mi hanno insegnato cosa vuol dire allenarsi per uno scopo solo: la vittoria. Ho appreso tantissime cose che mi porterò dietro per tutta la carriera». E ancora: «E’ fondamentale capire che l’allenamento non è soltanto l’ora e mezzo in campo ma anche il prima e il dopo, l’alimentazione e il tuo stile di vita. Se io avessi appreso queste cose prima, e confesso che c’era Burdisso che me lo diceva spesso e io non lo ascoltavo con attenzione, probabilmente avrei avuto qualche infortunio in meno». Wow…

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Concetti che ora diventano una chiave per capire davvero cosa possa aver provato Perin, a Parigi, scendendo in campo titolare al Parco dei Principi con la Juve - in cui è tornato nel 2021 - e giocando (bene, ma ormai questa non è una novità) contro Mbappé, Messi, Neymar. «E’ stata una bella soddisfazione, non pensavo mai più... Nel senso che l’ho sempre sperato, certo, ma non pensavo di giocare partite del genere. Quello che penso della squadra, cioè che il duro lavoro paga sempre, è un dogma della mia vita. Lo rapporto a me stesso».

Ma ci dica la verità, ad un certo punto della partita avete temuto che potesse arrivare una imbarcata?

«Beh, non li scopro certo io i fuoriclasse che giocano nel Psg. In attacco hanno tre dei 5 giocatori più forti del mondo. Ma conosciamo le nostre qualità e siamo andati a Parigi pensando di giocarcela. Ovvio, se inizia il primo tempo e prendi due gol così un po’ di timore arriva, ma siamo stati bravi a cambiare l’inerzia dell’incontro seppure non abbiamo portato a casa punti».

Cos’è successo per farvi cambiare così?

«Nel primo tempo siamo entrati un po’ timorosi ma nel secondo il mister ci ha dato degli input, abbiamo cambiato tipo di pressione e siamo riusciti a metterli in difficoltà. Probabilmente non siamo ancora consapevoli realmente della nostra forza e di quello che possiamo fare, però durante la settimana vedo gli allenamenti e posso dirvi che siamo una squadra fatta di ragazzi super responsabili, intelligenti che hanno voglia di lavorare. Se c’è una cosa che ho imparato nella vita è che il lavoro prima o poi paga sempre».

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Dunque la sconfitta di Parigi ha lasciato buone sensazioni per il futuro?

«C’è del rammarico, perché perdere non è mai bello. Non possiamo essere entusiasti del risultato: siamo alla Juventus e sappiamo che vincere è importantissimo, ma sappiamo anche che dobbiamo rivedere gli errori che abbiamo commesso e avere consapevolezza delle cose belle che abbiamo fatto. Dobbiamo acquisire nuovamente fiducia in noi stessi».

C’è l’idea che ripartendo dal secondo tempo di Parigi e innestando gradualmente i vari Di Maria, Chiesa, Pogba questa Juve possa gradualmente tornare uno squadrone temibile come ai vecchi tempi?

«C’è la sensazione che lavorando e continuando a lavorare con tutti gli effettivi possiamo fare qualcosa di bello e di grande, diverso rispetto alle ultime stagioni. Ma sta a noi dimostrarlo sul campo».

A Donnarumma ha detto: ci vediamo in Nazionale?

«Non tocca a me dirlo… C’è un ct che fa delle sette, le rispetto. Ovvio che la Nazionale è un desiderio che è nel mio cuore, non ho mai pensato che fosse finita. Spero che possa arrivare una chiamata. Ma non mi aspetto niente, cerco di stare focalizzato nel presente, nei prossimi giorni di allenamento»

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TORINO - Cominciamo col dire che in quanto a caparbietà e determinazione Mattia Perin non è il vice di nessuno. Era arrivato alla Juventus suscitando un po’ di stupore, nel 2018: ritenuto uno dei migliori portieri italiani e conteso da diversi club, aveva scelto la Juventus pur sapendo che sarebbe andato a fare il secondo e che avrebbe rischiato di uscire dal giro della Nazionale. Tutte eventualità che si sono poi effettivamente verificate, tanto che non a caso nel gennaio 2020 - dopo appena 9 presenze in una stagione e mezza - il portiere è tornato là da dove era venuto, al Genoa. Deluso? Manco per niente. Sereno e maturato. Spiegava, ai tempi: «Non ho mai rimpianto la scelta di andare alla Juventus. Ho avuto la possibilità di stare in una delle quattro, cinque società top al mondo e ho condiviso lo spogliatoio con campioni e leggende che mi hanno insegnato cosa vuol dire allenarsi per uno scopo solo: la vittoria. Ho appreso tantissime cose che mi porterò dietro per tutta la carriera». E ancora: «E’ fondamentale capire che l’allenamento non è soltanto l’ora e mezzo in campo ma anche il prima e il dopo, l’alimentazione e il tuo stile di vita. Se io avessi appreso queste cose prima, e confesso che c’era Burdisso che me lo diceva spesso e io non lo ascoltavo con attenzione, probabilmente avrei avuto qualche infortunio in meno». Wow…

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