Roma-Juve, Mourinho e i bianconeri: nemici per caso e per scelta

Quasi certamente in tribuna,  il tecnico portoghese ha preparato lo scenario della sfida con le accuse all’arbitro Serra. Arrivato all’Inter con Calciopoli ancora fresca, si conquistò l’amore degli interisti pure attaccando la società bianconera
Roma-Juve, Mourinho e i bianconeri: nemici per caso e per scelta

Non sarà in panchina, José Mourinho, relegato in tribuna da una squalifica per due giornate che potrà forse essere ridotta, ma quasi certamente non cancellata. Non sarà in panchina, ma ha già provveduto comunque ad affrescare a modo suo lo scenario di Roma-Juventus. Ossia con i colori vistosi della polemica, distribuiti nel dopopartita fingendo di nascondere il pennello mentre parlava del suo alterco con il quarto uomo Serra al termine di Roma-Cremonese: «Non voglio dire che lui è di Torino e noi giochiamo con la Juve e mi vogliono fuori dalla panchina, ma è stato ingiustificabile». Et voilà, in un colpo solo tratteggiato il sospetto di una volontà tesa a favorire la squadra bianconera e attirata l’attenzione su qualcosa di diverso dalla sconfitta della sua Roma contro i grigiorossi. Un colpo da maestro della comunicazione.

Mourinho e la Juventus

O, potrebbe dire lo stesso Mourinho, della «manipolazione intellettuale». Termine con cui, nella celebre conferenza del 3 marzo 2009, l’allora tecnico dell’Inter accusò stampa e opinione pubblica di aver parlato del discusso rigore concesso a Balotelli in Inter-Roma di due giorni prima per sviare l’attenzione dagli «zero tituli» di Roma e Milan e da «una Juve che ha conquistato tanti punti grazie a errori arbitrali». Non era una rivale diretta dei nerazzurri per lo Scudetto, quella Juve che stava cercando di ricostruirsi dopo calciopoli, ma proprio calciopoli aveva alzato a livelli da reattore nucleare la temperatura della rivalità con i nerazzurri. Allenatore dell’Inter e personaggio capace di attirare i riflettori come pochi altri, lo Special One si attirò naturalmente anche l’antipatia degli juventini e, come visto, andò anche a cercarla: ergendosi più che mai a leader del mondo interista proprio anche grazie al suo porsi come “nemico” della Juventus. Una autoinvestitura controfirmata dal popolo juventino, che nello Special One ha da allora identificato probabilmente l’avversario più inviso del ventunesimo secolo.

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Mourinho dopo l'Inter

Un’acredine per nulla scalfita dall’addio del portoghese all’Inter nel 2010. Mourinho l’ha rinfocolata dal Chelsea nel 2014Se la Juve vincesse l’Europa League sarebbe comunque un flop, era costruita per la Champions») e poi nell’estate 2015, accusando Allegri: «Ha parlato tutta l’estate di Oscar e Ramires, io non mi permetto di parlare dei giocatori della Juve». Un remake dei battibecchi con il tecnico livornese degli anni precedenti. «Io sono contento di aver vinto il premio assegnato dai calciatori», commentò Mourinho la Panchina d’oro ad Allegri, allora allenatore del Cagliari, nel 2009: «Forse lui che allena l’Inter è tenuto a commentare tutto, ma per farmi innervosire di battute deve farne un bel po’...», replicò Allegri. Che poi passò all’attacco in un’intervista alle Iene nel 2011, stavolta da tecnico del Milan: «Mourinho ogni tanto è patetico, ripete sempre le stesse cose. È molto bravo ma dietro l’arroganza nasconde insicurezze». Una rivalità che, come quelle di Mou con Ranieri e Spalletti, si è poi via via stemperata in un ottimo rapporto. Ormai da qualche anno i confronti tra Allegri e Mourinho sono raccontati da fotografi e di abbracci e sorrisi e il tecnico bianconero nei giorni scorsi si è pubblicamente augurato che lo Special One possa essere in panchina domenica

Il Mourinho di Manchester

Lo stesso Mourinho era stato diplomatico sulla penalizzazione inflitta alla Juventus: «Di certe cose se ne occupano i tribunali. Per me la Juve ha i nostri stessi punti. Se poi ha sbagliato credo sia giusto che paghi». In passato era stato addirittura entusiasta su alcuni bianconeri - «Bonucci e Chiellini dovrebbero avere una cattedra di difesa ad Harvard», disse dopo la vittoria della Juve in casa del suo Manchester United. Nulla però ha tolto asprezza alla faida con i tifosi juventini, che proprio nel ritorno di quella doppia sfida del girone di Champions coprirono di insulti per 90 minuti Mou, che alla fine della partita, vinta dai suoi Red Devils, replicò mostrando tre dita a indicare il triplete dei tempi interisti e portandosi più volte la mano all’orecchio. Domenica non parlerà e - probabilmente - non farà gesti, ma ha già predisposto il set per girare l’ennesimo episodio della saga delle sfide tra lui e la Juventus.

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Non sarà in panchina, José Mourinho, relegato in tribuna da una squalifica per due giornate che potrà forse essere ridotta, ma quasi certamente non cancellata. Non sarà in panchina, ma ha già provveduto comunque ad affrescare a modo suo lo scenario di Roma-Juventus. Ossia con i colori vistosi della polemica, distribuiti nel dopopartita fingendo di nascondere il pennello mentre parlava del suo alterco con il quarto uomo Serra al termine di Roma-Cremonese: «Non voglio dire che lui è di Torino e noi giochiamo con la Juve e mi vogliono fuori dalla panchina, ma è stato ingiustificabile». Et voilà, in un colpo solo tratteggiato il sospetto di una volontà tesa a favorire la squadra bianconera e attirata l’attenzione su qualcosa di diverso dalla sconfitta della sua Roma contro i grigiorossi. Un colpo da maestro della comunicazione.

Mourinho e la Juventus

O, potrebbe dire lo stesso Mourinho, della «manipolazione intellettuale». Termine con cui, nella celebre conferenza del 3 marzo 2009, l’allora tecnico dell’Inter accusò stampa e opinione pubblica di aver parlato del discusso rigore concesso a Balotelli in Inter-Roma di due giorni prima per sviare l’attenzione dagli «zero tituli» di Roma e Milan e da «una Juve che ha conquistato tanti punti grazie a errori arbitrali». Non era una rivale diretta dei nerazzurri per lo Scudetto, quella Juve che stava cercando di ricostruirsi dopo calciopoli, ma proprio calciopoli aveva alzato a livelli da reattore nucleare la temperatura della rivalità con i nerazzurri. Allenatore dell’Inter e personaggio capace di attirare i riflettori come pochi altri, lo Special One si attirò naturalmente anche l’antipatia degli juventini e, come visto, andò anche a cercarla: ergendosi più che mai a leader del mondo interista proprio anche grazie al suo porsi come “nemico” della Juventus. Una autoinvestitura controfirmata dal popolo juventino, che nello Special One ha da allora identificato probabilmente l’avversario più inviso del ventunesimo secolo.

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